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 2020  giugno 21 Domenica calendario

I cinquanta momenti che cambiarono l’arte

Dal cerchio di Giotto all’uovo di Brunelleschi, dal rinoceronte di Albrecht Dürer alla pulce di William Blake, fino al coyote di Joseph Beuys, l’arte è fatta da opere e azioni innovative che ne hanno rivoluzionato la storia.
Lee Cheshire, senior editor copywriter presso la Tate di Londra, individua 50 momenti epocali e li racconta con brio in un libro appena uscito per i tipi di 24 Ore Cultura, nella collana Art Essentials. La guida appassiona, il testo è sintetico e scorrevole, ricco di aneddoti che uno storico dell’arte impara al primo anno di corso, ma che aiutano il lettore non addetto ai lavori a entrare nel vivo della materia.
Di ciascun episodio il libro ricostruisce il contesto storico e i protagonisti, rivelando gli aspetti più emblematici di un artista, un’opera, un movimento o un tema. Il lettore può così ripercorrere le tappe salienti che hanno cambiato per sempre il modo di intendere l’arte dal XIII al XXI secolo.
Tra i pregi del volume, infatti, c’è la capacità dell’autore di inserire la piccola storia dei singoli artisti nella grande storia cui appartennero e soprattutto c’è la sua intelligenza nel leggere, in modo trasversale, le loro rivoluzioni. Quella degli Impressionisti, ad esempio, fu favorita dall’invenzione della macchina fotografica, ma soprattutto dall’invenzione del tubetto di colore in metallo. Brevettato nel 1841 dallo statunitense John Goffe Rand, consentì ai pittori di lasciare l’atelier – dove solitamente si preparavano colle e pigmenti – per dipingere en plein air, portandosi appresso cavalletto, colori e piccole tele, più facili da trasportare. 
Molto interessanti sono le pagine dedicate agli artisti più celebri, raccontati non tanto attraverso i loro capolavori, quanto attraverso il loro rapporto con il potere. Da Tiziano – l’artista più richiesto della sua epoca, benché Raffaello e Michelangelo fossero suoi contemporanei – che divenne il ritrattista ufficiale dell’imperatore Carlo V, di Filippo II re di Spagna e Portogallo e del papa Paolo III Farnese – a Frida Kahlo, che nel 1926 aderì alle politiche anticlericali del governo messicano, simpatizzando per la quarta internazionale comunista e ospitando dal 1937 al 1939 Lev Trotsky nella sua casa di Città del Messico. Fino a Jackson Pollock che – forse a sua insaputa – conquistò la scena artista internazionale anche grazie ai fondi della Cia. L’agenzia di Stato, infatti, sostenne i costi delle mostre dell’Espressionismo Astratto americano per opporsi all’avanzata negli Usa delle avanguardie francesi (gli artisti erano in gran parte comunisti) e per indebolire il dominio dei Paesi europei nel mercato dell’arte. Di fatto tra il 1937 e il 1940 lo sguardo dei futuri protagonisti dell’action painting si spostò dalla pittura del realismo socialista e dai murales messicani, allo spirito di libertà e di indipendenza del nuovo mondo.
Dispiace un po’ che i capitoli dedicati all’arte del secondo dopoguerra siano i meno numerosi, ma dalla scelta delle opere emerge un’attenzione speciale per l’arte concettuale e performativa che, a partire dagli anni 60 del Novecento, indicò un modo nuovo di guardare (più con la mente che con gli occhi), non intendendo più l’oggetto artistico come un’espressione dello spirito, ma come una merce da promuovere con tecniche di marketing pubblicitario. 
Così Lee Cheshire racconta che Andy Warhol pagò 50 dollari all’amica Muriel Latow per avergli dato un’idea. «Devo fare qualcosa che abbia un impatto forte – le disse una sera di novembre del 1961 – qualcosa di diverso dai dipinti ispirati ai fumetti di Roy Lichtenstein o dalle sculture gonfiabili raffiguranti hamburger e gelati di Claes Oldenburg». Muriel rispose: «Dovresti dipingere qualcosa che la gente vede ogni giorno e che riconosce, come una scatoletta di minestra». Nacquero così le 32 tele raffigurante le Campbell’s Soup Cans, oggi al MoMa di New York.
Sfogliando il volume si viaggia nel tempo e nello spazio alla scoperta di momenti unici della storia dell’arte, dall’8 settembre 1504 in cui il David di Michelangelo fu presentato per la prima volta ai fiorentini, al 14 giugno 1984 quando le femministe protestarono davanti al MoMa di New York perché soltanto il 5% degli artisti esposti erano donne, ma ben l’85% dei quadri raffiguravano nudi femminili. Nove mesi dopo nasceva il gruppo artistico delle Guerrilla Girls.
Insomma, il libro inizia con gli affreschi di Giotto (che sopravvivono ai terremoti) e finisce con le situazioni sociali di Olafur Eliasson (che sono installazioni impermanenti): in oltre sette secoli di storia l’arte ha senz’altro perso consistenza.