Il Sole 24 Ore, 21 giugno 2020
Quando una notte Elisabetta II fuggì
A smuovere il grande pubblico sono stati successi come il film The Queen nel 2006 e dieci anni dopo la fiction The Crown, entrambi inventati da Peter Morgan, con attrici del calibro di Helen Mirren e Olivia Colman, ma non sono mancati piccoli gioielli letterari come La sovrana lettrice di Alan Bennett, pubblicato da Adelphi nel 2007, e fortunate pellicole di nicchia come Una notte con la regina del 2015. Perché, oltre a essere la più importante, l’attuale monarchia inglese è anche la più pittoresca, per giunta impreziosita dalla sorprendente longevità di Elisabetta II il cui regno (sessantotto anni) ha battuto quello dell’altra celebre maestà, Queen Victoria. Tutte caratteristiche che hanno messo in moto negli ultimi decenni la fantasia di sceneggiatori, commediografi, scrittori e cineasti – non senza notevoli profitti. Ora si aggiunge al gruppo un nome eccellente della prosa contemporanea di lingua inglese, l’irlandese John Banville, che scende nel campo monarchico con il suo nuovo romanzo, Le ospiti segrete. Ma, fin dall’inizio della storia, si capisce che Banville è intenzionato a giocare la sua regale partita da disturbatore più che da ammiratore.
Non che le sue ospiti, cioè le sorelle Elizabeth e Margaret Windsor, siano maltrattate dallo scrittore, tutt’altro, ma la vicenda che racconta è filtrata da una ironia agrodolce che fa un po’ il verso alla leggenda piuttosto che alimentarla. Siamo in un preciso e drammatico momento: Londra 1940, bombardata notte dopo notte dagli aerei tedeschi. Il re Giorgio VI e la sua consorte hanno deciso di restare nella capitale per condividere le sofferenze del loro popolo, ma vogliono mettere in salvo le ragazze (di dieci e quattordici anni), tanto più che la maggiore è l’erede al trono. Dunque in un’avventurosa spedizione notturna, affidate alle mani femminili ed esperte di una finta governante, in realtà agente segreto, le principesse sono trasportate nella giovane e neutrale Repubblica d’Irlanda, che ha accettato – a malincuore – di accoglierle in cambio di rifornimenti di carbone. La dimora sarà il castello di un lontano parente, il duca di Edenmore, protetto da un drappello di soldati e dalla presenza di un ispettore istruito all’uopo.
C’è stata o non c’è stata nella realtà questa fuga? Tutto vero o tutto falso? Fonti storiche accertate non ce ne sono, perché l’episodio non compare né nelle cronache della monarchia né nelle biografie della regina, ma l’editore inglese di Banville ha dichiarato che lo scrittore ha avuto in merito sicure informazioni… Vera o falsa la storia, Le ospiti segrete è una sorta di «sogno di mezzo autunno», come dice un personaggio, in cui l’autore, tra nebbia pioggia e un sole immancabilmente raro quanto pallido, alterna con elegante e sapiente maestria una sospesa atmosfera fiabesca con la commedia di costume e con la spy story, divertendosi a scompaginare le regole di questi generi.
In primo luogo il castello che ospita le ragazze non è una sontuosa dimora ma quasi un cumulo di rovine; la servitù che vi lavora è poca e malmostosa; la bella agente dell’Intelligence e l’ispettore di polizia che devono custodire le altezze reali sono piuttosto maldestri; infine e soprattutto il segreto della loro presenza viene subito scoperto, mettendo in moto facinorosi ribelli irlandesi che ce l’hanno a morte con gli inglesi e con la loro monarchia. Si capisce presto che le due regali ospiti mettono tutti a disagio. Il vecchio duca pensa che averle lì «è una maledetta complicazione» ed è di pessimo umore, l’ispettore è malinconico e sempre più distratto, la finta governante infuriata e disgustata da «quell’orrida catapecchia antica»… Ma anche le ragazze non se la passano bene: Elizabeth, che deve fingere di chiamarsi Ellen, pensa solo ai cavalli quando non litiga con la sorella; Margaret, che ha il nome di copertura di Mary, è un’inguaribile romantica (tra le due è la beniamina dell’autore), che si innamora di una specie di stalliere e inventa tutto il tempo delle peccaminose love stories. Fino a quando tutta la folla di personaggi convocati da Banville nel suo intreccio, tra cui anche un azzimato diplomatico inglese, un nevrastenico ministro irlandese, un vecchio bracciante irriverente e una (vera) governante bisbetica si troveranno tra i piedi un cadavere… Banville un po’ gioca con i suoi personaggi un po’ ne subisce il fascino, ma quello che affascina davvero è la sua prosa evocativa e insieme esatta, in cui ogni giro di frase e ogni singolo aggettivo trasportano il lettore se non nei paraggi della real casa in quelli molto più interessanti della buona narrativa.