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 2020  giugno 21 Domenica calendario

La Galleria Leopardi

La nostra famiglia ha vissuto ininterrottamente tra queste mura dal XII secolo. Io l’ho abitata da quando sono nata e, pur avendo viaggiato e risieduto in vari luoghi è questo il posto a cui faccio sempre ritorno. Recanati per me è un punto fermo, un luogo in cui il tempo scorre a una velocità differente, relativa. Qualcosa che non è cambiato dall’epoca di Giacomo e che abbiamo provato tutti, è il desiderio di scoprire quello che immaginiamo ci sia oltre la porta della propria casa, e questa curiosità ha sempre indotto gli uomini a slanci straordinari; gli stessi slanci che ha vissuto il Poeta.
Per il pubblico – fuori da questa casa – Leopardi è il nome del letterato con cui a scuola si sviluppa un complesso rapporto di amore e odio, mentre per me è molto di più; è anche un parente che spero mi guardi con affetto e mi guidi. Molte generazioni sono nate e vissute in questo palazzo e il giovane Giacomo è stato, almeno inizialmente, solo «uno dei tanti». Quello che per tutti noi oggi è “il” Leopardi, ha fatto qui quello che fanno tutti i bambini: giocare, annoiarsi, illudersi e sperare. Il tutto amplificato dalla straordinaria sensibilità e immaginazione di cui era dotato. 
«Quando eravamo fanciulli ciascun oggetto che vedevamo ci pareva che in certo modo accennando, quasi mostrasse di volerci favellare, (...) in nessun luogo soli, interrogavamo le immagini e le pareti e gli alberi e i fiori e le nuvole, e abbracciavamo sassi e legni».
Per la prima volta nella nostra storia, abbiamo deciso di aprire al pubblico gli spazi più intimi della casa; il nuovo percorso di visita si snoda attraverso ambienti che fino a oggi sono stati esclusivamente domestici. 
Sui gradini dello scalone di ingresso, sui quali tutti hanno visto al cinema correre Elio Germano nei panni di Giacomo, ho visto salire personaggi della cultura, delle arti, dello spettacolo e tanti, tantissimi amici. Ora i visitatori potranno salire quella seconda rampa che porta al piano nobile e che conduce al salone azzurro tappezzato da quadri di antenati: raffigurati alle pareti il nonno del Poeta, ma anche personaggi più recenti come la mia bisnonna Rosita, donna eccentrica e “amica di penna” di Marinetti. È in questa stanza che mio padre Vanni, fece firmare ai suoi carissimi amici, Rick e Dave, più noti come i Pink Floyd, il «libro delle firme». In questi saloni ho avuto l’onore di poter ricevere le più alte cariche istituzionali del Paese, rendendomi conto di quanto Giacomo Leopardi sia uno dei pensatori che più hanno identificato i valori della nostra cultura. Dei quattro Presidenti che ho conosciuto e che sono passati nella Galleria di questo Palazzo, quelli che ricordo in particolare sono Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, che ho ricevuto personalmente, e che hanno mostrato una profonda conoscenza del pensiero leopardiano, ritenendolo non solo un caposaldo della cultura bensì un personaggio vivo, a loro affine; un compagno di viaggio. Fino a oggi quei «figurati armenti» che ho mostrato loro e che ispirarono a Giacomo i versi de Le ricordanze, erano visibili solamente agli ospiti; dal 18 giugno invece, tutti gli appassionati e i curiosi possono passeggiare per queste imponenti stanze e riempirsi gli occhi delle suggestioni che hanno stimolato l’immaginario leopardiano. 
Da Giacomo non ho sicuramente ereditato la genialità, ma condivido alcune sue considerazioni sulla memoria: per lui era la proprietà di imitare e ripetere le azioni passate, e infatti non c’è occasione in cui nel «giardino delle ricordanze», osservando il roseto, io non abbia il vivissimo ricordo di mia nonna Anna che lo custodiva con amore. Quando poi scendeva il buio, sotto alle vaghe stelle dell’Orsa, sulla stessa verde zolla di Giacomo, da bambina nelle notti d’estate, andavo alla ricerca di quello che chiamavamo – non so perché – «il consumino». Era un’affascinante creatura verde luminescente che viveva sul prato e che, ancora oggi, ogni tanto appare. Chissà se ci sarà stato anche all’epoca di Giacomo e se anche lui sia stato deluso dallo scoprire che, l’oggetto di tanto infantile stupore, era solo un semplice vermetto?
Di certo l’ambiente più atteso da tutti, è quello più intimo degli appartamenti di Giacomo. In casa le abbiamo sempre chiamate Brecce per la particolarità del pavimento alla veneziana: Monaldo, il padre del Poeta, le fece costruire fra i due giardini per lasciare ai suoi figli ormai adolescenti, indipendenza e intimità. Giacomo lascia definitivamente Recanati nel 1830 e da quel momento, questi ambienti sono stati custoditi nel suo ricordo, ed esclusi dall’utilizzo quotidiano. Anche per me sono sempre state stanze “proibite”, con rarissime eccezioni. La più curiosa, a mia memoria, coincise con la presenza di Carmelo Bene a Recanati. Ospite a Palazzo Leopardi, l’attore volle vedere la camera di Giacomo e, preso da un momento di “euforia poetica”, impose a tutta la famiglia un improvvisato recital notturno. Essendo molto piccola non conoscevo la fama del Maestro, ma certo mi colpì la caratura del personaggio, tanto che non ho mai dimenticato quella strana notte di poesia.
Quella stanza così importante per Giacomo, dove alla fioca lucerna poetando, ha composto alcuni dei versi che tutti noi amiamo, oggi diviene fruibile al pubblico. Questo progetto di restauro e di successiva apertura è stato fortemente voluto da mio padre Vanni e sono fiera di essere riuscita a portarlo a termine, facendo in modo che la memoria di Giacomo non fosse esclusiva di pochi, ma anzi potesse essere condivisa. La storia di un cognome non si misura soltanto in ricordi, ma anche in azioni, e queste hanno tanto più significato quante più sono le persone che coinvolgono. Giacomo Leopardi non è un uomo di un’epoca, ma il suo è uno spirito che tocca tutte le epoche e il nuovo percorso è un modo per onorarlo.