Corriere della Sera, 21 giugno 2020
Istruzioni per non distruggere i simboli
Quando la statua di una città diventa scomoda e il malumore dei cittadini è difficilmente controllabile, conviene spostarla per salvarla. Così è stato fatto con la statua di Napoleone III, commissionata dal Comune di Milano allo scultore Francesco Barzaghi per onorare l’uomo che con il suo esercito, in due battaglie del 1859 contro le truppe austro-ungariche (Magenta e Solferino), aveva permesso agli italiani di avere uno Stato. Ma quando lo scultore ebbe finito la sua opera, il partito radicale montò una vigorosa campagna contro il nipote del Grande Napoleone, colpevole di avere aiutato le forze pontificie contro i garibaldini a Mentana nel 1867. La statua fu installata nel cortile del palazzo del Senato, in un via milanese che ne porta il nome, e vi rimase fino al 1927 quando trovò il suo posto in uno slargo del Parco Sempione. Qualcosa di simile è accaduto in Spagna per le statue di Francisco Franco durante il governo socialista di Zapatero. L’ultima è stata rimossa di notte e collocata, per il momento, in un magazzeno. Ancora più interessante è il caso di Bristol, una storica città marittima dell’Inghilterra sudoccidentale da cui partì Caboto per il suo viaggio verso le Americhe. Conta mezzo milione di abitanti, è molto attiva, è nota per un brillante festival musicale ed è un museo all’aria aperta per le opere di Banksy, il misterioso pittore di strada che qui sarebbe nato. Ma a Bristol è nato anche Edward Colston, uno dei più intraprendenti mercanti fra il XVII e il XVIII secolo. Divenne molto ricco grazie alla tratta degli schiavi, ma lasciò una grossa somma di denaro alla sua città ed è impossibile passeggiare per Bristol senza imbattersi in edifici e istituzioni che portano il suo nome. La sua statua è finita sul fondo di un canale e vi resterà probabilmente sino a quando il sindaco deciderà che cosa farne. Non meno interessante è il caso di una statua che troneggiava al centro della Lubjanka, la piazza dove sorge un palazzo in cui sono da molti anni i servizi segreti dello Stato russo. Il personaggio rappresentato nella statua è Feliks Dzerzhinskij, amico di Lenin e creatore della Ceka. La sua statua è una di quelle che furono bersaglio della furia popolare dopo la morte dell’Unione Sovietica nel 1991. I manifestanti le avevano già messo una corda al collo per farla cadere sul selciato quando un gruppo di funzionari del Kgb uscì dal palazzo. Spiegarono che una statua così pesante avrebbe sfondato la strada e sarebbe piombata sulla metropolitana. Per evitare il disastro suggerirono un carro-attrezzi e si dettero da fare per trovarlo. La statua finì con molte altre in un giardino di Mosca dove formò un parco delle rimembranze che attrasse molti visitatori e molti ironici sorrisi. Se Putin fosse stato presente, avrebbe probabilmente approvato. Quando divenne primo ministro, una ventina d’anni dopo, e prese possesso del suo ufficio, vi trovò un busto di Lenin e chiese che venisse rimosso.
P.S. Nel 2016 è stato inaugurato a Berlino un museo per le statue del suo variopinto passato, da Napoleone a Hitler.