ItaliaOggi, 20 giugno 2020
La moglie tradisce? C’è il Dna
I liberali tedeschi sono conservatori per quanto riguarda economia e finanza, ma appunto liberali per i diritti civili. Il partito, l’Fdp, è stato quasi sempre al governo, ora con i socialdemocratici ora con i cristianodemocratici, tranne i pochi anni della coalizione rossoverde e della Große koalition. Non un partito per tutte le stagioni, disposto a compromessi pur di restare al potere, ma una garanzia di democrazia, evitando che a turno o la Cdu/Csu o l’Spd conquistassero la maggioranza assoluta, e costringendo sempre il partner più grande a trovare un accordo sui principi liberali.
Ma per molti, oggi, il leader Christian Lidner sta esagerando. Il problema è delicato. Ha presentato una proposta di legge per autorizzare i futuri padri a far eseguire un controllo del dna per accertare se il nascituro «sia il proprio figlio». Solo dopo la dodicesima settimana, termine entro il quale è lecito eseguire un aborto. Non basta a tranquillizzare gli oppositori: si sconvolgono comunque le famiglie. Secondo i dati almeno il 5% dei bambini è figlio di un padre diverso da quello ufficiale.
Grazie ai liberali il padre potrà sapere se è stato tradito. La madre sarà costretta ad accettare il divorzio. Altri, con cinismo, osservano che se il marito ha dei dubbi sulla fedeltà della compagna, tanto da chiedere un esame preventivo, il matrimonio è già finito.
Naturalmente i test del dna «fai da te» sono rigorosamente vietati in Germania, come ovunque o quasi nel mondo. In Francia si rischia una multa di 3.750 euro. I tedeschi ammettono il test solo per fondati motivi medici, e la richiesta deve essere motivata da uno specialista. Per accertare la paternità, è consentito solo in caso di stupro.
Però in rete girano pubblicità per i curiosi che vogliono indagare sulla loro origine. Bastano 59 euro. Dubito che sia possibile decifrare l’intrico degli antenati che come siculo avrò alle mie spalle, tra spagnoli, francesi, greci, fenici, romani, ebrei, che hanno popolato la mia isola. Il mio cognome non dovrebbe rivelare il mestiere di qualche mio avo, ma risale allo spagnolo Jardenas. Forse. Ma non m’importa. Le società di ricerca trovano sempre un avo che gratifichi il cliente: un sultano arabo o un re normanno.
Oltre i 59 euro, ti chiedono anche il diritto di usare i tuoi dati, magari per venderli alle società farmaceutiche. E le autorità avvertono: l’anonimato, che viene spesso garantito, è sempre violato. Il tuo dna ha un alto valore commerciale; perché la società Ancestry ha speso solo nel 2016 ben 109 milioni in pubblicità? Le sue ricerche sono già state usate a fini politici, ad esempio con lo slogan durante la campagna pro e contro la Brexit: «Il dna di un britannico medio è al 60% europeo. Noi lasciamo forse l’Europa, ma l’Europa non ci potrà mai lasciare». Nel 2018, le società farmaceutiche hanno pagato 300 milioni di dollari alle compagnie di ricerca del Dna.
In Germania, a causa del passato nazista, si è stati sempre molto cauti nelle ricerche genetiche. Il dna, si protesta, può essere utilizzato a fini razzistici. Per le indagini di polizia, fino a poco tempo fa, era possibile solo stabilire se il ricercato fosse un uomo o una donna. Anche se sarebbe possibile accertare colore dei capelli, degli occhi, e l’etnia. Mesi fa, dopo alcuni omicidi si è deciso di allargare la ricerca.
Il dna ha complicato il lavoro degli sceneggiatori televisivi e degli scrittori. A un killer, appena ieri, bastava un paio di guanti per nascondere le impronte digitali e restare ignoto fino all’ultima pagina del romanzo. Quasi impossibile non lasciare tracce del Dna. Oggi, se la proposta dei liberali fosse accolta, Eduardo De Filippo non potrebbe più scrivere un capolavoro come Filumena Marturano (1946). L’amante Domenico Suriano non avrebbe dubbi su chi è il suo tra i tre figli dell’amante che lo ricatta per amore materno. Magari nessuno.