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 2020  giugno 20 Sabato calendario

Periscopio

«Dobbiamo semplificare». «Ma è complicatissimo». Altan. l’Espresso.
Un servizio pubblico (la Rai) è un «servizio per il pubblico», non un servizio per l’audience. Luigi Corbani. Corsera.

Per noi cristiani Gesù ha spiegato e narrato Dio e ciò che egli non ci ha detto di Dio non va creduto. Enzo Bianchi, fondatore e primo priore della Comunità di Bose. (Antonio Gnoli). la Repubblica.

Con i nomi, Conte non ha proprio fortuna: con «avvocato degli italiani» è diventato difensore solo di sé stesso, con gli «Stati generali» rischia di finire ghigliottinato proprio come Luigi XVI di Francia che, per primo, li ha creati. Luigi Bisignani. Il Tempo.

A Digione (Francia), dove è scoppiato il pesante conflitto fra la comunità magrebina e quella cecena, si è precipitata anche Marine Le Pen, leader del Rassemblement National che ha detto: «Non si capisce se siamo nel Far West o a Baghdad». Agence France Press.

Il sentimento anti-lombardo esiste da quando esiste l’Italia e, in un momento di crisi come quello di oggi, è riemerso con forza. Quella che fino a prima dell’epidemia sembrava una roccaforte inespugnabile, nella difficoltà è diventata un territorio di conquista. L’appetito di chi ha sempre voluto mettere le mani sulla Lombardia è tornato a farsi vivo, mobilitato dal cinismo della politica e da alcuni settori dell’opinione pubblica. Poiché tutti sanno che mettere le mani su Milano e la Lombardia è come prendere in mano il Paese intero. Luca Doninelli, scrittore (Luca Mirenzi). Huffington Post.

Come il chavismo, il castrismo, il peronismo, anche il grillismo ostentava i tratti tipici del populismo latinoamericano; pauperismo e assistenzialismo, moralismo e millenarismo, sovversivismo e messianismo. Come quelli, si issava su un piedistallo morale, inneggiando alla «Santa povertà» contro corrotti e peccatori. E povertà è ciò che quei populismi hanno seminato e raccolto, prima causato e poi lenito, in un ciclo che si autoalimenta all’infinito. Loris Zanatta. Il Messaggero.

In tutta Europa tutti gli Stati, in forme varie, e comunque sempre mettendo mano al borsellino pubblico, trovano la maniera di impedire che il campo del giornalismo veda l’egemonia di poche piante carnivore, nutrite per servire interessi di élite. Cercano di concimare anche le piantine, in nome di un indispensabile pluralismo. Non ho scritto «libertà», che è un concetto esagerato per descrivere il panorama dei nostri sforzi di penna e di parola. Ma siamo lì. Renato Farina. Libero.

Il 40% dei processi si conclude con l’assoluzione, ma spesso non lo si viene a sapere, com’è accaduto nel caso dell’ex ministro Calogero Mannino. È una vicenda scandalosa. Mannino è stato assolto dopo vent’anni di sofferenze e oltre due anni di carcere preventivo. Tutto, nel silenzio complice di gran parte del mondo dell’informazione. Paolo Cirino Pomicino, ex ministro Dc (Maurizio Caversan). la Verità.

«Noi espatriati siamo come l’ebreo errante» spiega Daverio. «Quando da assessore (della giunta leghista di Milano Marco Formentini, 1993-1997, ndr) fui inchiodato a Milano, mi sentivo agli arresti domiciliari. Nella vita ho usato tutti i mezzi di locomozione, salvo il sottomarino. Cavalli, dromedari, in Nepal l’elefante, unico modo per girarlo». Philippe Daverio, storico dell’arte (Giancarlo Perna). Libero.

Un destino cinico e barman ha privato Salvini del governo e del bau bau migranti. Massimo Gramellini. Corsera.

Sinora ho perso una quindicina di labrador. Sono sepolti al limitare del bosco. Di tutti conosco l’ubicazione della tomba. Alcuni hanno la lapide. Purtroppo il mio destino è di vederli morire. Non ci si abitua mai allo strazio o, peggio ancora, all’eutanasia. Alcuni decidono di andarsene prima per risparmiarti un dolore supplementare. La mia Morse aveva un tumore al fegato, la portavo fino a Torino per le chemio. Ormai non c’era più nulla da fare. L’ultima notte l’ha passata con me. L’indomani sarebbe arrivato il veterinario a praticarle l’iniezione letale. Al mattino l’ho trovata fredda nel letto». (Piange). Franco Barberi, allevatore di cani labrador (Stefano Lorenzetto). Corsera.

Mio padre è sepolto al Verano. È nella cappella di mio nonno materno (Giuseppe Amato, produttore della Dolce vita, ndr). I suoi fan continuano a lasciare lettere stupende, scatole di fagioli, magliette da tutto il mondo. Alcuni doni li lasciamo lì, altri li conserva affettuosamente mamma. Cristiana Pedersoli, figlia di Bud Spencer (Elvira Serra). Corsera.

«Fratello Migrante» è scritto all’ingresso. Il campo è nella vecchia fabbrica della Penicillina, a San Basilio: via Tiburtina 1040. Occupata dai neri, e gestita da una cooperativa di volontari e di frati. Presidente, Andrea Saponaro, vecchio malvissuto, capo del servizio d’ordine di Lotta continua, poi consigliere regionale di Forza Italia. I frati però sono brave persone. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.

«Cittadini» avevano detto gli oratori leninisti agli esordi della rivoluzione sovietica. «Questo è il primo giorno del diluvio operaio». Il diluvio seppellì le icone di Bisanzio, ma ne salvò le cornici e nacquero così le icone socialiste, drappeggiate di rosso. Comparvero infatti i giganteschi ritratti di Lenin che apparivano come cose antiche, molto più della rivoluzione. Venivano dalle cattedrali e dalle processioni di Bisanzio, dai patriarchi sepolti sotto la cattedrale dell’Arcangelo. Alberto Ronchey, Il fattore R, conversazione con Pierluigi Battista. Rizzoli, 2004.

Camminando di malavoglia, la guardia sovietica precedette Michele attraverso un largo piazzale buio, coperto di ghiaccio e neve incredibilmente sporca. Tra poco avrebbe incontrato i suoi connazionali italiani anch’essi prigionieri, la cosa lo emozionava; questione solo di qualche minuto ormai. Per evitar d’inciampare, la guardia si illuminava, di tanto in tanto, il percorso davanti ai piedi con una torcia elettrica il cui cono di luce investì improvvisamente la testa di un cadavere nudo, dalla bocca spalancata. Eugenio Corti, Il cavallo rosso. Ares, 1983 (33esima edizione).

Mentre gli zampognari e i suonatori di ciaramelle diffondevano per tutto il paese gli assordanti suoni natalizi, nelle vetrine dei dolcieri apparivano pile di torroncini e di «sasamelli», un dolce durissimo da sciogliersi in bocca a forma di una «S» maiuscola, fatto con un impasto di miele, farina, mandorle e cedro candito. Era Natale. Gaetano Afeltra, Desiderare la donna d’altri. Bompiani, 1985.

Ho un vuoto di memoria che riempirò con le illusioni. Roberto Gervaso. Il Giornale.