Corriere della Sera, 20 giugno 2020
Non chiamiamoli Paesi Frugali
Li continuiamo a chiamare «frugali». Ma probabilmente dovremo trovare un altro aggettivo. Piccoli, magari. I 4 Paesi che si oppongono con diversi accenti e forza alla scelta dell’Europa di andare verso un Recovery Plan condiviso sono Austria, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi. Vedono quella possibilità esplicitata dai capi di Stato dell’Unione di emettere debito per sostenere le nazioni più colpite dal Covid-19 come una pericolosa deriva. Temono cioè che i Paesi del sud dell’Europa continuino a dissipare risorse ma facendo pesare gli oneri tra tutti i membri dell’Unione. Eppure nelle «Considerazioni finali» del governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco dello scorso 29 maggio, si evidenziava una realtà diversa. «Il debito delle famiglie è basso... a fine 2019 ammontava a poco meno del 62 per cento del loro reddito disponibile, contro il 95 nella media dell’area dell’euro (con una punta di oltre il 200 per cento nei Paesi Bassi), il 96 negli Stati Uniti e il 124 nel Regno Unito – si leggeva nella relazione —. Alla fine del 2019 il debito delle imprese era pari al 68 per cento del Pil, contro il 108 dell’area dell’euro e valori superiori al 150 per cento in Francia e nei Paesi Bassi». Non proprio esempi di frugalità se pensiamo al debito appunto. Abbiamo famiglie tendenzialmente ricche. «La ricchezza netta, reale e finanziaria, delle famiglie italiane è elevata: 8,1 volte il reddito disponibile contro 7,3 nella media dell’area dell’euro», diceva ancora Visco. Ma un debito pubblico elevatissimo, che punta al 155,7% del Pil. Il contrario dei Paesi Bassi che in era pre Covid erano sotto il 60%. Frugali o no, di sicuro tengono molto di più alla buona salute dei loro conti pubblici di quanto siamo riusciti a fare noi italiani.