Corriere della Sera, 20 giugno 2020
Due italiani su tre non sanno cosa sono Gli Stati generali
Gli Stati generali dell’economia hanno suscitato molte aspettative sul rilancio del Paese dopo la crisi della pandemia e le polemiche tra le forze politiche e sociali.
Nonostante l’attenzione dedicata dai mezzi di informazione, solo una minoranza di italiani – poco più di uno su tre – dichiara di esserne informato (il 5% molto e il 32% abbastanza) mentre il 43% ne sa poco e il 20% confessa di non saperne nulla. È un dato che sorprende, tenuto conto della crescente preoccupazione per la situazione economica nell’opinione pubblica.
A proposito delle polemiche, il 42% degli italiani ritiene che gli Stati generali abbiano rappresentato un’opportunità molto importante, mentre il 32% si esprime in termini severi, considerando l’iniziativa un’inutile passerella propagandistica. Le opinioni divergono nettamente, come era lecito attendersi, tra gli elettori della maggioranza e quelli dell’opposizione.
Il piano proposto dal presidente Conte con il titolo «Progettiamo il rilancio» prevedeva 9 capitoli tematici riguardo ai quali abbiamo chiesto agli intervistati di indicare quelli giudicati più urgenti. I tre interventi prioritari riguardano la competitività del tessuto economico (indicata dal 45%), la sburocratizzazione della Pubblica amministrazione (38%) e il sostegno alle filiere produttive (37%). A seguire le proposte per rendere le infrastrutture più efficienti (27%) e gli investimenti in formazione, istruzione e ricerca (27%), quelli nella sostenibilità ambientale (22%), gli interventi per la riduzione delle disparità (21%) e la modernizzazione della giustizia (20%). Chiude la graduatoria il capitolo sulla digitalizzazione del Paese, giudicata urgente solo dal 13%, nonostante l’importanza che oggettivamente ricopre.
Su alcuni temi i diversi elettorati esprimono aspettative e sensibilità diverse: l’istruzione e la sostenibilità vengono reputate più urgenti tra gli elettori dem e pentastellati, mentre tra quelli del centrodestra il sostegno alle filiere produttive e la modernizzazione della giustizia sono giudicati più importanti. La sburocratizzazione della Pubblica amministrazione viene citata al primo posto tra gli elettori di FI e di FdI, laddove tra tutti gli altri elettorati ai vertici delle priorità c’è la competitività delle nostre imprese.
Gli Stati generali hanno visto la partecipazione dei vertici delle istituzioni europee. In particolare, la presidente della Commissione Ue Von der Leyen è intervenuta sul piano di aiuti economici da 750 miliardi di euro. Secondo questo piano l’Italia potrebbe ottenere 173 miliardi, di cui 82 a fondo perduto. Le opinioni degli italiani sul piano europeo sono piuttosto articolate: la maggioranza relativa lo giudica ambizioso ma di difficile attuazione a causa della eccessiva burocrazia delle istituzioni italiane (23%) o europee (14%); per il 22% rappresenta un cambio di passo significativo dell’Ue, nella direzione auspicata di sostenere i membri più in difficoltà, mentre il 13% ritiene che il piano non presenti novità dato che una parte dei fondi che ci verrebbero assegnati non potranno essere spesi liberamente dall’Italia, opinione che raggiunge il 23% tra gli elettori di FI e FdI e il 22% tra i leghisti.
Nel complesso l’assise di Villa Pamphili non sembra aver scaldato i cuori, riscuotendo un livello di attenzione non molto elevato; gli aiuti europei, seppur salutati positivamente, sono visti con un discreto scetticismo; i capitoli tematici del piano «Progettiamo il rilancio» sono molti e suscitano reazioni diversificate. È probabile che si sia trattato di una prima tappa di un percorso impegnativo in termini di metodo e di efficacia comunicativa: riguardo al metodo, passare dall’ascolto ad un vero e proprio coinvolgimento delle forze politiche e delle parti sociali, ripristinando una sorta di concertazione, non è un passaggio facile e presuppone visione comune e senso dello Stato che portino a superare i particolarismi. Quanto alla comunicazione, appare opportuno far percepire una cornice generale delle riforme da attuare che trasmetta una visione del futuro del Paese, evitando il duplice rischio che vengano vissuti come frammentari e che gli importanti finanziamenti europei possano essere considerati alla stregua delle perle ai porci.