Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  giugno 19 Venerdì calendario

Intervista a Irama

Non ama i social. Ma solo su Instagram lo seguono un milione e mezzo di persone. Non dà importanza ai numeri, ma il suo singolo «Mediterranea» è certificato oro, da tre settimane primo in classifica, con 11,5 milioni di stream. In Irama – idolo dei giovani con la passione per Guccini – le contraddizioni trovano un senso.
Come la mettiamo col fatto che è seguitissimo sul web?
«Per me i social sono una piattaforma dove comunicare a livello artistico, il resto non mi interessa. A volte mi prendo delle pause perché la musica va un po’ ricaricata e quindi mi stacco del tutto».
E nel mentre cosa fa?
«La mia vita è quella lì, di quando scompaio. Quando torno è un po’ come se recitassi i miei pensieri, quello che mentre non ero connesso ho cercato di creare. Ci accorgeremo tutti che la vita è completamente diversa dal social network. O magari si mischieranno così tanto da diventare la stessa cosa. Fa paura».
Con «Mediterranea» è di nuovo in vetta alle classifiche.
«Bello, sono contento, è una soddisfazione. Ma non ci si deve fossilizzare sui numeri. Non sono mai entusiasta per queste cose, un po’ perché non amo abituarmi, ma soprattutto perché non amo considerare un lavoro in base ai numeri che fa. Non mi voglio legare alle classifiche».
Il suo disincanto?
«Non voglio sembrare negativo, anzi. Ho voluto uscisse “Mediterranea”, un singolo più leggero che a mio avviso ci voleva in un momento così pesante. È un divertimento ma parla comunque di un percorso che vorrei portare fuori, anche fuori dall’Italia».
È pronto per il debutto nel mercato sudamericano, vero?
«Penso sia giusto che noi giovani parliamo al mondo con collaborazioni, progetti. Nel mondo della trap è più semplice, con il pop è più difficile perché ogni nazione ha le sue sonorità».
Ci sono riusciti diversi, Ramazzotti, Pausini, Ferro...
«Sarebbe bene lo facessero anche le nuove generazioni. La cosa più bella in assoluto è uscire dai confini. Tra le mie soddisfazioni ci sono dei signori spagnoli che a Miami mi avevano riconosciuto per “Nera”: per me era assurdo, mi pareva uno scherzo. Ora spero di fare come Stromae o Rosalia: hanno portato le loro sonorità tipiche in giro per il mondo. Ci vuole coraggio».
Come la fa sentire chi, invece, la giudica solo come il cantante dei tormentoni?
«Se una persona che lavora 12 ore al giorno e al massimo mi sente in radio pensa che io sia quello dei tormentoni, lo capisco. Se un giorno avrà voglia di scoprirmi capirà c’è altro, se no mi reputo già fortunato perché mi conosce».
Ha appena vinto «Amici speciali».
«Non era un talent ma uno show benefico, ci ha fatto fare qualcosa di buono concretamente: ha dimostrato che noi dello spettacolo siamo utili. Eppure c’è un mondo che sta soffrendo. Per me il problema è far slittare un tour, non faccio i capricci. Ma se penso ai tanti lavoratori in crisi...».
In una puntata ha fatto un monologo su George Floyd
«Volevo parlare di qualcosa che mi toccava umanamente, non era un monologo politico. Per me il razzismo non ha spiegazioni, è un’insensata follia. È difficile accettare che ci sono persone che non riescono a capirlo. Fa schifo. Ma sono convinto che la mia generazione veda le cose diversamente. Abbiamo voglia di arricchirci, scambiando storie e informazioni».
Perché un monologo?
«Ne ho sentito l’urgenza e ho fermato tutto. Non è stato semplice, non è il mio modo di comunicare. Ma quel video mi ha traumatizzato. Potermi esprimere in completa libertà, a casa mia, è stato bello».
Continua a considerare «Amici» casa?
«Certo, lo è. Sono molto legato non solo a Maria, ma a tutti quelli che ci lavorano. Si respira fiducia. Ma, anche tornando, non ho guardato indietro: ho ancora così tanto da imparare che soffermarsi sul passato ora non ha senso».
Ha stretto amicizia con qualcuno dei concorrenti?
«Con tutti, ma amo i The Kolors, musicisti veri».
Stash diventerà presto papà: lei ci pensa mai?
«Sì, credo sia naturale... volevo prendermi un cane ma mi sono accorto che non ho tempo, penso che un figlio sia un impegno leggermente più grande... ma sarà bello vedere Stash papà, spero venga un bimbo col ciuffo».
Tornerà a Sanremo?
«Dipende dalla canzone: se sarà giusto presentarla lì, la porterò. Ma ancora c’è tempo, il prossimo anno sarà bello avanti, vediamo».