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 2020  giugno 19 Venerdì calendario

"Hamilton", il film sui Padri Fondatori

Nell’aprile del 2009, a pochi mesi dalla sua inaugurazione, il presidente Obama fece arrivare parola a Lin Manuel Miranda che avrebbe gradito la sua presenza a una serata di esibizioni dal vivo alla Casa Bianca. Reduce da 4 premi Tony per In The Heights, un musical che incorporava salsa e merengue con suoni più tradizionali, Miranda a soli 29 anni rappresentava il nuovo volto di Broadway e sapeva che il Presidente si aspettava pezzi del suo ultimo show. Il compositore e produttore di origine portorichegne aveva invece appena finito di leggere una biografia di Alexander Hamilton, cresciuto povero e orfano, braccio destro di George Washington negli anni della Rivoluzione, poi primo segretario del Tesoro degli Stati Uniti e infine ucciso in un duello.
Miranda comunicò che avrebbe preferito esibirsi con una canzone rap sulla vita di Hamilton, su questo «Padre Fondatore senza un padre». Non sapeva che quella sera, nella cornice della Casa Bianca, stava gettando i semi di Hamilton, uno show basato sull’hip-hop e sul jazz. Soprattutto, un’esplorazione culturale e storica che è diventata un fenomeno senza precedenti. Undici 11 premi Tony. Incassi per 650 milioni di dollari e oltre 2,6 milioni di spettatori a Broadway, in varie metropoli Usa e anche a Londra. Un numero destinato a moltiplicarsi perché Hamilton a luglio verrà distribuito da Disney come un film, montato mettendo assieme le esibizioni dal vivo. Miranda racconta la sua opera in videoconferenza dallo studio della sua casa a Washington Heights.
Immagini di rivolgersi a chi non ha visto e non sa che cosa sia esattamente «Hamilton». Provi a descriverlo.
«Hamilton è la storia di un giovane di origini incredibilmente povere e difficili nei Caraibi, che arriva sulla terraferma mentre la Rivoluzione americana sta iniziando. Un giovane immigrato che grazie alla sua scrittura esce dalla povertà, si fa strada nella rivoluzione e nella formazione di questo Paese, ma getta anche le basi per la propria rovina. La cosa interessante è che nel raccontare la storia di Hamilton devi fare i conti con le origini di questo Paese. E col fatto che i problemi e i paradossi presenti all’origine sono gli stessi che stiamo ancora vivendo. Ciò include il peccato originale della schiavitù, le divisioni tra gli Stati, gli interventi all’estero quando siamo coinvolti negli affari di altri Paesi, i momenti di isolamento». 
E ci sono le contraddizioni dei Padri Fondatori.
«Queste sono persone che hanno scritto sugli ideali della libertà ma non hanno rispettato quegli ideali nella pratica, da subito. Quella contraddizione è nel nostro spettacolo e quella contraddizione è ancora la nostra esperienza centinaia di anni dopo con il razzismo sistematico che ci circonda».
Ora questa esperienza diventa un film. Vede dei rischi o soltanto opportunità?
«Chiunque veda questo film è come se avesse la migliore poltrona in assoluto, nessuno ha mai avuto un posto come quello che Tommy Kail, il regista, ci fornisce in questo film. La telecamera è ovunque, è un incredibile ibrido cinematografico e teatrale. Ho passato sei anni a scrivere Hamilton. E quando scrivi non vuoi che solo poche persone vedano il tuo lavoro, vuoi che siano il più possibile. E sì, all’inizio vuoi che lo vedano nel modo che intendevi, a teatro, ma sono entusiasta del fatto che siamo stati in grado di fornire l’accesso anche in questa versione per il cinema».
La pandemia. Il lockdown. I 40 milioni di disoccupati. Un Presidente sempre più dissociato dalla realtà. Se il 2020 fosse un pezzo di teatro, che cosa sarebbe? Una tragedia? Una commedia? Un horror?
«Cambio idea ogni ora, è uno degli effetti collaterali della quarantena. Il teatro dal vivo si è fermato in tutto il mondo, il cinema si è fermato, il mondo si è fermato. Non ho scritto nulla nel primo mese, volevo solo capire quale fosse la nuova realtà. Volevo capire come sentirmi al sicuro se uscivo per fare la spesa e come sarebbe stata la lezione via Zoom del kindergarten di mio figlio. Nonostante il momento storico non sono la persona che può scriverci sopra. Non ho la prospettiva, certo non ora».