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 2020  giugno 19 Venerdì calendario

Periscopio

La sinistra che predica di riconnettersi alla realtà, ai poveri e alle periferie non tiene conto della rottura prodotta dal web. Ha una visione cattolicheggiante del marxismo, e glielo dice uno che Karl Marx non l’ha mai rinnegato: fatte le debite proporzioni, devo pensare a Gesù Cristo per trovarne un altro come lui. Michele Santoro, conduttore tv (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Penso che torneremo a dare valore a cose a cui davamo un’importanza marginale: un caffè preso con un amico al Gambrinus, incontrarsi e darsi un bacio. Maurizio De Giovanni, scrittore napoletano (Candida Morvillo). Corsera.

Quando l’emergenza virus sarà finita, il caso Palamara riesploderà. E ogni indagato, ogni arrestato, ogni imputato, ogni condannato (soprattutto se ricoprirà cariche politiche) si domanderà se il suo giudice avrà avuto uno di quei contatti che hanno così disonorato la toga del dott. Palamara. Carlo Nordio, già magistrato. Il Messaggero.

Anche Campo dei Fiori senza nemmeno un banco di frutta o di verdura, sotto al cielo fattosi opaco, stringe il cuore. A Santa Maria in Trastevere però alle sei di sera noti un silenzioso convergere di fedeli. Soli, si inginocchiano e pregano, ciascuno per suo conto. Ma non in pochi: e ti pare di sentire sospesa nelle navate la domanda di una città che aspetta di svegliarsi, e tornare a vivere. Marina Corradi, scrittrice. Avvenire.

Chiedo a Giuseppe Cruciani come ha organizzato le sue giornate: «Ho sempre odiato le folle, però mi mancano terribilmente. Vado in radio. Ritorno a casa. Incursioni compulsive su Netflix, Prime, Sky e altro per scegliere l’ennesima serie dopo averne viste dieci in quattro giorni e scegliere puntualmente quella sbagliata. Sprofondare nel divano. Alzarsi rincoglionito la notte, azzannare cioccolata fondente cento per cento, la più amara sul mercato, sonno tormentato. Speranze zero. Vaffanculo». Massimiliano Parente. Il Giornale.

I greci vedevano nella catastrofe il rovesciamento o anche l’andare a picco. Oggi si usa per indicare una sciagura o una calamità. Non definirei questa pandemia una catastrofe. È piuttosto una sventura che ci ha sorpresi e che per alcuni significa anche essere strappati alla vita. Catastrofe, per me, è la Shoah, è Hiroshima, è il genocidio nel Centro Africa. La catastrofe è quando un popolo conosce una fine violenta e irreparabile. Enzo Bianchi, fondatore e primo priore della Comunità di Bose (Antonio Gnoli). la Repubblica.

A Palermo, nel 2010, fui incaricato dalla giunta Cammarata, di centro-destra, dei festeggiamenti di Santa Rosalia. Con le casse comunali a secco, feci tutto senza soldi. Non sapevo che in Sicilia fosse un crimine. Fui contestato dai disoccupati cui veniva a mancare una greppia. Mi dettero del porco. Ai disoccupati organizzati di Palermo che mi avevano aggredito reagii però da par mio. Dissi «cicciona» a una tizia, «disoccupato di merda» a un tizio, «parassiti» a tutti e mi dimisi dall’incarico al motto: «La Sicilia è cosa vostra». Loro mi gridarono: «Fascista». Replicai: «Sono stalinista e noi vi mandavamo nelle miniere di sale». Philippe Daverio, storico dell’arte (Giancarlo Perna). Libero.

A Fregene ho conosciuto un sacco di registi, italiani e internazionali, da Francis Ford Coppola a Joseph Losey, che pranzava e cenava sempre con una bottiglia di vodka a portata di mano, appoggiata per terra in modo che nessun altro se ne servisse. Alberto Ronchey, Il fattore R, conversazione con Pierluigi Battista. Rizzoli, 2004.

Per lungo tempo non mi sono piaciuto. Mi guardavo allo specchio e mi consideravo orribile. E poi gli amori. La lunga penosa vicenda degli amori mancati. Per anni ho sentito i morsi della passione non ricambiata. Edoardo Boncinelli, genetista (Antonio Gnoli). la Repubblica.

Si è capito che il mercato del lavoro cerca individui isolati, non coppie, per cui tu devi pensare prima di tutto a te stesso. In questa situazione sociale anche il semplice legame dell’innamoramento e ancor più la coppia stabile diventano un ostacolo. Francesco Alberoni, sociologo. Il Giornale.

Come ha dichiarato lo stesso Giovanni Ferrero, i weekend sono dedicati (per quanto possibile) alla famiglia: «Ci sono a volte viaggi brevi per scappare dalla routine della città e ci sono weekend in casa, tranquilli. Ogni tanto mi capita di giocare a calcio con i miei figli e scopro che lavorare, a volte, è meno faticoso». Maria Elena Zanini. Sette, Corsera.

Il rapporto di Roma con l’Africa era ovviamente di conquista. Furono numerose nei secoli le spedizioni. Marmi, spezie, schiavi, bestie feroci rifornivano il centro dell’impero. Un’economia del lusso crebbe a dismisura attorno a queste imprese. La cosa straordinaria era la capacità che nelle spedizioni africane i soldati romani avevano nell’adattarsi alle peggiori condizioni di clima e di territorio. Credo che nessun esercito abbia mai avuto una simile forza interiore. E immaginare oggi che cosa quegli uomini hanno compiuto e visto mi provoca qualcosa di vertiginoso. Valerio Massimo Manfredi, scrittore (Antonio Gnoli). la Repubblica.

I croati in 48 ore buttarono giù il ponte di Mostar: ma non perché avesse rilevanza strategica. Lì sopra, d’altronde, i carri armati bosniaci non sarebbero mai passati: non era largo abbastanza. La distruzione fu dunque una dichiarazione d’intenti. La piccola patria dei croati erzegovesi. L’obiettivo era infatti bonificare etnicamente, per poterle governare senza più problemi, le aree dove i propri connazionali erano già maggioranza. Insomma, i croati non volevano prendersi Mostar: la volevano spaccare. Volevano che i loro quartieri, quelli a ovest del fiume, diventassero al 100% croati. E infatti i musulmani furono cacciati dalle loro case e spinti sull’altra riva. A quel punto toccò al ponte (la cerniera tra i due mondi), fatto saltare a cannonate: le 456 pietre bianche di Hajrudin vennero schiantate dagli obici e caddero nelle acque gelide della Neretva. E la storia dello Stari Most sembrò finire lì. Maurizio Pilotti. Libertà.

Oggi è in funzione la cosiddetta polizia del linguaggio che non tollera l’ironia perché essa, secondo loro, non è corretta, non mira al miglioramento dell’essere umano, non è in linea con l’idea della bontà e dell’eguaglianza universale. Stenio Solinas, scrittore. il Giornale.

Lo sguardo feroce del federale incontrò quello di Giulio Govoni, un giovanotto basso con la testa da rachitico e un viso coperto di efelidi, illuminato da due occhi miti: la sola cosa bella della sua persona. Luigi Preti, Giovinezza giovinezza. Mondadori, 1964.

Se dovessi morire oggi, non ci crederei. Roberto Gervaso. Il Giornale.