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 2020  giugno 19 Venerdì calendario

L’estetica criminale dai Casamonica a Carminati

Da Casamonica a casa Carminati: è il percorso di un’estetica criminale alternativa, che si manifesta in forme diverse, colte dall’obiettivo fotografico in simultanea nei giorni del disvelamento. Né la villa del clan alla Romanina, né quella dell’eversore nero a Sacrofano potrebbero aspirare a un servizio sulle pagine di AD (Architectural Digest) o i loro proprietari a una copertina patinata, tuttavia gli ambienti alludono, parodiano, significano. Storditi dalla rappresentazione cinematografica e televisiva di quei luoghi, ne abbiamo ormai una immagine consolidata che va dalla villa di Scarface a Miami (in realtà a Santa Barbara, in California) duplicata dal boss Schiavone, al bunker di Pietro Savastano in Gomorra, appartenuto al malavitoso Francesco Gallo detto “o pisiello”.
In entrambe lo sforzo e lo sfarzo si inseguono lungo un’iperbole che altera la realtà per eccesso. Il set e l’abitazione si confondono, con il tempo non è più il primo a riprodurre o utilizzare la seconda, ma viceversa. I Casamonica aderiscono a questo modello. Nella loro concezione niente è mai troppo. Si percepisce l’ansia del vuoto, quella della scelta. Ogni sovrapposizione è consentita: di colori, di “stili”, di oggetti. La tinta burro dominante è sfregiata dall’improvvisa apparizione di lampadari viola. Il posizionamento di ogni cosa è casuale: un cavallo dorato vicino alla doccia con i getti, un piccolo universo di ceramica che include due vasi cinesi, una gondola con damina e cavaliere e una tigre ruggente a guardia dell’ingresso. Drappi e fiori in bagno e tavola sempre pronta per ricevere, con l’argenteria che si specchia nel legno lucido. È un immaginario aspirazionale primitivo nella storia della criminalità, vera o di fiction. Tende al possesso smisurato, all’esibizione, al trofeo (o al souvenir).
Massimo Carminati è un’altra storia e una diversa fantasia. Non si prende un’isola, non sta sulla costa, anzi evita i margini perché rischiosi. Punta al centro e vi si inserisce. Se non lo tradisse un particolare, non apparirebbe.
Procede per sottrazione, rispettando canoni di più avanzata modernità. Si mimetizza con l’inverosimile. Porta una polo slabbrata, un borsone di plastica, jeans consumati. Delle sue presumibili entrate, ben poco esce. La villetta è anonima. Il suo modello è quella di Tony Soprano nel New Jersey. Il più contemporaneo dei boss televisivi conduceva, come lui, un’esistenza su due piani, protetta da un comune cancello a sbarre, con una passione per il giardino, le piante e una devozione per animali particolari. Nel caso di Carminati, un cinghiale che, a differenza delle papere, non vola via. Il portfolio fotografico di queste residenze, o di quel che di esse ci è dato vedere, racconta in fondo come siano arrivati alla loro posizione: gli uni imponendosi, l’altro insinuandosi. Peccato che l’oscillazione di questo pendolo abbia graffiato il destino di Roma, capitale perduta nel suo labirinto.