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 2020  giugno 18 Giovedì calendario

Oltre 4 milioni di apolidi

Sono i reietti degli Stati. Senza voce né diritti. Emarginati, respinti, perseguitati. Sono gli apolidi. Una popolazione in crescita, che nessuno vuol riconoscere. Senza passaporto, né documenti anagrafici, è come se non esistessero. I bambini non possono frequentare le scuole. Gli adulti non possono ottenere un contratto di lavoro. Impossibile anche solo ottenere la patente di guida.
Tecnicamente sono “stateless”. Unhcr–Acnur ne stima circa 4,2 milioni. I dati, però, si basano su informazioni sommarie da 70 governi. Perciò «si stima che l’apolidia sia molto più elevata perché – spiega il report annuale dell’Acnur – meno della metà di tutti i Paesi del mondo raccoglie dati e alcuni tra i Paesi più popolosi del mondo, per i quali si sospettano grandi numeri legali all’apolidia, non riferiscono alcuna informazione». Uno studio del 2019 sull’apolidia in Costa d’Avorio ha permesso di censire una crescita prima negata: da 263.400 apolidi negli anni scorsi a 955.400 nel 2019. Per trovare i “senza diritti” bisogna raggiungere le periferie dei campi profughi, laddove perfino gli operatori umanitari faticano ad arrivare. Ma sempre più spesso occorre addentrarsi nella filiera delle nuove schiavitù. Senza alcuna possibilità di un domani dignitoso, migliaia di persone accettano qualsiasi condizione di sfruttamento pur di mettere insieme almeno un pasto al giorno. E sono i grandi esodi a generare gli apolidi. Dalla ex Birmania alle regioni più ostili dell’Africa subsahariana.
L’80 per cento delle persone in fuga nel mondo si trova in Paesi o territori afflitti da insicurezza alimentare e malnutrizione grave, molti dei quali soggetti al rischio di cambiamenti climatici e catastrofi naturali. Oltre i tre quarti dei rifugiati di tutto il mondo (77 per cento) provengono da scenari di crisi a lungo termine, per esempio quella in Afghanistan, ormai entrata nel quinto decennio. Oltre otto rifugiati su 10 (85 per cento) vivono in Paesi in via di sviluppo, generalmente in un Paese confinante con quello da cui sono fuggiti. Due terzi delle persone in fuga all’estero provengono da cinque Paesi: Siria,Venezuela, Afghanistan, Sud Sudan e Myanmar. E proprio tra questi cresce il numero degli “stateless”. A pagarne le conseguenze sono in gran parte i più piccoli. Quei bambini che nascono nelle terre di nessuno, laddove non c’è un ufficiale dell’anagrafe disposto a registrarne la venuta al mondo. E, non di rado, dove non è possibile in alcun modo ottenere la registrazione dei nuovi nati perché figli di profughi, a loro volta ritenuti non meritevoli di alcuna protezione.
Negli ultimi dieci anni grazie all’impegno delle agenzie Onu 754.500 apolidi hanno potuto acquisire il riconoscimento di una nazionalità e l’accesso ai diritti di base.