Horton, ciò che sta accadendo a Pechino è la premessa di ciò che ci attende?
«In assenza di un vaccino e se non si rispettano le misure di sicurezza anti Covid 19, è inevitabile che avremo nuovi e continui focolai. Il virus è ancora tra noi, anche se facciamo finta di ignorarlo, perché i governi e le persone si sentono più rilassate. È un errore madornale».
Ma i governi cercano un equilibrio tra salute ed economia.
«Sì, ma dall’ultima settimana di gennaio sappiamo della gravità di questa malattia. Il 30 dello stesso mese è arrivata l’allerta generale dell’Oms. Già allora i governi e i loro scienziati non agirono prontamente. Spero non riaccada».
Anche gli scienziati hanno le
loro responsabilità?
«Certo, molti sono stati collusi con i politici e non hanno detto la verità, per proteggersi a vicenda.
Inoltre, all’inizio, non hanno preso sul serio le allerte dei colleghi cinesi. Credevano che il loro lavoro non fosse all’altezza. Che fossero "inferiori" a noi. Non è solo un fallimento politico, ma anche scientifico. C’è poi stata l’arroganza delle autorità occidentali. L’Europa, non toccata dalla Sars, ha commesso il grave errore iniziale di trattare il coronavirus come un’influenza, vedi Johnson e l’immunità di gregge. I leader europei sono stati negligenti. Il ritardo di Johnson sul lockdown è costato almeno la metà delle vittime totali nel Regno Unito per Covid1 9 (25mila su oltre 50mila, ndr ). È stato il più catastrofico in Europa».
Però anche l’Italia in febbraio ha esitato almeno una settimana prima di innescare il lockdown.
Quante vite si sarebbero potute salvare?
«Diverse migliaia o anche di più.
Questo è un virus con contagi esponenziali. Un "lockdown" anticipato di una o due settimane può significare fino al 50% di vittime in meno».
La Nuova Zelanda invece è
diventata un modello per tutti.
«La premier Jacinda Ardern è la migliore: incredibilmente coraggiosa ad ordinare il "lockdown" quando c’erano pochissimi casi. L’esperienza della Sars ha aiutato».
La seconda ondata di Covid19 è inevitabile?
«No, se ci comporteremo bene.
Dobbiamo capire che questo virus non andrà via e che non torneremo alla normalità fino a quando non ci sarà un vaccino, per cui ci vorrà come minimo un anno. Ma i politici non lo dicono pubblicamente e così creano le condizioni per la seconda ondata, perché le persone conseguentemente si comportano in maniera scellerata».
Nel suo libro lei scrive che il vaccino non è un "proiettile magico" che farà sparire la malattia.
«Purtroppo è così. Sarà complicatissimo trovare un vaccino efficace e sano al 100%».
Però c’è una corsa mondiale a esso, forse troppo veloce.
Quanti rischi ci sono nell’accelerare così il processo?
«È pericoloso. L’efficacia di un vaccino si vede in tempi relativamente stretti. Ma la sua sicurezza si nota su un periodo di tempo molto più lungo. Bisognerà essere estremamente rigorosi: in gioco non c’è solo la salute delle persone, ma la credibilità della scienza».
Cui la recente bulimia di pubblicazioni scientifiche ha fatto prendere molti granchi.
«La comunità scientifica è stata straordinaria: ha identificato e sequenziato il virus da subito, ora è stata scoperta l’efficacia del desametasone… Ma è anche vero che tutti, scienziati e noi come pubblicazioni, abbiamo accelerato la velocità negli ultimi tempi. Indi, facciamo più errori. Non deve più capitare. Ne va della scienza tutta».