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 2020  giugno 17 Mercoledì calendario

Lo sceriffo più duro alla settima sfida

«Una emorroide». Così un alto esponente del partito repubblicano, scrivono vari giornali americani, avrebbe definito Joe Arpaio, «lo sceriffo più duro d’America» (autodefinizione compiaciuta) che vorrebbe tornare per un settimo mandato come capo della polizia a Maricopa. Una sfida alle fake news che lo davano per morto: «A 87 anni sono vivo, forte, sano e non ho intenzione di farmi da parte». Anzi, è convinto di poter dare una mano all’amico Trump nella campagna per le elezioni di novembre che in questi giorni lo vede in difficoltà. Cosa c’è di meglio per lui, anche se ha perso male l’ultima sfida elettorale nella sua Arizona, di una rissa contro neri e messicani? Dibattito: l’appoggio a «The Donald», con l’aria che tira, finirebbe per aiutare o danneggiare il presidente che nel 2017 concesse la grazia allo sceriffo d’origini abruzzesi famoso per la brutalità nei confronti delle minoranze e proprio per questa brutalità condannato dalla magistratura? È uno dei tanti interrogativi di queste settimane, tanto più dopo le rivolte per l’assassinio razzista dell’afroamericano George Floyd. Dicono gli ultimi studi (statista.com) che ogni centomila ispanici (18% della popolazione Usa) sono in carcere in 182, ogni centomila bianchi (60%) in 187, ogni centomila indiani nativi dell’Alaska in 401, ogni centomila neri 592. Basta poco, soprattutto in certi Stati, per essere sbattuti dentro. Cosa fosse fino a pochi anni fa la «Tent City» a Phoenix, il carcere di vecchie tende della guerra di Corea mai più usate dal 1955 e circondate da una altissima barriera di filo spinato voluto da Joe Arpaio, che ridacchiò soddisfatto alla definizione di «campo di concentramento» per 1.700 detenuti, lo lasciamo spiegare a un’inchiesta del Guardian: «I detenuti condannati per reati minori dormivano sotto le tende di stoffa verde su letti a castello appollaiati su grandi lastre di cemento su ghiaia. In estate, le temperature interne potevano raggiungere i 54 gradi (…) Tutti indossavano biancheria intima rosa, sandali rosa e asciugamani rosa... Lo sceriffo diceva d’aver scelto il rosa così che i prigionieri non cercassero di rubarli». Venivano sfamati con «menu» di prodotti scaduti da 45 centesimi al giorno… D’inverno si difendevano dal freddo indossando sacchi neri della spazzatura… Ma davvero c’è chi in America vorrebbe riaprire, nel nome dell’ordine, lager disumani come quelli?