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 2020  giugno 17 Mercoledì calendario

Diario di un cacciatore di contagiati

Sembrava finita. Quei giorni di ma rzo e aprile in cui usciva di casa alle 7 di mattina e rientrava a notte fonda, dormendo una manciata di ore nella stanza più isolata della casa per proteggere la moglie e le due figlie da un’eventuale contaminazione, sperava di esserseli lasciati alle spalle. «E invece a inizio di giugno si sono accesi due focolai in città, il primo nell’Istituto di cura San Raffaele, il secondo in un palazzo occupato del quartiere Garbatella», racconta il dottor Antonio Miglietta. Di nuovo precipitato nella sfibrante caccia al killer invisibile, correndo contro il tempo. Cinquantanove anni, infettivologo, Miglietta è il capo del team di nove tracker (i tracciatori del contagio) della Asl Roma 2, la più grande d’Italia col suo milione e mezzo di cittadini assistiti. E questo è il diario delle cinque giornate – dal 10 al 15 giugno – che lo hanno visto impegnato nel contenimento dell’infezione alla Garbatella. Il modo più chiaro per spiegare come e quanto lavorano gli investigatori del virus che proteggono il Paese da un altro lockdown.
10 giugno. Nel pomeriggio Miglietta riceve la chiamata dell’operatore Ares, il 118 laziale: un bambino peruviano è risultato positivo al Covid-test effettuato all’ospedale Bambin Gesù. Il team raggiunge in fretta la struttura sanitaria per avere conferma. La notizia è vera. A questo punto i tracker sanno che è partito un cronometro, non hanno neanche bisogno di dirselo. «In media si hanno 5-6 giorni per ‘rinchiudere’ un focolaio insorgente», spiega Miglietta. «Oltre si rischia che i contagiati diventino troppi e il virus si diffonda. Se scappa via, non lo riprendi più».
11 giugno. Di prima mattina i tracker si presentano presso il palazzo occupato di Piazza Pecile, dove il bambino abita con i genitori. È come trovarsi di fronte a un enorme rompicapo, un cubo di Rubik alto sette piani dove si muovono 108 persone di 40 nuclei familiari diversi suddivisi in 80 stanze-appartamento. Quello della famiglia peruviana è al primo piano. «Col sopralluogo capiamo come è fatto l’immobile, quanti bagni hanno a disposizione, qual è il percorso comune di entrata e uscita». Intervistando i genitori del bimbo, hanno scoperto che la madre riceve spesso la visita di una signora del secondo piano. Fanno il tampone a lei e ad altri inquilini sul piano primo e secondo. «Ogni colloquio dura almeno due ore. Per prima cosa domandiamo all’intervistato se ha i sintomi del Covid-19. Nel caso della Garbatella, abbiamo chiesto se avevano avuto contatti, e per quanto tempo, con la famiglia peruviana nelle 48 ore precedenti». Lo scopo è individuare la seconda cerchia di rischio.
12 giugno. Nell’ufficio di tracciatori della Asl Roma 2 (rafforzato il 23 aprile con cinque specializzandi) arrivano i risultati dei tamponi: altre 4 persone infettate. Miglietta disegna su una lavagna lo schema del palazzo, si accorge che il virus si sposta seguendo i gradi di parentela (è infetta la cugina della madre del bimbo) e le amicizie. «Abbiamo trasferito i positivi negli alberghi Covid-dedicati per consentirgli di fare la quarantena in luoghi sicuri».
13 giugno. I tamponi indicano tre nuovi casi, subito isolati. Gli occupanti per lo più sono famiglie composte da mamma e figli, non hanno un lavoro stabile, escono di rado. Però qualcuno entra. «Abbiamo contattato i volontari delle ong che portano la spesa: indossavano la mascherina, sono risultati negativi”.
14 giugno. L’indagine epidemiologica cambia scenario, si sposta negli alberghi Covid-dedicati. «Con la collaborazione dei mediatori culturali, abbiamo ricostruito la rete delle persone transitate, anche solo per poche ore, nel palazzo». È un’operazione per cui servono doti da psicologo: non si tratta solo di cercare i numeri di telefono, ma anche di valutare se l’interlocutore stia nascondendo o dimenticando qualcosa. «Siamo come degli investigatori», osserva Miglietta. «Lo schema che seguiamo è: intervista, valutazione del rischio, isolamento, tampone».
15 giugno. Dopo turni di 12-14 ore, il team ha chiuso il cerchio. In tutto, tra occupanti ed esterni, hanno scoperto 18 positivi e li hanno messi in quarantena. Il tracciamento ha indicato il possibile “paziente zero” del palazzo: una donna amica dei peruviani ospitata una settimana prima. «Il focolaio della Garbatella è sotto controllo», chiosa Miglietta. «Se ne temo di nuovi? Potrebbero essercene. Penso che non dobbiamo abbassare la guardia, non è tempo di riprendere la movida. Noi siamo, e rimaniamo, in allerta permanente».