Corriere della Sera, 17 giugno 2020
«Sordi era mezzo matto»
Blob ha dedicato una puntata speciale realizzata da Paolo Luciani e Cristiana Turchetti ad Alberto Sordi, nel centenario della sua nascita. Blob, lo sappiamo, funziona per frammenti, accoppiamenti incongrui, nessi casuali, sconnessioni, disordini ordinati secondo gusti, passioni e aberrazioni. Come scriveva Tommaso Labranca, «Blob, senza parlare, ha codificato il trash, almeno quello televisivo (anche se una simile distinzione non ha motivo di esistere, visto che tra vita e televisione il trashista non fa alcuna differenza), soprattutto nel suo aspetto di esagerazione».
Forse, solo attraverso l’esagerazione, è possibile capire il cinema di Alberto Sordi. La vulgata, alimentata dallo stesso Sordi con quel monumentale blob di «Storia di un italiano» (e i monumenti si sa che fine rischiano di fare), vuole che l’attore sia lo specchio dell’italiano, colui che ha saputo prestare il volto all’essenza stessa degli italiani («il peggio degli italiani», secondo Pasolini).
Insomma, i pregi e i difetti, le piccole vigliaccherie come i grandi e inattesi atti di coraggio che caratterizzano la nostra storia. Ma è davvero così o è una dissimulazione onesta? Davvero Sordi è una maschera unica, tragica e grottesca, cinica e comica allo stesso tempo, in cui tutti gli italiani, specie i romani, si sono rispecchiati?
La follia rispecchia solo la follia e se dobbiamo dare retta a Rodolfo Sonego, con cui Sordi ha costituito un sodalizio lungo quasi cinquant’anni che ha prodotto, malgrado occasionali incomprensioni e «tradimenti», 53 film tra lunghi, corti, realizzati e non accreditati; ebbene Sonego diceva che «non si tiene mai abbastanza conto del fatto che Sordi fosse veramente mezzo matto». Il mosaico anamorfico restituitoci da Blob ci ha regalato sprazzi di questa furia stupenda, di questa unicità in cui è impossibile rispecchiarsi, di questo tempo distratto della frantumazione.