La Stampa, 16 giugno 2020
La tecnica del sonno polifasico
Coricarsi e svegliarsi presto, oltre a fare il pisolino. La ricetta per il giusto sonno arriva da Giuseppe Plazzi, responsabile dei Laboratori per lo studio e la cura dei disturbi del sonno dell’Università di Bologna. Lui è neurologo all’ospedale Bellaria, ma nelle sue vene scorre anche il sangue del velista. Ecco perché ha coordinato lo studio dei ricercatori Silvia Morini e Marco Filardi sulle strategie vincenti di gestione del sonno durante una regata transatlantica.
Per analizzare le tecniche di sonno-veglia degli skipper hanno focalizzato la loro attenzione su 42 dei partecipanti alla Mini Transat La Boulangère, la più affollata regata transatlantica in solitario che vede più di 80 velisti confrontarsi su 4050 miglia dalla Francia ai Caraibi. Ne hanno analizzato il cronotipo, cioè la propensione a essere più o meno attivi in un momento specifico della giornata, e l’allenamento che hanno seguito nelle settimane precedenti la gara.
«La navigazione in solitario richiede uno skipper scattante e sempre lucido, ovvero nella sua piena padronanza fisica e mentale, in grado di agire con velocità e criterio senza incorrere in errori che possono costare caro non solo al fine ultimo della gara, ma anche all’integrità della barca e alla sua incolumità - spiega Plazzi -. E’ per questo che è stato molto interessante analizzare le tecniche di maggior successo e lo sarà ancora di più quando, prossimamente, potremo monitorare il loro sonno-veglia durante la gara».
Lucidità prima di tutto. «Chi ha sulle spalle molte miglia di navigazione è maggiormente consapevole di quanto sia importante la gestione del riposo». E ad emergere dall’indagine - pubblicata sulla rivista scientifica «Nature and Science of Sleep» - è che, sebbene il 52% dei velisti scelga la «scorpacciata di sonno» nelle settimane che precedono la gara per essere il più riposati possibile al momento della partenza, ad aver maggior successo è chi opta per il sonno polifasico (il 26%) e sulla graduale diminuzione del tempo speso per dormire (il 22%).
Strategie vincenti. «Il sonno polifasico è quello di Leonardo da Vinci, che alterna brevi periodi di sonno di 3 ore durante la notte e 15 minuti di sonnellini diurni ogni 2 ore. Una strategia in grado di ottimizzare la performance perché la persona dorme poco, ma riesce a essere più lucida, incorrendo meno in colpi di sonno».
Altra scoperta è stata l’assenza di «gufi» fra gli skipper. Per una sorta di «selezione naturale» il 40% dei concorrenti può essere definita un’allodola, ovvero appartenente al cronotipo mattutino che si sveglia presto ed è più attivo nella prima parte della giornata. Il restante 60% è un colibrì, ovvero appartiene al cronotipo intermedio, senza particolari inclinazioni fra mattino o sera.
«L’assenza di gufi, ovvero di persone che sono più attive di sera, vanno a dormire tardi e fanno più fatica ad alzarsi quando suona la sveglia, dimostra quanta verità si nasconda dietro al detto "il mattino ha l’oro in bocca". La maggior parte degli sportivi di successo è infatti un’allodola, un cronotipo che accomuna il 25% della popolazione totale».
Rivincita del sonnellino. Fortunatamente, la vita di tutti giorni non è una regata transatlantica. E, anche nei casi di lavoro su turni, ci permette di fare sonni ristoratori decisamente più lunghi. Ma come si può imparare a gestire al meglio il proprio riposo? «Dormire bene è essenziale per il nostro benessere psicofisico. La privazione del sonno porta a seri problemi di salute e compromette la concentrazione, oltre ad avere un impatto negativo generale sulla qualità della vita - prosegue l’esperto -. Logicamente, il sonno polifasico, così come il "power nap", ovvero il microsonno testato in prima persona da Thomas Edison, è difficilmente applicabile alla vita quotidiana: a differenza del Giappone, qui non è ben visto schiacciare un sonnellino sul posto di lavoro. Però ci si può allenare ad abituarsi a dormire il giusto in base al proprio benessere psicofisico, tenendo un diario del sonno o anche utilizzando le app disponibili sui nostri smartphone».
« Il consiglio - aggiunge - è sicuramente di andare a letto presto e alzarsi di conseguenza presto, concedendosi durante la giornata un sonnellino ristoratore. L’importante è che non vada oltre i 15-20 minuti, in modo da essere riposati senza permettere al cervello di spegnersi completamente e, quindi, peggiorando la sensazione di stanchezza dopo il risveglio».
Ritorno alla normalità. «Questo periodo di isolamento forzato ha portato nel mondo ad un aumento dei disturbi del sonno, che hanno colpito una persona su due. Si va dal sonno bifasico o interrotto, con almeno un risveglio notturno, sino all’insonnia da ansia, passando per un più generico problema di organizzazione del sonno – spiega Plazzi –. L’assenza di ritmi e impegni regolari, come andare in ufficio, stare all’aperto e avere una socialità, ha interrotto i più classici sincronizzatori del sonno che tutti abbiamo. Siamo andati a letto più tardi, siamo stati più tempo attaccati a pc e smartphone e quindi l’alterazione è stata inevitabile».
Fortunatamente ci troviamo nella stagione migliore per riprenderci, anticipando l’orario di veglia e dei pasti per coricarsi fra le 23 e mezzanotte. «Ricordiamoci - conclude Plazzi - che tutte le volte che guardiamo il nostro cellulare nel cuore della notte la sua luce sopprime la melatonina endogena prodotta dalla nostra epifisi, ghiandola che è direttamente collegata ai fasci nervosi della retina, rallentando così il processo di addormentamento. Quindi è bene tenere il cellulare spento di notte, così come esporsi maggiormente alla luce naturale per recuperare un giusto e sano ritmo».