la Repubblica, 14 giugno 2020
Maturità, le invocazioni ai santi laici
Più di cinquecentomila ragazzi si stanno preparando ad affrontare la notte prima degli esami, quella in cui, come diceva il grande scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry, le parole svaniscono e le cose prendono forma. Spesso la forma di un incubo. Perché la Maturità è la prova delle prove, quella che per tutta la vita continuiamo a sognare di dover ripetere. Il test che misura la nostra attitudine a investire vantaggiosamente nella borsa della vita il capitale accumulato a scuola. E nessuno dica che nell’anno del coronavirus l’esame sarà parzialmente scremato, che non farà paura a nessuno, che sarà una sanatoria generale, un flop pedagogico, una Maturità liquida per una generazione talent.
Tutto falso! Perché né la commissione tutta interna (a parte il presidente), né l’eliminazione dello scritto, riusciranno a ridurre la portata emotiva, formativa di questa verifica. Che è un vero cimento generazionale. L’ultimo rito di passaggio di una società come la nostra in via di deritualizzazione. È facile parlare per quegli adulti che dall’alto della loro maturità d’annata, guardano con sufficienza quest’esame light. Forse perché gli sfugge quanto lo stato d’eccezione in cui ci ha precipitati la pandemia, abbia pesato sul morale dei ragazzi. Che comunque si sono dati da fare, hanno seguito lezioni in remoto, hanno fatto quadrare voci che arrivavano in asincrono sulle immagini, si sono divisi il computer con fratelli e genitori.
Insomma, hanno reagito al meglio. Quindi smettiamola di dire che il loro esame sarà un ope legis. Perché per loro sostenere la prova ha comunque un carico rituale, simbolico, ansiogeno pari a quello di tutti i riti di iniziazione. Aggravato dal fatto che quest’anno ciascuno sarà davvero solo, senza il conforto di compagni e amici, contro la commissione schierata al completo per pronunciare solennemente il verdetto annuale degli adulti sui giovani candidati. Che si chiamano così perché una volta gli adolescenti che si sottoponevano alle prove per ottenere un posto, una carica, un riconoscimento, erano vestiti, o dipinti, di bianco. Il più virtuale dei colori, quello che ancora usano le spose, le novizie, le debuttanti.
Ecco perché, a dispetto dell’indulgenza annunciata, la Maturità continua a turbare i sogni dei maturandi. Non a caso si sprecano preghiere e fioretti, liturgie riparatorie e scaramanzie propiziatorie. Non sapendo a che santo votarsi i nostri figli si guardano intorno e scelgono all’interno di un pantheon protettivo sempre più vasto. A cominciare dai più coltivati, che tradizionalmente vanno in pellegrinaggio a Napoli alla tomba di Virgilio e a quella attigua di Leopardi per chiedere la sospirata grazia della promozione. Scrivono le loro richieste e le lasciano su un tripode di bronzo davanti ai sepolcri dei due Sommi.
All’autore dell’Eneide si rivolgono con le parole di Dante. «Caro Virgilio tu che fosti dei poeti onore e lume, aiutami a superare il latino», domanda Francesca in un foglietto depositato questa settimana. All’autore de L’infinito, chiedono anche di più della semplice promozione, quasi una sorta di folgorazione poetica, un’estasi metrica che faccia volare pensieri e parole. Alcuni mostrano già di averla, sia pure in condivisione con Nietzsche, affidando al foglio frasi come «Dov’è andata la lacrima del mio occhio e la tenera piuma del mio cuore? O muto silenzio di quelli che fanno luce». A chi ha saputo cogliere la portata di un pensiero del genere bisognerebbe assegnare la Maturità ad honorem e, in più, regalargli un pacchetto di crediti universitari.
Ma ci sono anche quelli che sanno di non sapere e perciò si affidano ai santi tradizionali. Come Rita da Cascia, la santa delle cause impossibili e Sant’Espedito patrono delle emergenze. Ma lo specialista celeste in salvataggi in extremis, il vero sanatore di ogni debito scolastico, è san Giuseppe da Copertino, un francescano salentino vissuto nel Seicento e passato alla storia come Frate Asino a causa della sua soprannaturale difficoltà di apprendimento. Ma capace di superare ogni deficit di preparazione grazie a una scienza infusa miracolosamente dal cielo. Che è la recondita speranza di ogni maturando.
Ecco perché oltre a studiare si ricorre, come abbiamo fatto tutti, a questi rimedi rassicuranti, energetici, scaramantici. Integratori simbolici in grado di curare il mal di test. E di trasformare le sinapsi in lampi di genio capaci di folgorare i commissari.