il Giornale, 13 giugno 2020
Gigliola Curiel raccontata dal nipote
«Le donne sono migliori degli uomini, soprattutto nel lavoro, quando è più utile il coraggio morale di quello fisico». Gaetano Castellini Curiel, 51 anni appena compiuti, è il più convinto dei «femministi» senza mai cedere alla banalità del politically correct. Del resto è nipote, figlio e fratello di donne che dire speciali è poco. Infatti alla sua bellissima nonna ha dedicato un libro Gigliola Curiel Una vita nella moda (218 pagg. Le Lettere, 16,50 euro) che si legge tutto d’un fiato e che potrebbe anche essere il primo volume di una saga tipo quella dei Cazalet. L’unica differenza sta nello spessore culturale che qui è parecchio alto e spazia da Umberto Saba a Leonida Repaci, da Alfonso Gatto a Toscanini. Inoltre tutto quello che succede in questo libro è vero, compreso l’inverosimile coraggio della nonna, discendente da un’antica famiglia di ebrei sefarditi e sorella di un intellettuale comunista, che nel 1943 partorisce la figlia Raffaella nella casa di un gerarca fascista a Gardone Riviera e poi fugge a Roma per stabilirsi all’Hotel Plaza, sede delle SS nella capitale. La signora pensa giustamente che ai tedeschi non sarebbe mai venuto in mente di cercare qualcuno nascosto sotto il loro stesso naso. Può inoltre contare sulla simpatia del colonnello Dollman, traduttore di Hitler, amico di Himmler, capo dei servizi segreti nazisti in Italia, quindi informatore dell’OSS verso la fine della guerra e infine agente della CIA. La giovane donna oltre agli occhi azzurri e alle gambe da gazzella che vantano tutte le donne della famiglia, ha un talento inesauribile per il disegno e un senso pazzesco per le proporzioni. Vorrebbe aprire una sartoria come l’adorata zia Ortensia che nella Trieste austro-ungarica rischiava l’arresto perché si avvicinava troppo alle principesse asburgiche per carpire i segreti delle loro mise. Purtroppo il fratello Eugenio viene arrestato, spedito al confino nell’isola di Ventotene facendo saltare la sua fragile copertura. La donna riesce di nuovo a scappare prima a Todi e poi in Campania dove incontra l’amore della sua vita: Nino Brozzetti. Da questa grande e tormentata passione nasce Gabriella, mentre Gigliola riesce finalmente ad aprire un atelier di alta moda nella Milano post bellica. Il nome Curiel diventa così famoso che per un certo tipo di vestito che va bene sia di giorno che di sera si usa il neologismo «curiellino». La sartoria di via Borgogna a un tiro di schioppo da piazza San Babila conta nel 1952 127 lavoranti e 5 premiére. Raffaella detta Lella è l’erede predestinata del mestiere materno. Colta, raffinata, pure lei bellissima e molto volitiva, ha un occhio infallibile per lo stile e un senso del colore spiegabile solo con la sinestesia, la fusione di tutte le arti. I rapporti professionali con la madre non sono facilissimi, ma alla fine Lella supera tutte le prove giusto in tempo per farsi carico dell’azienda. Gigliola muore ad appena 49 anni nel 1969 pochi mesi dopo la nascita del nipote. Un anno dopo arriva un’altra Gigliola detta Gil, a sua volta braccio destro e a volte anche sinistro della mamma che negli anni della Milano da bere ha il barbaro coraggio di rifiutare l’aiuto di Craxi perché: «Se va bene è merito loro, se va male è colpa mia». Bloccato in Puglia dal lockdown, Gaetano conclude dicendo: «Le donne sono inarrivabili, provo un’ammirazione sconfinata per l’altra faccia della luna». C’è da credergli visto che tra le sue molte esperienze di lavoro ci sono gli anni al Comune di Milano con il sindaco Albertini prima e con Letizia Moratti poi che gli ha affidato le deleghe per la campagna di candidatura dell’Expo. Il suo primo libro pubblicato nel 2015 parla proprio di questo successo italiano, ma stavolta raccontando delle donne della sua famiglia ha dimostrato che la storia vista dalla cruna di un ago conserva tutto il respiro dell’eternità.