Corriere della Sera, 13 giugno 2020
Biografia di Simone Bonavia
Giocava già a pallone anche quand’era più piccolo del pallone stesso, Simone Bonavita, 16enne dell’Inter e primo acquisto da neo procuratore del campione Francesco Totti. Viveva attaccato al fratello maggiore Elio, lui pure inseparabile da qualsiasi cosa fosse rotonda al punto giusto da venire calciata: palloni fatti con la carta dei giornali, con le pezze, palloni leggeri e volanti da spiaggia, fino ai palloni di cuoio dei grandi. In casa, in cortile, per strada. Ovunque. Elio davanti e Simone accodato, Elio a insegnare e Simone a imparare, Elio che non voleva mai perdere e Simone idem.
C’è qualcosa di più profondo, intenso e significativo in questo successo personale di Simone, seguito dalle squadre di mezza Europa per le sue doti, ed è la storia della famiglia Bonavita. Che ha perso Elio cinque anni fa, alle 9.45 di domenica 22 marzo. Aveva 14 anni. E che da allora – viale Brianza a Monza, un automobilista che non rispetta una precedenza, un altro che per evitarlo va a schiantarsi contro una Citroën C1 – trasforma il ricordo anche nello sport. Le corse podistiche a lui intitolate. E il calcio. Quando Totti ha chiamato Corrado, il papà, per chiedere di Simone, è come se avesse telefonato all’intera famiglia. In queste settimane, la mamma Nunzia, che era alla guida di quella Citroën, sta completando la fisioterapia. Tra poco, tornerà a guidare. Il Corriere aveva incontrato Corrado all’ospedale Niguarda. Lui lì da solo, a fronteggiare la più grande delle tragedie (per Elio non c’era stato nulla da fare, troppo devastanti le ferite), a parlare con i medici di Nunzia (in coma, qualsiasi osso del corpo, qualsiasi, frantumato), e a gestire il dolore e lo smarrimento del piccolo Simone. Non poteva crollare, Corrado, certo, eppure a vederlo e ascoltarlo ci si era domandati come riuscisse. Allora chiedeva giustizia e la giustizia ha concluso il suo iter senza concedere una sola ora di galera al responsabile. Patteggiamento e tanti saluti. Nonostante gli sbagli, l’alta velocità. A duecento metri dal punto dell’impatto c’era il campo della «Dominante», la squadra di Elio. La mamma lo accompagnava alla partita. In ospedale corse tutta la società. Il papà dell’allenatore ebbe un malore. Più di un ragazzino insistette per starsene lo stesso fra i corridoi e aspettare. Casomai gli adulti s’erano sbagliati, ed Elio, quello che non mollava mai, che spronava gli altri, che s’infuriava se uno entrava in campo molle, ecco, Elio ce l’avrebbe fatta.
Dice il papà: «Non esistono risarcimenti, mai ce ne saranno, ma nessuno ci ha regalato niente. Il pallone ha aiutato tanto Simone. È nato con la testa sulle spalle, e con una forza enorme, in quella testa. A volte non so come abbia superato quel periodo... L’Inter l’ha aiutato. Tatto, sensibilità. Cose che magari la gente penserà siano stupidate, tipo fargli indossare la fascia da capitano... Invece no. Totti? Simone ha qualità, non lo dico io. Gioca a centrocampo, se vogliamo trovare un paragone, somiglia a Tonali del Brescia. Un bel mediano, che non si limita a interrompere il gioco avversario. Cosa succederà in futuro? Non ne abbiamo idea. Ci è capitata questa sorpresa in pieno lockdown, chiusi in casa. Vedremo giorno dopo giorno. Simone continua a studiare, in un istituto tecnico. Ha il permesso di uscire dieci minuti prima per mangiare subito e partire per il campo di allenamento, all’Interello, a Bruzzano. Prende due pullman per Milano. Ogni giorno. La sera, dopo il lavoro, lo aspetto alla fermata del bus. E si torna a casa. Non siamo mai soltanto lui e io. Con noi, c’è Elio. E ci mettiamo a parlare di pallone».