la Repubblica, 12 giugno 2020
Orwell secondo Gianni Clerici
Era immaginabile che Gianni Clerici, lo “scriba” del tennis, non si fermasse, che alle soglie dei novant’anni reinventasse un nuovo passo, una nuova avventura. La sua vita da scrittore si è sviluppata parallelamente a quella giornalistica con altrettanta curiosità: romanzi, poesie, scritti teatrali e ora una distopia nella quale Clerici immagina un mondo dominato dalle donne in cui i maschi (o meglio i vires), appartenenti a caste inferiori, servono come braccia per i lavori pesanti e per "impollinare” in laboratorio le Amazzoni che li dominano. Sembra una nemesi che capovolge la sottomissione creata da Margaret Atwood nel Racconto dell’Ancella, ma dietro si nasconde una fregatura, perché questo gineceo governato da robot e algoritmi non fa che ribaltare i rapporti di dominio senza eliminarli. È evidente che Clerici ha guardato ai grandi classici della fantascienza: Orwell prima di tutto, presente fin dal titolo 2084. La dittatura delle donne (Baldini+Castoldi), chiaro rimando a 1984. Come quel libro visionario e feroce, il romanzo di Clerici incarna l’incubo di una società del controllo in cui, per evitare disordini, è cancellato ogni imprevisto. Una tirannia quieta espressa bene nella contraddizione in termini della “dittatura democratica”. Che abbia sembianzefemminili poco importa, Clerici la presenta comeunacompensazione arrivata dopo secoli di dominazioni maschili.
Un regno tutto sommato pacifico, vegetariano, composto, monocorde, ma non libero, dove il potere non si esercita con la violenza ma più sottilmente facendo leva su una meritocrazia razionalista calcolata sulla base di ranking esistenziali. Insomma l’orrore travestito da giustizia. Perfino lo sport appare poco, perché Omnilandia è un contenitore di passioni fredde. Spunta il tennis, di cui Clerici è cantore indiscusso, ma è una reliquia del passato, un appunto scritto a mano trovato da Evonne in un vecchio libro della nonna: «Il tennista tedesco Karsten Braasch, numero 203 della classifica maschile, in Australia, ha battuto le sorelle Williams, Serena e Venus, rispettivamente per sei a uno e sei a due».
Nella monolitica Omnilandia, varie macchine (tra cui un Cerebrorobot che sembra un nuovo Grande Fratello) e uno stuolo di solerti controllori depurano l’esistenza dalle emozioni e la rendono innocua. Come nel Mondo Nuovo di Huxley tutto è programmato, i corpi sono retaggi animali del passato, il sesso non è contemplato, è qualcosa di primitivo superato da relazioni asettiche e disincarnate. Di quel passato in cui ci si innamorava e si soffriva, i più giovani non conservano neanche il ricordo, hanno imparato ad archiviarlo come selvaggio. Potrebbero scoprirlo nei romanzi se la lettura fosse permessa.
Ma trattandosi di Clerici non può non esserci l’ironia. Che cos’è la vita senza le avventure, le letture, l’amore, senza sbagli, senza la possibilità di scegliere? Per fortuna che anche gli ingranaggi perfetti contengono una falla, per fortuna che esiste l’errore. La storia ruota intorno a due donne, Livia, la madre pittrice appartenente alla casta privilegiata degli artisti, e la figlia Evonne, che ama la “favolistica” e guarda caso ha il nome della tennista Evonne Goolagong, la prima aborigena a vincere il torneo del Grande Slam. L’elegante ironia di Clerici è negli inciampi che si diverte aseminare quae làcon nonchalance: lagatta Gipsy che si avvinghia a un gattaccio «formando una sorta di mostruosa e impermanente congiunzione», il giovane “vir” Vijai (nome che rimanda a un altro tennista, l’indiano Vijay Amritraj) che incurante di regole e divieti dipinge di nascosto ambigui quadri leonardeschi e fa innamorare la bionda Evonne. Ecco allora che proprio il desiderio diventa il principio sovversivo sul quale si spalancherà la possibilità di una nuova era androgina (ma il finale è aperto e possiamo solo accennarlo). Il romanzo è dedicato a Oreste Del Buono. Fu Del Buono a portare Clerici alla Baldini & Castoldi, dove a metà degli anni Novanta venne pubblicata la trilogia I gesti bianchi (uscita in una nuova edizione nel 2018), tre romanzi dedicati al tennis tra Alassio, la Costa Azzurra e Londra, per i quali Del Buono parlò di «fascino fitzgeraldiano e nervosismo arbasiniano». 2084 è meno movimentato, come se le parole diventassero il correlato oggettivo di vite ridotte all’osso: dipingere i baffi di un micio mentre in tv va in onda una seduta del Parlamento Globale o raccogliere verdure nell’orto, sono gli atti quotidiani delle amazzoni eterodirette. Tutto molto tranquillo,fino a quando Evonne si innamora e allora il mondo si mette di nuovo a girare.