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 2020  giugno 11 Giovedì calendario

Una polizia parallela per Erdogan

«Quando sono a letto voglio sentire il fischio della guardia. Voglio che i miei cittadini si sentano sicuri quando stanno a casa, in pace, sapendo che c’è qualcuno che controlla le strade». Così disse Recep Tayyip Erdogan al ministro dell’Interno, Suleyman Soylu. E in Turchia ogni bisbiglio del leader diventa legge («l’ho preso come un ordine», confessa il solerte Soylu). Ecco allora che il Parlamento di Ankara discute in questi giorni – non senza contrasti, ma vanamente secondo ogni previsione – i 18 articoli di una bozza destinata a entrare in vigore: l’istituzione delle nuove guardie della sicurezza. Una terza forza civile che si aggiungerà a polizia e gendarmeria.
Si dice sempre che la Turchia sia un Paese militare. E a tutti gli effetti lo è, per mentalità generale, già a partire dalla scuola: irreggimentata, severa, ben strutturata. Da oggi, molti lo considereranno uno Stato dove la polizia ha un potere altrettanto forte. Perché il nuovo disegno di legge prevede l’assunzione di 28,500 unità, prese soprattutto sull’esempio di quelle dei villaggi (in particolare nelle zone curde), o dei vigilanti notturni nei caseggiati. O ancora, sulle guardie del fastoso palazzo presidenziale costruito da Erdogan ad Ankara. Una sorta di polizia parallela. Non pochi temono che possa diventare una specie di milizia personale del leader.
Le guardie della sicurezza potranno controllare identità (turisti compresi), possedere armi, intervenire in proteste e incidenti criminali, perquisire auto e persone, mandare i resistenti in cella. Con compiti dai poteri vaghi, quali “prevenire crimini" e “assembramenti volti a destituire l’ordine pubblico”.
Camicia beige, berretto blu da basket, bastone e pistola alla cintola, fischietto in dotazione, i nuovi guardiani, “Bekci” in turco, non necessitano dei criteri professionali richiesti agli agenti di polizia. Bastano test attitudinali, e scritti, di non particolare difficoltà, con la licenza media. La loro presenza è già realtà in parchi e centri commerciali. Un lavoro sicuro, pagato bene, considerato a livello sociale. Molti sono selezionati tra le famiglie fedeli al partito conservatore di ispirazione religiosa. «Tutti vogliono fare i Bekci – dice entusiasta uno di loro – io desideravo da sempre entrare nella polizia, ma non ce l’ho fatta. Invece adesso svolgo un lavoro per cui mi chiamano agente».
I dubbi però lievitano. Al sito Diken il deputato indipendente Cihangir Islam fa notare: «Le guardie della sicurezza diventeranno una terza forza armata, come avviene nei regimi, dove l’intelligence e l’esercito si controllano a vicenda. La loro preoccupazione non è tanto di pensare alla sicurezza dei cittadini, quanto di tenerli sotto controllo». Fa poi discutere l’idea che possano perquisire le donne. Emma Sinclair-Webb, direttore dell’Osservatorio sui diritti umani in Turchia, teme che guardie notturne, dotate di extra poteri, rischino di abusare del loro ruolo. «Potrebbero diventare – dice al quotidiano Arab News – una forza senza controllo nelle città».
Ad Ankara il Partito democratico dei popoli, filo curdo, ha catalogato gli abusi compiuti dai Bekci nei confronti dei cittadini: soprusi, torture e minacce. E un professore dell’Università Koc di Istanbul, Murat Somer, indica al quotidiano Al Monitor, specializzato in problemi del Medio Oriente, un parallelismo tra i Bekci e i Basij, la temuta milizia paramilitare istituita dall’ayatollah Khomeini che nell’Iran della rivoluzione serviva come occhio e orecchio del regime. Come in alcuni Paesi sudamericani, osserva Somer, «sono forze meno controllabili e più fedeli all’uomo al potere».
L’approvazione in Parlamento procede spedita, 7 articoli già passati, con l’appoggio che arriva al partito conservatore dagli alleati Lupi grigi nazionalisti. Come osserva il ministro Soylu, l’uomo capace di tradurre in realtà i desideri e i sogni notturni del leader, nei Paesi dell’Unione Europea gli agenti di polizia hanno una media di 1 ogni 314 cittadini. In Turchia di 1 su 211.