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 2020  giugno 11 Giovedì calendario

La maturazione del grafene

Quando, nel 2004, i fisici dell’Università di Manchester Andrej Geijm e Konstantin Novoselov per primi osservarono una molecola di grafene si resero subito conto di trovarsi di fronte a un materiale straordinario. Questa forma particolare del carbonio, dello spessore di un solo atomo è, infatti, resistente come il diamante e flessibile come la plastica, è leggerissimo e dotato di conduttività elettrica e termica. La scoperta fruttò ai due il Nobel 2010per la Fisica.
Ma non si sapeva come usarlo. Per questo nel 2013 la Commissione Europea decise di dedicare la prima delle sue “flagship” sulla ricerca, progetti decennali finanziati con un miliardo di euro, proprio al grafene. «All’epoca – dice Vincenzo Palermo, direttore della ricerca della flagship- parlavamo di una tecnologia giovane e immatura. L’estrazione dalla grafite avveniva in modo manuale, a costi altissimi. Oggi, dopo sette anni di intensa ricerca, abbiamo imparato a produrre diverse classi di materiali a base di grafene, sia in strato monoatomico che in scaglie, a costi scesi tra i 10 e i 100 euro al chilogrammo, che inziano a essere interessanti anche per lo sviluppo di prodotti industriali».
Lo scorso ottobre il “Graphene Marketplace”, un evento organizzato nella sede italiana di Tetra Pak, a Rubiera, in provincia di Modena, ha portato nel nostro Paese un saggio di queste applicazioni. Soluzioni già sul mercato o destinate a entrarvi a breve, messe a punto da aziende a vario titolo coinvolte nell’enorme progetto, sia perché membri diretti della flagship sia perché inserite in consorzi o programmi di studio finanziati nel suo ambito. Molte di queste realtà sono italiane, come attesta anche il report annuale 2019 sulla Graphene Flagship, pubblicato a fine aprile.
L’obiettivo del report e di iniziative come quella modenese è di stimolare le imprese a collaborare con la ricerca per «trovare il modo di rendere il grafene compatibile con le esigenze dell’industria», spiega Fabrizio Tubertini, tra i responsabili del trasferimento tecnologico dell’Istituto Italiano di Tecnologia e concretamente impegnato nella flagship. «L’alluminio – sottolinea Tubertini, – fu scoperto nel 1854 e per almeno 40 anni nessuno capì come utilizzarlo. Le prime applicazioni furono in monili e gioielli. Con il grafene stiamo entrando in una fase in cui le potenziali applicazioni sono sempre più numerose e fattibili, non solo in campi “ricchi” come l’aerospaziale, ma anche nel mercato consumer. Uno dei grandi pregi del grafene è il fatto di controbilanciare il costo con la capacità di conferire anche in quantità minime qualità particolari a un materiale».
Le scoperte di nuove applicazioni sono all’ordine del giorno. Uno studio condotto proprio dall’Iit con la sua spinoff BeDimensional, in collaborazione con Varta, ha dimostrato che un minimo quantitativo di grafene può accrescere del 30% la capacità di batterie al litio-silicio. Pochi giorni fa ricercatori dell’Università svedese di Umeå hanno presentato un inchiostro ad acqua a base di grafene con cui si possono produrre speciali elettrodi per supercapacitori e dispositivi per l’accumulo di energia.
Le ricadute non riguardano solo le batterie. Medica, azienda di Medolla, in provincia di Modena, ha messo a punto, con l’Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività del Cnr e con l’Università tecnologica di Chalmers, in Svezia, un materiale composito a base di ossido di grafene per la nanofiltrazione e depurazione dell’acqua contaminata da inquinanti industriali o urbani. Dispositivi simili hanno dimostrato grande efficacia nel desalinizzare l’acqua di mare, aprendo nuove opportunità per una più equa accessibilità all’acqua potabile in tutto il pianeta. La Nanesa di Arezzo, direttamente impegnata nella Flagship Grafene, ha partecipato con altri partner internazionali allo sviluppo di materiali compositi per il settore dell’auto con proprietà, come spiega il presidente Francesco Bertocchi, «di assorbimento dell’acqua, conduttività elettrica e termica, schermatura dalle interferenze elettromagnetiche e ritardanti di fiamma». In collaborazione con Elesia, azienda laziale che produce dispositivi di comando controllo per l’industria e i trasporti, Nanesa ha anche sviluppato una schiuma porosa di rame con coating in grafene che aiuta a dissipare meglio il calore nei dispositivi elettronici e a ridurne, di conseguenza, le dimensioni,
Le applicazioni future entreranno anche nelle nostre vite quotidiane. Oltre a entrare in racchette da tennis e pneumatici da bicicletta, come già avviene, il grafene consentirà di miniaturizzare sensori e interfacce in dispositivi indossabili di prossima generazione e arriverà a rivoluzionare le nostre case. 
Come preannuncia Italcementi, che nel suo I.Lab, al Kilometro Rosso di Bergamo, ha sviluppato un calcestruzzo intelligente al grafene in grado di condurre l’elettricità e di trasformarla in energia termica. Ne potrebbero nascere pareti con riscaldamento incorporato, pavimenti antistatici, schermature alle radiazioni elettromagnetiche o cementi fotocatalitici con proprietà di depurazione dell’aria.