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 2020  giugno 10 Mercoledì calendario

Periscopio

Complimenti agli astronauti che hanno lasciato la terra. Ottima scelta. Vittoria Giovannoni.
Ancora negli anni Settanta Enrico Berlinguer, contro la clamorosa evidenza dei fatti, asseriva che «il mondo capitalista è in crisi, quello socialista no». Alberto Ronchey, Il fattore R, conversazione con Pierluigi Battista. Rizzoli, 2004.

Giulio Einaudi è un presuntuoso e un comunista megalomane. Livio Garzanti, editore (Luigi Mascheroni). Il Giornale.

Un colpo al cerchio e uno alla botte. Berlusconi disorienta senza mai prendere posizione: nello stesso giorno è capace di assumere due linee politiche opposte, tanto poi ci pensa Letta a spiegarsi con gli interlocutori che contano. Francesco Verderami. Corsera.

La cattiveria è degli sciocchi, di quelli che non hanno ancora capito che non vivremo in eterno. Alda Merini, poetessa. Corsera.

E se guardassimo all’Europa come se fosse una cattedrale mai conclusa? Franco Cardini, storico. (Roberta Scorranese). Corsera.

Un caloroso augurio di pronta guarigione al premier Boris Johnson, e buona fortuna al grande popolo inglese, il primo al mondo a sperimentare l’immunità di gregge partendo dal pastore. Sebastiano Messina. La Repubblica.

L’unico messaggio vero di Mattarella in questi ultimi mesi è che, se cade Conte, non si fanno altri governi, si va subito al voto. Così si spaventano i tre quarti dei parlamentari che non saranno mai più rieletti. Facendo così, Mattarella ha donato una polizza salvavita all’indecente governo in carica e al premier che vende fumo in piena disgrazia. Marcello Veneziani. Panorama.

A Scalfari, che conosco poco, non ho risparmiato qualche punzecchiatura. Recensendo sul Giornale il suo compiaciuto La sera andavamo in Via Veneto, segnalai i continui sbagli nelle citazioni francesi. Mi scrisse piccato, con copia a Indro, che mi ero fermato alle quisquilie anziché cogliere la sua grandezza. Mario Cervi (Giancarlo Perna). Libero.

L’ultima volta che ha parlato con una suora è stata una quarantina di anni fa: per un breve periodo la madre l’aveva mandato all’asilo delle monache carmelitane scalze, in via della Lungara. Un postaccio. L’odore di brodo di pollo. E i baffi di suor Matilde, la befana sadica che costringeva un bambino cicciottello e goffo a mettersi in ginocchio sui ceci. Per questo, adesso, Gricia odia il brodo di pollo, i ceci e, naturalmente, le suore. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.

Me ne hanno dette di tutti i colori: «Non la darei neanche al mio cane», «Non sei degno di chiamarti italiano». Solo perché ho dimostrato che, per cuocere la pasta, basta portare a ebollizione l’acqua, buttarla, mescolarla, mettere il coperchio e spegnere il fuoco, risparmiando gas. Dario Bressanini, dietologo (Stefano Lorenzetto). Corsera.

Nel trasferimento da Torino a Firenze, la burocrazia piemontese teneva. Quando si trattò di trasferirla a Roma, il plenipotenziario del governo, Stefano Castagnola, tenne questo discorso ai capi di gabinetto, esterrefatti: «Lo Stato avrà bisogno di fidelizzare la popolazione romana ai ministeri. Si avvierà perciò una campagna di assunzioni in sovrannumero agli organici». I dirigenti si opposero. Funzionavano benissimo, chiamare gente inutile avrebbe rovinato la macchina pubblica. Non ci fu niente da fare. Chiare e nefaste le conseguenze. Il vizio della indolenza e dell’irresponsabilità fu iniettato da allora: per evitare il rigetto dello Stato Piemontese, si seminò, nel centro dello Stato, la gramigna dell’assistenzialismo clientelare. Renato Farina. Libero.

Gli italiani ipocondriaci indossano Locatelli e Burioni, mentre i lassisti ultimamente vestono Zangrillo. Il quale però, forse subodorando la ressa di leghisti slegati e fratelli d’Italia nell’alito affratellati, si era premurato di precisare che le mascherine vanno sempre messe e le distanze rispettate. Gli è andata ancora bene che non gli abbiano dato del venduto. Massimo Gramellini. Corsera.

I McDonald’s non piacciono neanche a noi. Gli preferiamo, anzi gli preferiremmo, se il dietologo non ci costringesse a diete spartane, una trattoria fuori porta dove, fra un piatto di bucatini all’amatriciana e un’insalatona mista, annaffiata, questa e quella, da un rosso del Piglio, trascorreremmo le nostre serate. Roberto Gervaso, Italiani pecore anarchiche. Mondadori, 2003.

Rapinose le descrizioni di Toledo da parte di Gómez de la Serna: un «Golgota», città austera annodata di vicoli, «levitica», tutta «dirupi lunari» e scuri preti di ogni clero; un «avvoltoio» aggrappato a uno sperone «di gneis, granito e rocce dell’età paleozoica». Ma pure città «che vola» tra «nubi gabbiane». Marco Cicala, Eterna Spagna. Neri Pozza, 2017.

Non c’è vita, per anormale che sia, che non abbia un suo equilibrio, e non bisogna cercare di modificarlo, perché certi difetti hanno un contrappeso in altrettante qualità. Giuseppe Prezzolini, L’italiano inutile. Rusconi libri, 1994.

Benché fossero solo le nove, qua e là i viali erano già abitati da quella genia crepuscolare e un po’ misteriosa che passa gran parte dell’esistenza sulle panchine dei parchi pubblici. Disoccupati, accattoni sgranchiti allora dal dormitorio, galantuomini in pensione, solitari di specie più indefinibile. Luigi Santucci, Il velocifero. Mondadori, 1963.

Dal paese dei balocchi. Marcello Foa, presidente Rai, 15 ottobre 2018. «Domani parteciperò a Gerusalemme alle celebrazioni per il 65esimo anniversario del ghetto di Roma»: l’anniversario era il 75esimo. Il rastrellamento della Gestapo avvenne sabato 16 ottobre 1943, riguardò 1.259 persone (207 bambini e bambine), di cui 1.023 finirono nel campo di sterminio di Auschwitz. Sopravvissero in 16. I genocidi di solito non si «celebrano». Carlo Verdelli, Roma non perdona. Feltrinelli, 2019.

Dopo la scomparsa di un parente stretto, nel Sud, nei primi tre anni nessun matrimonio era possibile. Se c’era un fidanzamento in corso con prospettive di nozze imminenti, queste vanno rimandate. Naturalmente nello stesso periodo non ci si può neppure fidanzare. Nessuna partecipazione a sposali di amici, battesimi, pranzi, cerimonie varie. A Pasqua e a Natale nessuno scambio di auguri, nessun piatto tradizionale, si mangia come se fosse un giorno feriale. Nei giorni in cui la città è parata a festa con luminarie e in giro c’è aria di sagra, si resta a casa. Gaetano Afeltra, Desiderare la donna d’altri. Bompiani, 1985.

«Se io sarei sindaco, sistemerei le buche nelle strade». «Fossi». «Sì, anche i fossi». Dal web.

Gli uomini sono buoni con i morti quasi quanto sono cattivi con i vivi. Roberto Gervaso. Il Giornale.