Il Messaggero, 10 giugno 2020
Le possibili mosse di Autostrade
La scadenza è quella di fine mese. Dal primo luglio, in assenza di novità, Autostrade per l’Italia può restituire la concessione allo Stato e, ovviamente, richiedere un indennizzo miliardario. La Convenzione siglata a suo tempo tra Aspi e Mit prevede infatti che in caso di cambiamento delle regole in corsa, come avvenuto con l’arrivo del Milleproroghe, il concessionario possa riconsegnare quanto ricevuto, ovvero la rete autostradale.
I vertici di Atlantia, controllata al 30% dalla famiglia Benetton, ritengono infatti che per la controllata Aspi a questo punto, senza la sterilizzazione dell’articolo 35 del Milleproroghe che, di fatto, impedisce alla società di finanziarsi e disciplina la revoca della concessione, la strada sia solo quella della risoluzione contrattuale della Convenzione del 2007. Se non lo facessero, è il paradosso, rischierebbero anche delle cause legali dagli investitori esteri azionisti di Autostrade, il fondo cinese Silk Road e i tedeschi di Allianz, visto che il valore dell’azienda, tra taglio del rating e incertezze sul futuro, si depaupera ogni giorno di più.
Difficile immaginare se il percorso negoziale, tutt’ora in corso, riuscirà a scongiurare lo scontro con il governo. Di certo è evidente che la soluzione è ancora lontana. Il premier Giuseppe Conte si è limitato a dire che «le proposte transattive non sono compatibili con l’interesse della collettività». Un modo per tenere aperta la trattativa. Sul tavolo il presidente del Consiglio non ha solo il piano aggiuntivo di investimenti previsto dall’azienda, ma anche il dossier dell’Avvocatura dello Stato che mette in guardia, come noto, dai rischi di un contenzioso legale infinito.
In molti, confortati da autorevoli pareri legali e di costituzionalisti, sostengono che l’indennizzo ammonti a oltre 20 miliardi, altri sostengono invece che non sia più di 7 miliardi come previsto dal Milleproroghe che, essendo una legge di primo livello, avrebbe cambiato anche la Convenzione firmata 13 anni fa e poi integrata da un atto aggiuntivo del 2013. Altri ancora ritengono che in attesa della sentenza sulle responsabilità del crollo del ponte Morandi a Genova che per essere completato nei suoi tre gradi di giudizio probabilmente avrà bisogno di anni agli azionisti di Autostrade non toccherebbe praticamente nulla. Al contenzioso amministrativo si potrebbe aggiungere, tanto per complicare il quadro, anche il giudizio della Consulta. Perché i legali di Autostrade hanno già eccepito la questione di costituzionalità dell’articolo 35 del Milleproroghe, che ha cambiato ex post un accordo firmato anni prima.
GLI SCENARI
Se l’articolo 35 dovesse essere in conflitto con la Carta costituzionale, a quel punto la rete potrebbe tornare immediatamente nelle disponibilità della concessionaria e dei suoi soci con il rischio che possa essere addebitato allo Stato anche il lucro cessante dal primo luglio in poi oltre all’indennizzo. Insomma, un labirinto da cui risulterebbe molto difficile uscire. E che mal si concilia con la volontà del governo di far ripartire le infrastrutture. Atlantia, come noto, ha messo sul piatto oltre 14 miliardi di investimenti da qui ai prossimi anni, ed è disposta anche a tagliare le tariffe e a modificare l’assetto azionario, cedendo quote azionarie. Ma prima di farlo chiede certezze sul fronte normativo, sulla sterilizzazione dell’articolo 35, sulla revoca e sopratutto sulle condizioni di mercato. A Palazzo Chigi cresce invece il timore che la corda stia per spezzarsi e che l’impasse si tramuti in rottura. Il Pd sollecita una decisione rapida per chiudere in fretta il dossier ed evitare traumi, superando il massimalismo dei 5Stelle.