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 2020  giugno 09 Martedì calendario

Oltre mille commi nel decreto Rilancio

C’è uno spettro che aleggia sullo sfondo degli Stati generali per l’economia e del prossimo decreto semplificazioni annunciati del premier Giuseppe Conte. È quello dello stesso decretone Rilancio in versione omnibus, che è stato varato dal Governo nel segno del “Rilancio” dopo la fase acuta dell’emergenza Coronavirus e che ha faticosamente cominciato la sua navigazione alla Camera, carico di migliaia di emendamenti. Il suo “corpaccione” ha già fatto sobbalzare più di un giurista e numerosi esperti delle tecniche legislative e, soprattutto, della velocizzazione delle procedure burocratiche. Tra le 110.912 parole che si rincorrono, quasi all’infinito, insinuandosi nei 1.051 commi del maxi-Dl si può trovare di tutto: abrogazioni di norme di decreti legge del filone Covid ancora in vigore, anomale “forme di intreccio” con le disposizioni di altri provvedimenti urgenti all’esame del Parlamento e quindi senza il sigillo delle Camere, la mancanza della certezza dei tempi per molti procedimenti evocati. E, soprattutto, il frequente, se non quasi sistematico, collegamento vincolante a ulteriori testi attuativi. Che riguarda addirittura un terzo, o poco meno, dei 266 articoli della manovra-anticrisi. Dalla relazione del Comitato per la legislazione emerge infatti che sono ben 75 gli articoli che prevedono provvedimenti d’attuazione, esplicitati tra le pieghe di 100 commi. Una lista lunghissima, fatta, sempre secondo il Comitato, di 103 testi per dare attuazione alle norme del decretone: 1 Dpr, 5 Dpcm, 71 decreti ministeriali e 26 atti di altra natura. A questa interminabile “coda” si aggiungono 18 “forme di coinvolgimento”, sotto forma di intese, pareri e accordi del sistema delle Conferenze (Conferenza Stato-regioni, Conferenza Stato-Città, Conferenza Unificata), 5 pareri del Garante per la Privacy e altri 2 della Conferenza nazionale dei rettori. Ma vincoli e adempimenti non si esauriscono qui: in 12 casi è prevista l’autorizzazione, o la dichiarazione di compatibilità con la disciplina degli aiuti di Stato, della Commissione europea. E la valutazione di molti esperti, così come quella del Comitato per la legislazione, suona come una sentenza: oltre che per le dimensioni, il decreto «appare anomalo», anche perché l’intera massa di tutti i decreti-legge convertiti precedentemente allo scoppio dell’epidemia prevedeva complessivamente, secondo i dati aggiornati al 7 febbraio 2020, non più di 299 provvedimenti attuativi.
Lo stesso decreto Rilancio si presenta, come rilevato da Stefano Ceccanti (Pd) nella suo parere al Comitato, con «dimensioni inedite». Le oltre 110mila parole del testo doppiano abbondantemente le 44.532 del decreto Marzo (il cosiddetto Cura Italia), con cui il Governo aveva già conseguito un record superando le 35.198 parole del Dl n.1/2012 (decreto concorrenza). E in termini di numero di articoli neanche le vecchie e complesse leggi di bilancio riescono a competere con la manovra anti-crisi del Governo: la più pesante, Finanziaria del 2007, si fermava a 217 articoli.
A dispetto degli obiettivi professati dal Governo, che con la manovra anti-crisi punta, come si legge negli atti parlamentari, ad accelerare e semplificare alcuni procedimenti amministrativi anche attraverso l’ampliamento della possibilità di presentare dichiarazioni sostitutive, la struttura del decretone appare complicata. Almeno quanto le procedure per l’erogazione degli aiuti alle imprese e dei sussidi ai lavoratori, che nel caso dei precedenti decreti Covid, primo fra tutti il Dl marzo, sono finite nel mirino di, tecnici e associazioni di categoria. Anche per questo motivo alla commissione Bilancio della Camera è arrivato l’invito del Comitato per la legislazione a evitare, o a bocciar,e emendamenti parlamentari che complichino ulteriormente anziché semplificare, a risolvere conflitti tra norme cronologicamente vicine e contraddittorie. E anche a perfezionare procedure un po’ nebulose come quella riguardante la possibilità offerta al Commissario straordinario per l’emergenza Covid di delegare sue funzioni ai presidenti delle Regioni che agiscono come subcommissari: per gli esperti di Montecitorio i casi in cui si dovrà procedere a questa delega non sono specificati in modo chiaro.