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 2020  giugno 09 Martedì calendario

Intervista alla scrittrice e biologa Barbara Kingsolver

«La Storia è fatta di cicli: dopo ogni crisi segue sempre una rinascita. Per questo ho ambientato il mio ultimo romanzo in due epoche diverse, ma altrettanto drammatiche. L’era di divisioni dopo la guerra civile. E quella contemporanea, alle soglie della presidenza Trump. Attraverso le tribolazioni di due diverse famiglie, vissute in secoli differenti nella medesima casa, racconto due mondi che si sgretolano. Ma anche come la società sa rigenerarsi ogni volta, nonostante forze profondamente conservatrici». Barbara Kingsolver, 65 anni, è la celebre scrittrice e poetessa americana autrice di romanzi come La collina delle farfalle e Un mondo altrove . Biologa di formazione, cresciuta in Congo dove con la famiglia seguì il padre medico, nel suo ultimo romanzo, Un nuovo mondo , intreccia personaggi reali, come la figura della studiosa Mary Treat, amica di Charles Darwin, a figure immaginarie: in una cornice di eventi storici, che costituiscono una sfida costante da affrontare.

L’America del 1870 e quella del 2016. Davvero trova che abbiano qualcosa in comune?
«Sono due epoche sull’orlo dell’abisso. L’America del 1870 emergeva da una guerra civile terribile. Il paese era diviso in due: proprio come ora. Dopo essersi massacrati e impoveriti a vicenda, la guerra era finita: e agli americani toccava costruire un mondo nuovo, trovare il modo di essere una sola nazione. La stessa sfida che affrontiamo noi adesso. C’è poi un’altra similitudine: la stessa attitudine predatoria nei confronti dell’ambiente. Certo, con L’origine delle specie , Charles Darwin aveva appena attribuito all’uomo un ruolo sulla Terra diverso rispetto a quello tradizionale. Ma la sua visione, e quella dei suoi seguaci, si scontrava col bigottismo di chi era convinto che il mondo fosse un dono di Dio agli uomini e tutto ci appartenesse. E ora, 150 anni dopo, ci comportiamo allo stesso modo. Saccheggiamo le risorse come se non fossimo soggetti a leggi naturali. E in questo modo stiamo cambiando il clima. Distruggendo gli oceani».
Il suo libro esce da noi in Italia in un momento particolarmente difficile per la sua America...
«Sì. E in un certo senso ha più senso oggi di quando l’ho concepito, cinque anni fa. All’epoca di problemi ambientali, economici, razziali, parlavamo come incidenti di percorso. Barack Obama era presidente e ci sentivamo sulla strada giusta. Ma percepivo il pericolo. E quando il dramma dell’America di Donald Trump ha cominciato a definirsi, ho capito di avere ragione. Non mi aspettavo certo una pandemia e quello che sta avvenendo ora: la crisi economica e sociale a cui assistiamo. Questo romanzo vuole consolare. Ci racconta come già in passato abbiamo assistito al collasso di culture e società. E siamo sempre stati in grado di costruire qualcosa di meglio».
Lei descrive anche la grande paura che abbiamo davanti ai cambiamenti. Come si trova il coraggio di ripartire?
«Quando la casa crolla, c’è chi prova a ricostruirla com’era prima. E chi, come Mary Treat, la biologa protagonista del romanzo, prova a fare qualcosa di nuovo. È la metafora di quel che accade negli Stati Uniti ora. Uomini come Trump promettono un’"America grande di nuovo" pretendendo di riportarci negli anni ’50. Un’epoca, cioè, dove le donne non se la passavano bene. E nemmeno gli afroamericani. Un tempo grande, insomma, solo per i maschi bianchi. Trump promette un ritorno al passato a una popolazione immatura che rifiuta di crescere e dunque di evolversi. Ma è già superata dalle nuove generazioni. Anche fra i repubblicani chi ha meno di trent’anni ha abbracciato il cambiamento: il matrimonio gay, per fare un esempio. I giovani sono più duttili, capaci di rinnovarsi e adattarsi a un nuovo modo di vivere. Ecco perché oggi assistiamo alle imponenti proteste contro la discriminazione razziale: chiedono nuove soluzioni a vecchi problemi».
Evoluzione, adattabilità: parla la biologa o la romanziera?
«Quando osservo i nostri comportamenti sociali, mi chiedo sempre quali siano gli adattamenti che ci hanno portato fin lì. Un esempio recente: pensiamo a come la pandemia ha già cambiato le nostre abitudini. Agli enormi sacrifici fatti per salvare le vite dei più fragili. Mi ha colpito. Avevo letto storie straordinarie di sacrifici fatti dalla gente durante la Seconda guerra mondiale. E pensavo che quei gesti straordinari non si sarebbero ripetuti, eravamo ormai troppo egoisti. Invece mi ha sorpreso vedere come ovunque nel mondo abbiamo saputo rinunciare a tanto per il bene comune. Ora dobbiamo trarne però una nuova lezione. Dobbiamo saper fare altrettanto per i nostri figli, per il pianeta, per il nostro futuro».
Ogni libro, lo ha raccontato lei in passato, nasce da una domanda che si è posta. Qual è quella a cui pensava, scrivendo "Un mondo nuovo"?
«Confesso: quella che i ragazzi sintetizzano con "WTF", "che accidenti...?". Sì, insomma, cosa sta succedendo, perché tutto ci sta sfuggendo di mano. Anche se da biologa so bene che ogni specie affronta cicli di espansione e altri di contrazione. Oggi siamo nel pieno di una contrazione: appunto la crisi economica e sociale, nella cornice della pandemia. Ma cose come queste sono già accadute in passato. L’umanità ne esce sempre rinnovata».
Cosa si aspetta dal futuro?
«Mi colpisce l’importanza che abbiamo imparato a dare alla parola essenziale. Ultimamente qui in America la usiamo molto. Parliamo, ad esempio, di lavoratori essenziali. I medici, certo ma pure coloro che hanno continuato a compiere lavori umili ma necessari con grande umiltà ed eroismo. Abbiamo imparato ad apprezzare di più il ruolo di ciascuno, la realtà che ci circonda. E la natura. Spero ne saremo ispirati e oltre a sopravvivere ci ritroveremo cambiati in meglio»
Quale domanda si sta già ponendo per il prossimo libro?
«Molte domande: lo sto già scrivendo. È un libro di poesie intitolato "Come volare in 10 mila facili lezioni" e, appunto, risponde in versi a numerosi quesiti esistenziali. Come si fa a volare? Ma anche, come si fa a divorziare? Mi interrogo su come fare molte cose inusuali. E a chiusura del libro, mi chiedo: "Come avere speranza?". Ho fatto una lista di cose da fare per restare ottimisti. Perché anche se non hai più speranza devi ugualmente alzarti la mattina e metterti le scarpe. Altrimenti l’alternativa è il disimpegno. Un crimine morale inaccettabile, perché significa voltare le spalle al futuro, nostro e degli altri».