la Repubblica, 7 giugno 2020
Aspettando i gol Petagna è social
C’è un calciatore italiano che più di ogni altro indossa lo spirito dei tempi. Il suo nome è Andrea Petagna. La sua maglia è (per ora) bianco-celeste. Il suo corpo è statuario, la sua anima dimezzata. La sua fama, di riflesso. Il 30 giugno, giorno del suo venticinquesimo compleanno, doveva passare al Napoli. Il 28, invece, l’affronterà, giocando per la Spal, se il campionato avrà retto, poi fino alla fine, retrocedendo o forse no. Ma intanto si è fatto conoscere, grazie al presupposto che conosce uno conosciuto. È un equivoco. Una mezza verità. Un’illusione proiettata sul muro che il futuro ha già abbattuto. Non importa. Non conta più quel che è, ma quel che si percepisce o si prevede. La realtà è una stazione di passaggio, a cui non si fa sosta. Il pubblico sulla banchina muove la testa, coglie un’immagine. È finita.
È cominciata, per Petagna, nelle giovanili del Milan, come molti incompreso (e occhio a Locatelli). S’affaccia in prima squadra a 18 anni, ma è bloccato dal traffico che vede andare e venire Pato e Bojan, Balotelli e Pazzini, Robinho e Niang. Emigra: 3 squadre (Sampdoria, Latina, Vicenza), 2 stagioni, 1 gol. Vorrebbe smettere. Ultima fermata: Ascoli. Riaccende la fiammella. Lo prende l’Atalanta. Lo convoca l’Under 21. Petagna segna poco (9 gol in 2 anni a Bergamo, 1 in 7 partite in azzurro), ma apre spazi, sposta aria, ha un piede curiosamente buono per la sua mole. Non solo facilita inserimenti, ma li premia. A chi gli fa notare la penuria di gol per un centravanti, risponde: “Guarda che alla mia età, anche Vieri”.
Forse ha fatto un calcolo con l’algoritmo, immaginandosi capocannoniere a 25 anni. Non accadrà. Vero: pure Vieri all’Atalanta segnò poco (7 reti), migliorò appena alla Juve (8) ma a 25 anni fu il primo italiano a vincere il trofeo Pichichi: miglior marcatore della Liga con 24 gol in 24 partite. Petagna, pur molto migliorato alla Spal, è in ritardo per il cielo e allora bisogna aiutarlo a volare. Se un imprenditore per primeggiare deve avere anche una squadra di calcio, una televisione e (ove possibile) una banca, un calciatore moderno deve avere una squadra importante, un bravo media manager, una fidanzata disinvolta e degli amici cool. Non necessariamente in quest’ordine. Petagna va al Napoli (ma non è chiaro se il Napoli andrà a lui). E parte in contropiede. La fidanzata, meglio nota come Madre Natura, lo scarica davanti alle tribune digitali rispondendo alla domanda: “Staresti con uno non famoso?” nella più raggelante delle (cattive) maniere: “Sempre stata”. Urge impennare la reputazione. Apre un ristorante a Milano con Sfera Ebbasta, il trapper in fuga dai fantasmi di Corinaldo. Ingaggia un mago dei social, uno di quelli per cui questo spazio giornalistico è un fossile. L’ultima trovata è un videomessaggio ricevuto da Dennis Rodman, l’ex cestista che avrebbe potuto restare nella storia per aver sanificato l’aria sulla traiettoria di Michael Jordan, ma ha preferito saltellare nella cronaca per gli incontri con Madonna, l’amicizia con Kim Jong Un e una triplice, acrobatica, rottura del pene. Il video è stato stravisto. Ma ancor più ha fatto discutere se fosse spontaneo o a pagamento, se Rodman sapesse chi è Petagna, o che cosa è (uomo, donna, veicolo, boccia). Significa che il centravanti ha fatto gol, da qualche parte. Di sponda. Ha capito il meccanismo del gioco, quello più grande (chi è Bugo? Uno che ha litigato con Morgan). Poi, con il tempo, può anche segnare come Vieri. O radersi come lui.