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 2020  giugno 07 Domenica calendario

Ordinare i libri, la lezione di Calasso

Non sono stati mesi incantevoli. La quarantena non ha fatto bene ai librai, ma ha consentito, a chi ne fosse provvisto, di rovistare nella propria biblioteca domestica, traendone forse qualche indicazione spirituale. Ma che cosa è una biblioteca e quale spazio i libri condividono con gli esseri umani? Se lo chiede Roberto Calasso nel suo privatissimo manuale che si apre con un’affermazione vertiginosa: dare ordine alla propria biblioteca è un compito altamente metafisico. I libri sono parte, spesso accessoria, della nostra vita, ma sono altresì una metafora di come essi si dispongono nella nostra mente prima ancora che sui nostri scaffali. Con la metafisica condividono una certa propensione all’ordine assoluto; ma è nel relativo dell’esistenza caotica che essi vivono e prolificano. Qualunque sapere contengano provoca, per il solo fatto di ergersi come una sfida all’opinione, un atto di ribellione al conformismo.
Sospetto che una tale irriverente e sediziosa constatazione abbia spinto Roberto Calasso a scrivere Come si ordina una biblioteca (edito da Adelphi). Che non è solo un trattatello di buoni consigli, elencati da un editore di talento, ma un movimento tellurico che scuote certe nostre salde convinzioni.
Imprescindibile è il racconto che egli fa della sua esperienza libresca: l’apprendistato famigliare nella biblioteca paterna, la frequentazione giovanile al Warburg Institute di Londra, l’amicizia con Bobi Bazlen, infine quell’avventura editoriale che dal 1963 si condensò nel nome Adelphi. Tutto, in questa passione totale, si connette: l’editore, il lettore, lo scrittore. Ma, alla fine, è come se egli abbia voluto restituirci l’ossessione di voler cercare nel libro la sua forma assoluta. «Se ci fu qualcuno che nel Novecento sentì come essenziale e anche ossessiva la questione dell’ordine dei libri, questi fu Aby Warburg». Egli guardò a quella imponente costruzione come a una cerimonia che credo non fosse poi così diversa dal “rituale del serpente”, l’esperienza vissuta tra gli indiani Pueblo in Nuovo Messico, e raccontata alla fine del suo soggiorno a Kreuzlingen, il luogo dove si curavano per lo più i malati di mente. E la biblioteca che egli realizzò ad Amburgo (poi trasferita a Londra) fu davvero concepita come «un nuovo e unico luogo psichico».
È chiaro che muoversi con disinvoltura tra i libri richiede virtù rabdomantiche e una capacità di affidarsi al caso. Che è più un’infrazione della necessità, che il suo opposto. Ne sapeva qualcosa Bobi Bazlen, evocato da Calasso con l’affetto che si riserva a un maestro involontario. Scopriamo che Bazlen e Warburg amavano certi “libracci” dalla mediocre tensione intellettuale, provenienti dai più diversi generi: occultismo, archeologia, astrologia, memorialistica, gialli, pornografia e parapsicologia. Una classificazione per un inferno lieve, abitato da “reietti” che difficilmente si sarebbero incontrati nei preziosi cataloghi di antiquariato.
I libri sono forme di vita, organismi palpitanti che raccontano di sé e di chi li ha raccolti. Rivelano la passione, spesso amorale, che vi è dietro, talvolta affondano nei segreti di chi li ha scelti. Parlano altresì di coloro che li hanno prodotti. La figura dell’editore è qui da Calasso appena sfiorata. Ma due stelle brillano su tutte.
All’inizio della moderna editoria c’è Aldo Manuzio, che da semplice stampatore diventa editore. Cambiando il destino del libro. Siamo all’alba del Cinquecento e lo sfondo è Venezia. Secolo e paesaggio migliori non si potrebbero dare. E poi c’è Kurt Wolff, la cui collana “Der Jüngste Tag” (Il giorno del giudizio) vide esordire scrittori come Franz Kafka, Robert Walser e Gottfried Benn. Erano libri neri, sottili, con etichette simili a quelle di quaderni scolastici. A distanza di un secolo, dice Calasso, esigono ancora di stare insieme.
Già con L’impronta dell’editore Calasso sviluppò l’idea che i grandi editori fossero personaggi stravaganti e solitari, le cui imprese avevano consentito al potere temporale e spirituale di incontrarsi, ancora una volta, senza troppo stridere. Come ordinare una biblioteca è la prosecuzione ideale di quel discorso svolto su una costellazione più ricca e su uno sfondo dove la forma è tutto. Un grande editore è fedele soltanto alla propria forma. Da essa non si allontana. Tutta la sua arte è nel sapere dire i sì giusti, ma soprattutto i no necessari. La difficile arte di uomo condannato a essere libero.