ItaliaOggi, 6 giugno 2020
Orsi & tori
Il virus può essere visto anche come la partita doppia di un bilancio societario. Stato patrimoniale attivo e passivo. Conto economico con costi e ricavi. Non vi è dubbio che nello stato patrimoniale c’è uno sbilancio enorme fra attivo e passivo. E anche il conto economico non chiude ovviamente in utile, ma ci sono molte voci di bilancio interessanti come ha dimostrato il programma «Esperienze da e per la Cina» andato in onda in simultanea (la prima volta in assoluto per due canali di Paesi diversi) su Class Cnbc e su China global television network, il canale internazionale di Cctv, la televisione dello Stato cinese. L’iniziativa, mai tentata prima, è il frutto della partnership fra Class Editori e China media group, la holding in cui la Cina ha riunito tutte le attività televisive e radiofoniche dello Stato.Andrea Cabrini e la bravissima anchor Zou Yun sono riusciti a far comprendere il bilancio attuale del virus, con interventi autorevoli, a un’audience internazionale altissima dato che a quella propria dei due canali si è sommata, con l’ibridazione del programma, quelle presenti sulla piattaforma Zoom e dei rispettivi social.
I meno e i più sono arrivati dalla voce di 21 partecipanti: da Marco Tronchetti Provera, per l’industria, a Mario Boselli per i soci della Fondazione Italia Cina, a Carlo Maria Ferro per l’Ice, a Gianluca Toniolo, capo di Lvmh travel retail, a Michele Geraci, ex viceministro del Mise e professore in Cina per parte italiana, assieme al microbiologo professor Carlo Federico Perno della Statale di Milano; e per parte cinese dall’economista John Gong di University of international business a Ren Jun di Caissa, il principale tour operator cinese, alla virologa Huachen Zhu dell’Università di Hong Kong, a Ran Zhang di WM Motor, a Jiang Xu di Bank of China, per finire a Thomas Miao di Huawei.
In sintesi, come nelle partite di un bilancio: il virus sta mutando anche in Cina, per la semplice ragione che cerca di sopravvivere nel corpo umano, ma non è per questo al momento meno pericoloso: allo stato attuale è troppo presto per capire quando diventerà innocuo; certi virus durano anche 100 anni. Il turismo: è stato il motore degli acquisti di 100 milioni di cinesi che avevano preso a viaggiare per il mondo e in particolare in Italia con lo scopo non secondario di fare spese anche importanti; per il momento c’è poca mobilità anche da provincia a provincia cinese, quindi cresceranno i consumi interni e per questo occorre che gli imprenditori italiani si attrezzino; una grande opportunità è la trasformazione in zona franca dell’Isola di Hainan: per far crescere i consumi interni, chi compra nell’isola dei miliardari cinesi non paga tasse fino a 14 mila dollari e se è stato ad Hainan può continuare a comprare tax free anche online una volta a casa; Caissa ha approfittato dell’assenza di lavoro turistico per specializzare il personale, verso viaggi spirituali, culturali e anche sportivi, tutte combinazioni utili per l’Italia. L’andamento economico della Cina: chiuderà il 2020 con il segno positivo, vuol dire che si è mangiata buona parte della crescita programmata oltre il 6% ma non va in rosso, non trema. Anche aziende italiane in Cina, come Bonfiglioli, leader nel settore dell’energia eolica e non solo, con sede anche a Shanghai, ha per esempio raggiunto nello scorso mese di aprile il record assoluto per fatturato mensile della sua storia. Un segno inequivocabile da mettere all’attivo nella partita doppia del virus.
Ma nella colonna dei più vanno inserite due voci importanti: quella del fresco ambasciatore italiano a Pechino, Luca Ferrari, che ha delineato un quadro di sostanziale convergenza fra Italia e Cina, pur nell’identità occidentale della penisola, spendendo parole positive per la globalizzazione, nella convinzione che le supply chain che ne sono derivate sono ancora efficienti e funzionali. Altrimenti l’Italia non avrebbe sottoscritto il memorandum di collaborazione per la Nuova via della Seta o Bri che dir si voglia.
Un quadro molto operativo e innovativo l’ha dipinto il presidente dell’Ice, Ferro, annunciando la nascita di sistemi digitali in grado di avere la stessa efficacia di fiere e mostre, per poi trasformarsi in piattaforme di e-commerce. Da quando Ferro ha lasciato la multinazionale StMicroelectronics ha trasferito, all’Ice, in sintonia con l’allora viceministro Geraci, in profondità il concetto di sfruttamento del digitale per la fondamentale promozione delle esportazioni italiane.
Chi ha ascoltato non può non essersi formato un mood ottimistico, avendo toccato con mano che la Cina può essere o è il punto di riferimento economico per il rilancio dell’Italia, sia in Cina che con la Cina e i cinesi in Italia. Per il che non c’è bisogno di fare abiure verso gli alleati occidentali, ma nemmeno subirne le minacce. Si prenda il caso contestatissimo del 5G. Per il presidente Donald Trump è il diavolo da cui stare lontanissimi, ora che il presidente sventola la Bibbia. Dice per la sicurezza nazionale. Piccolo dettaglio: i sistemi di Huawei formano la struttura del 4G che tutti usano, senza che per questo si consideri in pericolo la sicurezza nazionale. Il problema è un altro e lo chiarisce la mente lucidissima del professor Mario Rasetti, il guru del big data.
Alcuni mesi fa, ricorderete, Huawei aveva offerto di vendere agli Usa i suoi brevetti del 5G. In uno degli sms che ci scambiammo con il professor Rasetti, concludemmo: Huawei può permettersi una tale offerta perché ha quasi già pronto il 6G. Pochi giorni fa il professore, che ha fra i suoi allievi Alessandro Vespignani, il numero uno dei modelli matematici per la salute, mi ha mandato lo stralcio di un report riservato, che spiegava come la Cina fosse pronta o quasi per il G6. E il suo commento: «Noi lo avevamo detto e scritto».
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Il titolo di copertina di MF-Milano Finanza oggi in edicola fa una fotografia molto penetrante della realtà italiana: «Roma padrona, ma il mercato vince» perché è più veloce. Per mercato, naturalmente, si intende in primo luogo quello borsistico, che anche in Italia è in forte recupero, nonostante la crisi esistenziale che l’Italia sta vivendo. Una spiegazione del perché il mercato vince è anche per l’ottimismo che arriva dalla Cina ma anche dagli Usa, dove fra numeri impressionanti di morti per il virus, sepolture in fosse comuni, poliziotti assassini, manifestazioni di protesta che, purtroppo, allargano il contagio, elezioni presidenziali prossime, il Nasdaq continua a salire. Ma perché vince la tecnologia, Bellezza. E in Usa pensano di essere ancora i dominatori del mondo attraverso gli Ott, che hanno potuto crescere alla dimensione attuale di Amazon, di Google, di Facebook e degli altri, per la folle scelta di ben tre presidenti che hanno fatto il doppio mandato e ovviamente di Trump di non applicare più la legge antitrust, la legge fondamentale della democrazia economica.
Ma il Dipartimento di giustizia ha già aperto l’indagine per violazione della concorrenza e, soprattutto, c’è la protesta da parte gli stessi privilegiati lavoratori degli stessi Ott, per come i mitici capi di questi giganti possono usare la loro potenza a favore o contro la stessa classe politica, alterando l’opinione pubblica. Su queste colonne il professor Rasetti ha già rivelato che in rete da circa un mese le fake news hanno superato le notizie vere. Si deve quindi cantare il De profundis della democrazia? Certamente non sarà più quella che conosciamo e che arriva dai greci. Per la semplice ragione che prima un politico, un governante eletto, aveva due, tre, quattro, cinque anni per lavorare e per essere sottoposto di nuovo al giudizio degli elettori. Oggi il giudizio autentico o falso arriva a mezzo mondo dopo pochi secondi dalla pronuncia o dall’atto compiuto.
Per questo assumono rilievo alcune riflessioni che Giuseppe Sala, sindaco di Milano, ha affidato all’intervista sul Corriere della Sera ad Aldo Cazzullo: «Un tempo la sinistra era rappresentanza, la destra era appartenenza. Oggi la destra rappresenta, magari male, una parte importante della classe lavoratrice. Dobbiamo pensare come fare a rappresentarla noi. Lo spazio è enorme».
Ad assumere rilievo non è il naturale afflato di Sala verso un Pd diverso. Il rilievo è nelle parole rappresentanza e appartenenza. Due concetti chiari, ma che in politica non dovrebbero avere spazio. I politici, di destra o di sinistra, dovrebbero sempre rappresentare gli interessi di chi li vota. La parola appartenenza è negativa perché inevitabilmente esclude chi non appartiene.
Può essere legittima l’appartenenza, per esempio a una cultura complessiva di chi si sente milanese, per ciò che Milano ha sempre rappresentato per l’Italia in termini di maggior rigore, impegno costante, ricerca di valore morale nel lavoro. La comica siciliana Teresa Mannino ha rappresentato bene questa tipicità milanese recitando due scenette di arrivo all’aeroporto di Palermo e a Linate. A Palermo, a prendere chi arriva ci sono il padre la madre, la nonna i fratelli e talvolta anche la Tata; a Linate, dice la Mannino, non c’è mai nessuno, forse il fidanzato o la fidanzata, perché tutti sono a lavorare. Quindi, l’etica del lavoro o il lavoro come etica della vita.
Tutto ciò sembrerebbe essere stato messo in discussione dal virus, che ha descritto Milano e la Lombardia come una città e una regione inefficiente. Dice Sala: «Ogni giorno, anche solo esprimendo le nostre preferenze e i nostri commenti online, diventiamo dati, e continuiamo a indirizzare i sistemi economici. Paradossalmente dovremmo essere pagati per questo; TikTok sta pure cominciando a farlo... I padroni della rete diventano super distributori. È un sistema malefico: da una parte inducono i nostri desideri; dall’altra acquistano le aziende che producono gli oggetti che desideriamo; infine ce li portano a casa».
Una descrizione perfetta della realtà, profondamente accelerata dal virus. Chi quindi si limita a esaltare l’evoluzione della rete semplicemente come positiva, qualificandola come la voce da mettere all’attivo nella partita doppia del virus, commette un grave errore. L’evoluzione c’è, può essere uno straordinario strumento di progresso in tutte le scienze, perché dovunque il digitale, l’intelligenza artificiale, il big data possono far fare al mondo e agli uomini un passo avanti. Ma a una condizione fondamentale: che contemporaneamente al progresso si crei l’etica del progresso digitale. Non è accettabile, come dice Rasetti, che la maggiore domanda di robot sia per fare da badanti ai genitori e da baby-sitter ai neonati e ai bambini. Vorrebbe dire negare due valori fondamentali del genere umano.
Quindi, bene considerare positivamente l’accelerazione del processo digitale provocata dal virus, ma senza abbandonarsi a valutazioni univoche.
Perché a parte l’etica dei robot, che non debbano essere né richiesti né usati per fare da badanti o baby-sitter (anche se forse nelle Rsa sarebbero stati più efficaci di certe persone), c’è un tema fondamentale che viene finora ignorato: i posti di lavoro. Più avanza la tecnologia digitale e più posti di lavoro verranno a scomparire, prima che si generi una nuova domanda di lavoro diverso da quello attuale. Le cifre di disoccupati a causa del virus mettono già paura. Se a questi si aggiunge la disoccupazione, inevitabile in prima battuta, che sarà provocata dalla sostituzione del lavoratore umano con lavoratore digitale, le proiezioni dei senza lavoro diventano drammatiche.
Il mondo e l’Italia in particolare non possono chiudere gli occhi di fronte a questa realtà prossima. Altro che semplificazione, sburocratizzazione, fondamentali perché l’Italia non fallisca. Qui ci vuole un piano profondo, onesto, realistico di come si debba convertire il sistema di lavoro attuale. Di tutti i settori. Chi ha la capacità di vedere davanti a sé, sa che la soluzione c’è, anche se difficile da pianificare e attuare. La rivoluzione digitale ha la potenzialità di far vivere meglio l’essere umano, lasciandogli più tempo per sé e per gli altri. Le proiezioni serie esistono già, e parlano di milioni, di centinaia di milioni di posti di lavoro cancellati nell’arco di pochi anni. Occorre ragionare su questa realtà, occorre cogliere ciò che il virus ha prodotto di negativo per ragionare su come peggiore del virus sia il progresso digitale. Ci vuole un trust di cervelli che, mentre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte pensa alla semplificazione, ragioni da qui a 10-15 anni.
Circola, la fa circolare lo stesso presidente Conte, l’idea di coinvolgere il prof. Mario Draghi per il piano di rilancio. Ecco, Signor Presidente del Consiglio, ammesso che Draghi si dichiari disponibile, non venga sprecato per un piano a due tre anni. Che sia la guida per un piano che tenga conto degli effetti dell’avanzamento del digitale, dell’intelligenza artificiale, dei sistemi integrati che faranno volar via milioni di posti di lavoro. Un fenomeno che cambierà tutti i parametri della vita. Con Draghi alla guida di quella che si ama chiamare Task force, l’Italia conquisterebbe il primato nella gara a pensare come sarà il futuro.