Tuttolibri, 6 giugno 2020
Un libro sull’irrazionalità
Pensiamo di dire qualcosa di intelligente e culturalmente elevato quando stigmatizziamo «la pancia», quando ci scagliamo contro coloro che parlano «alla pancia», e in verità stiamo già cedendo a una pericolosa semplificazione della nostra natura di soggetti, che ci impedisce di comprendere davvero chi siamo, perché e come agiamo. Siamo animali razionali, secondo la famosa definizione di Aristotele. Ma questo non significa che siamo solo razionalità o che la nostra razionalità debba rimuovere o reprime tutto il resto. La filosofia, fin dalla sua origine, ha mostrato che il logos, a partire da cui si definisce, non è certo riducibile alla caricatura di una ragione che cancella una volta per tutte il mito, l’animalità, l’irrazionalità. Platone ne era ben consapevole.
Nel corso di tutta la sua storia la filosofia si è costantemente misurata con il suo altro, l’irrazionale, ridefinendo continuamente il confine tra razionale e irrazionale, e ripensando storicamente i due termini e il loro rapporto.
È su questo terreno ampio e complesso che si avventura Justin E.H. Smith con la sua monografia Irrazionalità. Il lato oscuro della ragione, che già dal titolo ci mostra come l’irrazionalità non debba essere considerata l’opposto della ragione, bensì il suo volto nascosto. La tesi del libro viene esplicitata fin dalle prime pagine, prendendo spunto dalla Dialettica dell’illuminismo di Adorno e Horkheimer ma semplificandola in un assunto generale, metastorico: l’irrazionalità è tanto potenzialmente dannosa quanto umanamente inestirpabile e gli sforzi razionali per eliminarla sono irrazionali e destinati alla sconfitta.
Il libro di Smith mette alla prova questa tesi attraverso molteplici aneddoti e riferimenti letterari, poetici, filosofici, scientifici, storici: un’analisi del limiti della logica, considerazioni sui sogni che occupano almeno un terzo della nostra vita, un’interpretazione del genio artistico, una critica durissima di Trump come sintesi perfetta dell’irrazionalità del nostro tempo, una disamina delle teorie pseudo-scientifiche, dai No Vax ai terrapiattisti.
Smith non è mai indulgente con le manifestazioni di irrazionalità, ma dopo averle criticate spesso riconosce l’impasse in cui ci si trova quando si assume il punto di vista della razionalità che non è mai davvero puramente razionale. E’ il caso della nostra «razionale» accettazione delle spiegazioni scientifiche: «La maggior parte di noi non ha alcuna familiarità con la scienza. Non abbiamo letto neppure una minima parte della letteratura scientifica rilevante, né potremmo leggerla se ci provassimo; che piaccia o meno, la nostra accettazione della spiegazione ufficiale di come funziona un’infezione e di come la vaccinazione aiuti a prevenirla senza causare altri problemi quali l’autismo o l’avvelenamento da alluminio è in sostanza una questione di fiducia nelle persone che ci appaiono affidabili perché accettiamo la loro affermazione che essi stessi hanno eseguito gli esperimenti rilevanti e compreso la letteratura pertinente».
Smith per primo riconosce che la sua tesi sull’irrazionalità non è certo originale. E in tutta onestà bisogna dire che Smith non approfondisce filosoficamente la tesi enunciata, in modo autonomo o confrontandosi con tutti quegli autori che, da Platone ai filosofi contemporanei, hanno riflettuto sul rapporto tra razionalità e irrazionalità e che vengono liquidati in poche battute. Ma probabilmente la chiave di lettura di questo libro è un’altra e se si ha la pazienza per trovarla il libro risulta godibile.
Pur presentandosi come un saggio accademico, Irrazionalità ha la forma di una meditazione libera, di un dialogo dell’autore con se stesso di cui ci rende partecipi: per questo si possono trovare considerazioni su Platone, Freud, Emily Dickinson, Trump, insieme alla confessione: «Personalmente tendo ad avere sogni affollati di immagini animate prese in prestito da Looney Tunes». La tipologia di libro emerge chiaramente alla fine, quando Smith confessa che Irrazionalità è stato scritto in un momento di profondo cambiamento personale. Irrazionalità è un diario, una confessione, un resoconto del corpo a corpo di Smith con l’irrazionalità da cui Smith non esce vincitore, ma sicuramente più consapevole. Questa consapevolezza matura nell’ultimo capitolo del libro dedicato alla morte. Ecco cosa scrive Smith: «Moriremo tutti, e quindi sappiamo che tutta l’utilità razionale che ci aspettiamo dalle nostre azioni alla fine verrà annullata, la vita stessa può facilmente apparire intrinsecamente irrazionale, e tanto più quando viene spesa in un impegno zelante per applicare la razionalità». L’esito è solo in apparenza nichilistico. Smith fa un passo ulteriore, che ha la forma di una saggezza minima, e ci fa apparire questo libro di quattrocento pagine una sorta di lungo apologo zen: «Facciamo del nostro meglio, per quanto possiamo, per imporre un po’ d’ordine scegliendo una nuova carta da parati, rispettando i giorni di festa e i giorni di digiuno, onorando gli antenati».