La Stampa, 5 giugno 2020
Intervista a Björn Ulvaeus
La videochiamata di Björn Ulvaeus arriva all’esatto scoccare dell’ora stabilita per l’appuntamento. Già sorride. «Le dispiace se dopo 28 minuti ci fermiamo? Perché mi è capitato che il collegamento si interrompesse all’improvviso dopo mezz’ora e io vorrei avere tempo per salutarci». Definizione di "iniziare bene un’intervista" (che peraltro poi durerà un’ora).
Björn Ulvaeus ha da poco 75 anni, vive come sempre a Stoccolma ed è un gigante della musica moderna: ha fondato gli Abba, ne è stato chitarrista e cantante e ha scritto insieme con Benny Andersson alcuni dei pezzi più popolari degli ultimi cinquanta anni (alla fine di questa videochiamata me ne avrà canticchiati due). E ora è stato nominato presidente del Cisac, la confederazione internazionale delle società che tutelano il diritto d’autore.
Quello che è chiamato a ricoprire è un ruolo importante in un momento difficile. Quanto ci ha pensato prima di dire sì?
«A dire il vero non pensavo che sarei mai diventato presidente di qualcosa. Mi hanno contattato un anno fa e mi sono chiesto perché mai avessero avuto un’idea così bislacca. Poi ci ho pensato un po’: in effetti ho una lunga carriera alle spalle, sono un musicista, un autore di testi e di musical per il teatro e il cinema, qualcosa dell’argomento in effetti ne so. E poi ho 75 anni, posso permettermi di combattere per quello in cui credo senza guardare in faccia a nessuno. Insomma, alla fine non mi è sembrata un’idea poi tanto stupida».
Quali sono in questo momento i problemi più gravi che gli autori devono affrontare?
«Sono di due ordini. Il primo è quello legato alla chiusura degli eventi live in tutto il mondo. Se gli artisti stanno a casa e non possono lavorare, gli autori che scrivono per loro non potranno farlo e c’è e ci sarà tanta gente che dovrà trovare altri modi per vivere. Ma esiste un problema strutturale legato al mancato riconoscimento dei diritti d’autore di chi scrive. E questo c’era già prima del Corona. Voglio lavorare passo dopo passo per capire quel che si può fare per aiutare gli autori, grazie anche alle nuove tecnologie e lo studio dei big data. E tornare a far arrivare risorse specie ai più giovani».
Risorse che a lei e Benny, da giovani non mancavano.
«Ecco (ride e sembra quella sua risata da palco al fianco di Agnetha) proprio no. Noi potevamo concentrarci per fare ogni giorno un po’ meglio del giorno prima perché il nostro lavoro era tutelato, le case discografiche pagavano e noi potevamo pensare alla musica».
Cosa direbbe al Björn ventenne se lo incontrasse oggi?
«Di assicurarsi la fetta di torta più grande! Ed è quello che consiglio ai giovani autori di oggi: cercate in tutti i modi di farvi pagare per il vostro lavoro. È per questo che ho accettato la presidenza di Cisac: voglio lavorare per loro, mettere a disposizione la mia esperienza perché il lavoro sia tutelato e promosso».
Ci sono stati dei momenti positivi in questo periodo di dolore e di forzata clausura? Che cosa ci lascia per il futuro?
«Non si può dire che ci siano state delle cose positive in assoluto, con tutto il male e il dolore che ha attraversato il mondo. Ma possiamo cogliere il buono di alcuni aspetti di questi mesi. Abbiamo vissuto più lentamente e inquinato meno il nostro pianeta. Forse le relazioni con le persone che amiamo si sono fatte più forti. Anche se per me è stata durissima non poter vedere i miei nipoti».
Pensa che la sua musica sia di conforto alle persone?
«È la cosa più bella di tutta la mia carriera. Ogni giorno ci sono persone che mi scrivono per dirmi quanto la musica degli Abba sia stata importante per loro. Per il mio compleanno mi è arrivato un video con decine di ragazzi tra i dieci e i quindici anni che mi facevano gli auguri da tutto il mondo. È stato commovente e meraviglioso».
Quando pensa che le rappresentazioni dal vivo potranno ripartire?
«È fondamentale per gli autori in tutto il mondo. Molti sostengono che i grandi eventi nelle arene non potranno ripartire prima della primavera del 2021. Mentre il modo per permettere rappresentazioni e spettacoli per audience più piccole si potrebbe trovare prima».
Lo streaming è una soluzione?
«No, lo streaming non è la risposta giusta a questo problema. Noi abbiamo bisogno del pubblico, il pubblico fa metà dello spettacolo. Il nostro modo di suonare, di rappresentare, è legato alla risposta immediata del pubblico che si ha davanti».
Quindi non vedremo una reunion degli Abba, in streaming, ognuno dal suo salotto?
«Mio Dio no! Che immagine terribile! Non succederà mai».