ItaliaOggi, 5 giugno 2020
Periscopio
Finché sulla vicenda Palamara, Csm, Anm e via dicendo, non arriva Sergio Mattarella (santo subito). Basta l’elenco di sostantivi e aggettivi: grave sconcerto, riprovazione, degenerazione, inammissibile commistione fra politici e magistrati, costume inaccettabile, affermazioni gravi e inaccettabili. Cari Zingaretti, Orlando, Giovanni Legnini eccetera, a chi pensate fossero indirizzate quelle parole? A Palamara? E basta? O anche a voi? Non è il caso, dopo tre decenni a nascondersi dietro un irrisolto senso di superiorità, intellettuale e morale, e a giocarsi le inchieste di procura per degradare l’avversario non sapendo innalzare sé, di mettersi a fare un po’ di normale, semplice, dignitosa politica, per quanto si può? Mattia Feltri. Huffington Post.
Emilio Pappagallo, il direttore di Radio Rock, commenta che chi come me neppure prima usciva mai di casa, a parte per andare in radio, ma proprio adesso che non può farlo per decreto ha una gran voglia di uscire. Massimiliano Parente. Il Giornale.
Fossi veneto mi batterei per l’autonomia; essendo piemontese, e avendo visto da vicino che cosa (non) ha fatto la Regione Piemonte in questi mesi, ne avrei il terrore. Luca Ricolfi, sociologo (Pietro Senaldi). Corsera.
Sto dall’altro lato della catena alimentare: sono uno che mangia. Specie in tempi di quarantena, servono anche quelli. Maurizio De Giovanni, scrittore napoletano (Candida Morvillo). Corsera.
Certo, per fare un buon giornalismo bisogna studiare tanto, leggere moltissimo. Ma per capire veramente bisogna anche viaggiare, non c’è dubbio. L’uno e l’altro. Alberto Ronchey, Il fattore R, conversazione con Pierluigi Battista. Rizzoli, 2004.
La Lombardia di Formigoni è descritta come il bengodi della sanità privata. Chi dice questo, come quell’ignorante di Ricciardi (il deputato M5s che ha attaccato la sanità lombarda alla Camera, ndr), ignora che il taglio fu deciso dallo Stato che, a partire dal 1992, ha ridotto i posti letto pubblici fino a scendere a 3,7 ogni mille abitanti. Sono state tagliate anche le terapie intensive. Roberto Formigoni, ex presidente della Regione Lombardia (Giuseppe Guastella). Corsera.
Il generale Pappalardo, leader dei gilet arancioni, manifestò tre anni fa a Roma con le sue brigate. Davanti a Montecitorio. Striscioni, cori, pentolacce. Quel fuoriclasse di Alessandro Di Battista li vide e pensò che fosse un sit-in grillino. Così si mise a cavalcioni sulle transenne e, con un megafono, prese ad arringare la folla. Che però, dopo qualche istante di stupore, iniziò a ondeggiare minacciosa: «Buu!». «Imbecille!». «Che fai? Provochi?». Resosi conto della situazione, Dibba, a capo chino e a passi veloci, fu costretto a rifugiarsi in Transatlantico. Fabrizio Roncone. Corsera.
Teo Teocoli. Voto 7+. A 75 anni confessa: «Alla mia età bisogna vivere di cose naturali, quindi non ho computer, niente social, il mio cellulare funziona un giorno sì e uno no. Non ho voglia di mettermi al passo con i tempi. Quando lo spettacolo va bene, torniamo in macchina mangiando un panino e siamo contenti». Ricorda Plauto: la saggezza non si acquista per l’età, ma per la capacità. Stefano Lorenzetto. Arbiter.
Piccolo, magro, colto, educato, Nardi resta un fuoriclasse della politica. Ma non pare adatto ai tempi. Non farebbe mai un tweet. La sola idea di aprire un account lo disgusta, e ha fermamente consigliato al Papa di non farlo, quando gli aveva domandato un parere. Nessuno gli ha mai chiesto un selfie perché molti italiani non hanno mai visto le facce di chi li ha governati in segreto per decenni. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.
Non è che qualche volta (quando alcuni artisti vivono così a lungo da attraversare tempi profondamente diversi tra loro) perdono magnetismo? Certo, però questo non è avvenuto, per esempio, in Matisse. Ha vissuto 85 anni da vero pittore, dal primo all’ultimo giorno. Picasso è un’altra storia. Geniale ma non è stato solo un pittore, è stato molto altro. Fulvio Caroli, storico dell’arte (Roberta Scorranese). Corsera.
Inizi di febbraio, ore 16. Ero fresco di una mail intitolata «Pensieri vagabondi» che mi aveva inviato un collega di una testata di peso, dando per scontato l’anonimato: «Il personale Rai è scadente: la gente non si sente parte di una squadra ma ciascuno è legato al tale politico, alla tale famiglia romana. L’assunzione in Rai è uno status, si sgobba quando si è precari, poi si lascia che lavorino gli altri. L’unico scopo è conquistare una posizione, un grado. Caro mio, o accetti questo stato di cose o hai chiuso prima ancora di cominciare». Carlo Verdelli, Roma non perdona. Feltrinelli, 2019.
Anche Plinio accenna all’avventura di quei soldati romani mandati da Nerone a scoprire le sorgenti del Nilo, ma i documenti che l’attestano sono andati perduti. A me sono bastati questi due spunti per allestire la storia che vede al centro la figura misteriosa di una guerriera e regina etiope, fatta prigioniera e condotta a Roma. Valerio Massimo Manfredi, scrittore (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Dopo l’esperienza di assessore leghista a Milano, Philippe Daverio si tiene lontano da ogni tentazione politica «perché – dice – si diventa poveri. Si guadagna troppo poco e non lascia tempo di fare altro». «È il contrario di ciò che pensa la gente», obietto. «Se non rubi, ti impoverisci. Io, dopo due anni che facevo l’assessore, ho dovuto chiudere per fallimento la bella galleria d’arte che avevo in Via Montenapoleone. Se volessi rifare politica, dovrei ridimensionare tutte le mie abitudini, rinunciare a dirigere Art & Dossier, alle mie consulenze ecc. Se solo lo intuisce, mia moglie (abbassa la voce) mi mena». Philippe Daverio, storico dell’arte (Giancarlo Perna). Libero.
A 18 anni mi sono operata allo stomaco, ho perso 60 chili e ho trovato il coraggio di dichiararmi alla mia migliore amica, una ragazza danese conosciuta all’accademia di shiatsu in via Settembrini. Ovviamente pensavo di essere l’unica lesbica al mondo, pensavo di essere pazza. Siamo state insieme un anno e mezzo, siamo andate a vivere a Copenaghen, dovevamo aprire un ristorante insieme. Poi lei mi ha lasciato perché si è innamorata di un uomo ed esattamente una settimana dopo mio papà è morto. Al funerale, durante il discorso in chiesa, ho detto che mi piacevano le donne. Ho scoperto che lo sapevano già tutti, papà per primo. Viviana Varese, chef del ristorante Viva, una stella Michelin dentro Eataly Smeraldo, a Milano (Alessandra Dal Monte). Corsera.
Quando ci prende il panico, la testa l’abbiamo già perduta. Roberto Gervaso. Il Giornale.