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 2020  giugno 03 Mercoledì calendario

Su "Kubrick by Kubrick" di Grégory Monro

"Io non sono Leonardo da Vinci, ma se avessimo saputo che la Gioconda sorrideva perché aveva ingannato il marito il pomeriggio, il quadro non avrebbe perso il suo mistero?”. Stanley Kubrick non ha mai amato spiegare i suoi film e ha circoscritto fino a eliminare interviste e incontri pubblici, a parte la rara eccezione di Michel Ciment, a cui fece appunto questa confidenza. Per questo ascoltare parole e pensieri attraverso la voce schietta di Kubrick, la parlata da ex ragazzo del Bronx trapiantato in Gran Bretagna, rende prezioso Kubrick by Kubrick, documentario la cui unicità arriva dall’essere costruito attorno a una serie di interviste registrate su nastro che Michel Ciment, critico cinematografico francese e direttore di Positif, ha condotto con Kubrick nel corso di 20 anni. L’autore del doc, Gregory Monro, lo accompagna a una serie di preziosi filmati d’archivio e interviste ad attori, familiari e collaboratori.

Kubrick by Kubrickinaugura il Biografilm, che da quest’anno ha una nuova direttrice, Leena Pasanenn, a cui ha passato il testimone il suo fondatore Andrea Romeo, è un Festival internazionale che si svolgerà on line e visibile da tutta Italia gratuitamente dalla piattaforma di MyMovies, dal 5 al 15 giugno.

Il film si apre con uno squarcio di 2001 Odissea nello spazio, poi un filmato d’archivio con un Kubrick giovane in smoking e sigaretta che arriva sul tappeto rosso di una première, poi seguono tanti servizi giornalistici al momento della morte, ventun anni fa (curiosità: in una celebrazione c’è una giovane Anna Galiena che ricorda come Kubrick abbia fatto “il miglior film di guerra, il miglior film storico…” e poi c’è una video intervista alla moglie Christine che ricorda il carattere schivo dell’autore).

“Tutto è iniziato ai tempi dell’arrivo in sala di 2001-Odissea nello spazio – racconta Ciment - Ero andato a Londra per l’anteprima e cercavo di avere qualche battuta in più dall’autore e mi ero messo in contatto con il suo staff. Riuscii a parlargli al telefono, soprattutto parlammo del progetto su Napoleon e di storia francese. Pochi anni dopo, quando uscì Arancia Meccanica, fui tra i pochi giornalisti chiamati a Londra per intervistarlo e parlammo di tutto, di arte, letteratura, storia. Ai tempi di Barry Lyndon divenni l’unico giornalista a cui fu concesso di incontrarlo, come accadde poi per Shining e Full Metal Jacket. Nel tempo ogni tanto mi telefonava per parlarmi e del suo Napoleon o chiedermi alcune cose. Nelle interviste era lui a fare più domande, tra noi due”.

Ci sono tante piccole grandi scoperte sul cinema di Kubrick. Ad esempio che sul set, il maniaco del controllo più famoso del cinema era sul set più aperto alle improvvisazioni di tanti altri collegi. La scena con la canzone Singin’ in the Rain di Arancia meccanica è stata inventata più o meno al momento da Malcolm McDowell, e Peter Sellers ha inventato l’idea braccio nazista del Dottor Stranamore. Girando 2001, Kubrick non riusciva a realizzare come HAL avrebbe scoperto del complotto degli astronauti per disconnetterlo: l’idea del computer capace di leggere sulle loro labbra "è venuta solo a seguito di un complicato momento in cui continuavo a rinviare le riprese di quella scena".

Sempre sul tema tortura, Shelley Duvall, raccontando aneddoti sul set di Shining, offre un’ottima spiegazione di come funzioni con gli attori il metodo Kubrick delle ripetizioni infinite delle scene. Dopo un po’ un attore moriva dentro, più o mano nei primi cinque ciak. Ma poi resuscitava  “dimenticando tutta la realtà diversa da quella che stavi facendo". Sul versante torture Steling Hayden racconta i conflitti sul set che hanno trasformato Ii Dottor Stranamore "il momento peggiore che abbia mai vissuto durante un film" e il  compositore Leonard Rosenman confessa di aver afferrato il regista per il collo dopo che lui e la sua orchestra avevano ripetuto 105 volte un brano di Barry Lyndon e quello aveva poi commentato con un pizzico di ironia che "la seconda interpretazione era perfetta".

A proposito dell’attrazione verso il lato oscuro dei personaggi, il motto di Kubrick è  "meglio regnare all’inferno che servire in paradiso". Spiega perché ha scelto Ryan O’Neal come protagonista di Barry Lyndon: "Non potevo pensare a nessun altro, a dire la verità. Ovviamente, Barry Lyndon deve essere fisicamente attraente. Non poteva essere interpretato da Al Pacino o Jack Nicholson ”. A proposito della proverbiale profondità delle ricerche, durante la preparazione per Full Metal Jacket, Kubrick racconta di aver visto oltre cento ore di filmati documentari sul Vietnam, "tra cui scene di uomini che muoiono".

Ragionando sull’arte: "Una delle cose che caratterizza alcuni dei fallimenti dell’arte del ventesimo secolo -  afferma Kubrick - è un’ossessione per l’originalità totale. Innovazione invece significa avanzare senza abbandonare la forma classica”.

Una larga parte del documentario è dedicata ad Arancia meccanica, uno dei film pià divisivi nella filmografia di Kubrick, e il regista ha la possibilità di dire la sua in maniera diretta: "Nessuno poteva credere potessi davvero essere dalla parte di Alex. È solo che nel raccontare una storia del genere, vuoi presentare Alex come si sente e come è per se stesso. Dal momento che è una storia satirica è chiaro che lui che affermi l’opposto della verità come se fosse la verità. Ma non vedo come nessuno dotato di un briciolo di intelligenza possa credere che io abbia davvero pensato che Alex fosse un eroe".