la Repubblica, 4 giugno 2020
Biografia di Sergio De Gregorio
Hanno arrestato Sergio De Gregorio, e la prima reazione è aprire le braccia: e che ci vuoi fare? Riciclaggio, estorsione, milioni che ballano: doveva succedere, anzi era già successo; nel 2007 salvo per il rotto della cuffia in Parlamento, sei anni dopo finito ai domiciliari, ma nell’ultimissima ordinanza il Pm non si è trattenuto attribuendo al soggetto «una scaltrezza davvero eccezionale». Può darsi. D’altra parte, lo stesso De Gregorio ha tentato di descriversi: «Mi sottovalutavano in tanti. Errore. Io non sono l’omino Michelin, né il puffetto grasso che ha avuto una fortuna spaziale».
Quest’ultima in realtà si conferma oggi assai relativa. Giornalista promettente e pieno di agganci non tutti limpidi, ma tali da procurargli uno scoop con Buscetta, De Gregorio ha scritto su giornali di destra e di sinistra, ha lavorato per la Rai e per Mediaset, poi si è fatto imprenditore della sua pragmatica fantasia barcamenandosi come editore, fino a scoprire in sè una spiccata vocazione politica, diciamo così. Ha quindi fondato un’autosufficiente, approssimativa entità personale dal nome “Italiani nel mondo” in cui sarebbe confluita l’essenza delle sue passioni: i viaggi, una certa vanagloria, i militari e gli affari.
E qui occorre forse ricordare che in Italia esistono da sempre personaggi attraverso i quali la Commedia – nel caso specifico di antica scuola napoletana – si incarna rivelandosi un’arte terribilmente seria. Per cui De Gregorio, con il suo ufficietto, ma soprattutto con la sua tv benedetta da un cardinale (ignaro che di lì a un paio d’anni avrebbe mandato in onda filmetti hard), insomma, alla fine degli anni 90, ma già allora con qualche creditore poco raccomandabile alle calcagne, si mise sul mercato; e allora dapprima gettò l’amo verso l’ultimo Craxi, quello di Hammamet, poi solleticò un paio di mini Dc, quindi si avvicinò a un pezzettino di Forza Italia, anche se il momento magico giunse con Tonino Di Pietro, certo non il miglior talent scout, che lo fece eleggere con l’Italia dei Valori.
Appena giunto al Senato con il centrosinistra, riuscì a diventare presidente della Commissione Difesa con i voti del centrodestra. Per poi tirarla per le lunghe offrendosi a caro prezzo (3 milioncini in comode rate, i pacchetti di banconote da 500 avvolti in fogli di giornale) a Berlusconi che tentava di dare la spallata al governo Prodi. La cosiddetta “Operazione Libertà” favorì la fase più alta e indimenticabile degli Italiani nel Mondo, sul cui poster De Gregorio volle raffigurarsi con la scritta: “Il Coraggio dei Valori”. Nel frattempo si pavoneggiava con gli Stati Maggiori, interveniva sulla politica mediorientale come sul festival della canzone napoletana, ora cercando acquirenti per l’Alitalia, ora fondi per il Ponte di Messina grazie a certi suoi amici italo- americani. Fondatore minore del Pdl, in mancanza di meglio impresse a se stesso un’accesa linea cristianista; di certo fu il primo a esibire il rosario in Parlamento, e dispiace ricordarlo proprio oggi, ma propose anche una legge per arrestare chi non esponeva il crocifisso. Che dire di più? Forse che per un po’ fece squadra con un altro suo temerario concittadino, Walter Lavitola, trasformandosi così nel Gatto e la Volpe del tardo berlusconismo. Come pure si può ricordare che di colpo volle pentirsi delle sue disinvolte giravolte e dei mercimoni perché glielo aveva chiesto in sogno il papà defunto: «Sennò mi avrebbero inseguito tutta la vita come Al Capone. Mi sono svegliato e ho chiamato il mio avvocato». Ma la sua storia un po’ buffa e un po’ desolata, evidententemente non finiva allora, e chissà cosa altro tiene in serbo.