Il Sole 24 Ore, 4 giugno 2020
Il piano di rilancio tedesco
francoforte
Il governo di grande coalizione guidato dalla cancelliera Angela Merkel si appresta a varare una delle più grandi manovre di stimolo all’economia nella storia della Germania, con una portata di interventi (una settantina quelli esaminati in un documento di 60 pagine) dalle infrastrutture al sostegno alle famiglie e agli enti locali, dall’industria dell’auto fino all’energia verde: un Konjunkturpaket che parte da 70 miliardi fino a 100 miliardi, pari al 3% del Pil. Questo maxi programma andrà ad aggiungersi – con qualche sovrapposizione per attingere a risorse stanziate ma finora inutilizzate – a tempo record al più importante intervento d’emergenza a carico dello Stato mai fatto in Germania in tempi di pace, finanziato in marzo da nuovo debito pubblico fino a 156 miliardi, con massiccio ricorso alla cassa integrazione con orario di lavoro ridotto e altri interventi sociali, all’helicopter money e a prestiti, liquidità per imprese grandi, medie, piccole e micro anche tramite KfW (453 miliardi), garanzie pubbliche (819,8 miliardi) per complessivi 1.270 miliardi, attorno al 38% del Pil. Un totale di misure della mano pubblica, per contrastare la crisi pandemica, che nelle intenzioni di Berlino può sforare al rialzo la soglia del 40% del Pil. Una forza d’urto senza eguali nell’Eurozona, a fronte di un Pil tedesco che quest’anno potrebbe contrarsi come minimo del 6%, e sul quale pesa l’incognita di una seconda ondata di contagi Covid-19 e ripristino a macchia di leopardo delle chiusure.
La GroKo Cdu-Csu Spd, che ha iniziato a lavorare sul programma di stimolo e di ricostruzione nel fine settimana della festività della Pentecoste, non è riuscita a trovare come sperato un accordo martedì ed è tornata a riunirsi ieri. Il consiglio dei ministri, dove spicca il socialdemocratico Olaf Scholz, che si è rivelato finora all’altezza della gestione della crisi ma che rappresenta un partito debole di fronte alla Cdu – che svetta nei sondaggi al 40% grazie alla fiammata di popolarità personale della cancelliera -, è andato avanti ieri fino a tarda ora.
Nonostante il programma sia stato scandito dalle tre “T” di Scholz – tempestivo, temporaneo, su target – sono stati tre nodi da sciogliere a rallentare la marcia: il tipo di aiuti all’industria dell’auto (se solo per le auto elettriche, per portarsi avanti con la lotta al cambiamento climatico, o se esteso anche a motori diesel e benzina per smaltire i magazzini dopo la frenata del lockdown); il trasferimento degli alti debiti da comuni, province e regioni allo Stato federale per aumentare la capacità di intervento a livello locale, frenata dal calo delle entrate tributarie (un vecchio progetto di Scholz da 40 miliardi pronto nel cassetto e ritirato fuori ora che lo “zero nero” e il freno al debito sono temporaneamente saltati); interventi per i nuclei familiari più deboli come i genitori single, tra i più colpiti dalla pandemia.
Il governo federale, alle prese con la peggiore crisi economica, sanitaria e sociale in tempi di pace, si è prefissato obiettivi molto ambiziosi fin dai primi giorni dell’epidemia: una crisi economica a “V” con violenta recessione nel 2020 e ripresa formidabile nel 2021. Il primo pacchetto di misure, varato in un battibaleno, è servito a tamponare l’emergenza, a garantire la migliore assistenza sanitaria (per esempio con il raddoppio dei letti in terapia intensiva e l’ampio uso dei tamponi), ad evitare la bancarotta alle piccole imprese più colpite dal lockdown, a tenere aperti tutti i canali per irrorare il Paese di liquidità. Questo secondo pacchetto mira alla ricostruzione e alla ripresa in Germania, puntando sull’industria dell’auto, sui consumi, sulle costruzioni ma fors’anche su un’economia più verde e sostenibile: il tasso di disoccupazione a maggio intanto è salito al 6,1% non rettificato dal 5,8% di aprile, con il numero dei disoccupati salito di 238.000 unità oltre quota 2,8 milioni.