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 2020  giugno 03 Mercoledì calendario

Intervista a Rafa Nadal

Oggi il re della terra compie 34 anni. Le candeline Rafa Nadal è abituato a spegnerle a Parigi, nella sala stampa del Roland Garros, il torneo dello Slam che ha vinto dodici volte, un record quasi surreale se pensiamo che Federer a Wimbledon ha vinto "solo" otto volte. Stavolta festeggerà a Manacor, in famiglia, nella sua Accademia piena di ragazzini che sperano di diventare un mito dello sport come lui. L’isolamento durante la pandemia è stato duro, «ma la vera preoccupazione - dice - è la catastrofe che ha colpito tante persone. Il tennis non è così importante». Chi ama il tennis può comunque contare su di lui: se il Roland Garros verrà recuperato a settembre, anche a porte a chiuse, Rafa ci sarà.
Nadal, nel giorno del suo 34° compleanno ci fa un bilancio della sua carriera?
«Penso che il bilancio di una carriera si deve fare una volta che è finita. Da ragazzo non mi sarei mai aspettato di raggiungere questi risultati. Sono però sicuro di una cosa: una volta che sarà finita sarò molto felice di quello che avrò fatto».
In questi giorni avrebbe dovuto essere al Roland Garros, a difendere il suo titolo. Cosa le manca di più di Parigi?
«Gareggiare. Ho una vera passione per lo sport in generale e per il tennis in particolare, quindi mi manca fare ciò che amo di più: giocare a tennis».
Cosa ha sofferto di più in questi mesi? E cosa ha apprezzato della vita in quarantena?
«Essere chiusi in un appartamento non piace a nessuno, credo… Ma ho apprezzato il tempo che ho potuto passare con mia moglie».
Ha scoperto nuovi hobby?
«No, semplicemente ho avuto più tempo per tutte le cose che di solito non riesco a fare nei tornei, tipo cucinare. Un’attività a cui mi dedico spesso a Wimbledon, perché lì affittiamo una casa».
La sua specialità?
«Pesce al forno con cipolla e patate. E qualche dolce, in particolare torte col pan spagnolo».
Quali dei 12 trionfi al Roland Garros le è più caro?
«Tutti i titoli sono importanti, soprattutto al Roland Garros. Se proprio devo scegliere prendo quelli al rientro da un infortunio. E poi l’ultimo, che è sempre speciale perché non si mai cosa ti riserva il futuro».
Crede che il torneo potrà essere recuperato tra settembre e ottobre? 
«Sì, credo che la Federazione francese voglia giocare. Non sarà il Roland Garros che conosciamo, ma se ci saranno tutte le condizioni di sicurezza, non solo per noi giocatori ma per chiunque sia coinvolto nel torneo, non avrò problemi».
Anche a porte chiuse?
«Sì, anche se non è una situazione che mi piace».
Come giudica l’idea di una stagione sulla terra rossa che in autunno comprenda anche Roma e Madrid? 
«Se ne sta parlando molto, sia Roma sia Madrid ci stanno lavorando. Purtroppo ci sono tanti fattori che ancora non possiamo controllare».
Per Roma meglio rimandare al 2021 o tentare un’edizione indoor del torneo?
«Deve essere una decisione loro. L’importante è che si giochi in sicurezza». 
Durante la fase più dura del contagio ha avuto paura?
«Non per me in particolare, ma ho sofferto per tutti quelli che sono mancati. È stato ed è ancora terribile ascoltare le notizie da tutto il mondo, Italia e Spagna poi sono state fra le più colpite. Le Baleari invece hanno avuto meno problemi di altre parti della Spagna, ma la preoccupazione c’è stata».
A Manacor sono rimasti bloccati anche i giovani della sua accademia...
«Una situazione molto difficile. In 85 non potevano tornare a casa, e con loro 70 fra allenatori e dipendenti che sono restati volontariamente. La nostra preoccupazione era di garantire la sicurezza di tutti, sono molto felice e soddisfatto che ci siamo riusciti. Ora stiamo tornando alla normalità e dico a quelli che intendono venire in estate di godersi Maiorca, un’isola straordinaria». 
Il tennis cambierà dopo la pandemia?
«Certamente sì, non sappiamo ancora come. Il presidente dell’Atp Andrea Gaudenzi ci sta lavorando ma nessuno può avere certezze. Io spero che torneremo alla vita di prima il più presto possibile». 
Questa terribile esperienza ha cambiato anche lei?
«Ci ha cambiati tutti. Ci ha fatto apprezzare tante cose a cui prima non badavamo. Il primo giorno che sono uscito mi sono goduto una passeggiata come fosse una cosa eccezionale. Prima mai avrei pensato di fare una passeggiata... Credo che dovremo riflettere molto anche sui sistemi sanitari dei nostri Paesi. Mi ha molto colpito il tremendo lavoro di medici e infermieri, delle forze dell’ordine, e il senso di responsabilità dei cittadini».
Nelle ultime settimane hanno fatto notizia le sue critiche al governo spagnolo.
«Ci tengo a precisare che non ho fatto dichiarazioni contro il governo. Non è nel mio stile, e non ho tutte le informazioni. Ho semplicemente detto, in maniera apolitica, che forse erano stati commessi degli errori, come del resto ne faccio anch’io. L’ideologia non c’entra. Ma ogni volta che parlo può capitare di essere male interpretato».
Gli atleti dovrebbero parlare solo di sport o possono esprimersi anche da cittadini?
«Possiamo parlare di tutto, certo: come cittadini. Io pago le tasse in Spagna e ho diritto di parlare, col massimo rispetto che ho per tutti e in tutte le occasioni».
Chi sono i suoi rivali più pericolosi sulla terra, a parte i soliti Djokovic e Federer?
«Sicuramente Thiem, dopo la finale del 2019 a Parigi e quella di gennaio in Australia, insieme ad altri giovani che cominciano a farsi avanti».
Quanto è importante per lei raggiungere i 20 Slam di Federer? Gliene manca solo uno.
«Di Slam vorrei vincerne ancora tanti, ma non è un ossessione. So che devo dare tutto, poi comunque vada sarò felice».
Che cosa pensa di Matteo Berrettini e Jannik Sinner?
«Ho visto giocare Sinner e mi sono allenato con lui in Australia: può diventare molto forte e ha un team molto professionale che lavora per lui, è importante. Mi aspetto grandi cose da lui, ma va lasciato tranquillo. Berrettini ha dimostrato di essere un grande giocatore, con la semifinale a New York e le Atp Finals. Mi piace il suo atteggiamento, in campo e fuori».