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 2020  giugno 03 Mercoledì calendario

Intervista a Stefano Fresi

Ogni giorno il romano Stefano Fresi, 45 anni, dopo aver aiutato il figlio a seguire le lezioni on line, lascia la sua casa nel verde di Montecaminetto (frazione di Sacrofano) e raggiunge uno studio di doppiaggio sulla via Flaminia per completare l’edizione di The Land of Dreams, il musical da lui interpretato e diretto da Nicola Abbatangelo. 
La pandemia ha rimandato l’uscita di altri due film dell’attore e musicista (Il Regno di Francesco Fanuele e Il grande passo di Antonio Padovan in cui fa il fratello di Giuseppe Battiston) e la tournée teatrale di Don Chisciotte. E altri progetti sono in stand by. 
Com’è stata la sua quarantena? 
«Negli ultimi due anni sono stato sempre in giro con i film e lo spettacolo, lontano dalla mia compagna e da mio figlio, pagando il mutuo di una casa in cui ho dormito in tutto un paio di mesi. Mi mancava la dimensione domestica e l’ho recuperata. Ma non ho mai smesso di preoccuparmi per i lavoratori dello spettacolo, messi in ginocchio dalla pandemia. I nomi noti non hanno forse sentito l’emergenza, ma tanti tecnici e artigiani sono rimasti senza lavoro. Il nostro settore ripartirà per ultimo». 
Come mai ha scelto di vivere lontano dalla città? 
«Sono nato e cresciuto a Centocelle. Ho passato qualche anno a Tivoli poi a 25 sono tornato a Roma. Ma negli ultimi tempi ho scelto di vivere in campagna per avere aria buona, la natura, la libertà di suonare il sax all’alba senza dover rispettare gli orari condominiali. E un orto a cui attingere per mangiare sano». 
È sempre vegano crudista? 
«Ma no, quella fase alimentare ha riguardato un periodo limitato della mia vita. Si è trattato di un estremismo che non rinnego, ma oggi una bistecca me la mangio». 
I romani, secondo lei, si sono comportati bene durante il lockdown? 
«Direi proprio di sì. Dalle terrazze molti hanno cantato, rimanendo chiusi in casa. La città ha rispettato le regole, come il resto d’Italia. Ha dirazzato solo una minoranza, mentre la maggioranza ha dato prova di grande senso civico rispettando le regole». 
Pensa che lo choc del coronavirus possa aiutare la città a risollevarsi?
«I problemi di Roma vengono da molto lontano, da anni di malgoverno e ruberie. Ce ne vorranno altrettanti perché la Capitale possa rimettersi in sesto. È la città più bella del mondo ma i trasporti sono al 30 per cento, i rifiuti traboccano per non parlare delle altre magagne... Amministrarla è molto difficile, ma per vedere dei risultati dovremo avere una grande pazienza». 
Che ruolo interpreta in The Land of Dreams? 
«Sono Carl, un italo-americano che in pieno proibizionismo crea a New York un locale chiamato Chu-chu Train in cui si fa jazz. Mi sono molto divertito, ho suonato e cantato e per un attimo ho temuto che mi obbligassero a ballare. Ma il rischio è stato sventato, hanno ballato gli altri». 
Tre mesi fa sull’autostrada A25, rientrando a Roma, un sasso scagliato da un cavalcavia ha frantumato il parabrezza dell’auto in cui viaggiava con Alessandro Benvenuti. Che strascichi ha lasciato quell’episodio? 
«Per fortuna non ci siamo fatti male, ma dopo la paura iniziale mi è venuta una grande tristezza per il vuoto e la disumanità che hanno originato quel gesto. Avrei voluto incontrare il ragazzo che ha tirato il sasso e, anziché prenderlo a schiaffi, gli avrei spiegato che il divertimento, e la vita, sono un’altra cosa».