Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  giugno 02 Martedì calendario

Intervista a Bob Sinclair

Nemo propheta in patria. Vale pure per il dj-produttore più famoso al mondo. Bob Sinclar è miliardario, di bell’aspetto, fisico tonico. Un cinquantenne che mixa e inventa musica per incessanti global-party. Uno lo immagina sempre circondato da pupe da schianto e tentazioni assortite. Invece niente, pure il salutista della console è stato bollato come “noioso” dalla moglie Ingrid Aleman, sangue siciliano, che un paio di anni fa si è stufata di quest’uomo che si trascinava fino al divano e non gli andava mai di uscire.
Sinclar, la sua vita è davvero così noiosa?
La mia vita è fantastica (ride). In questi 55 giorni di lockdown in Francia ho fatto dirette ogni pomeriggio sui social. Un’ora di musica di volta in volta diversa: le mie radici, dal soul alla house alla disco. Centinaia di milioni di visualizzazioni, con le persone che mi hanno ringraziato per aver alleviato la quarantena. Se ho una missione su questo pianeta, è trasformare la mia creatività in felicità altrui. Sono in tour da quando avevo 25 anni, mi sono ritrovato blindato come tutta Parigi. Meglio pompare suoni che cucinare troppo.
E poi lei è uno sportivo. Un campione mancato.
Da ragazzo speravo di diventare un big del tennis. Ammiravo Panatta, e oggi Cecchinato. Il mio mito è Federer, lo svizzero che sembra italiano. Mi dicono che io somigli a Totti. Ma quanto a tocco di palla, faccio schifo.
Una strada l’ha comunque trovata. Il nuovo singolo, “I’m on my way”, frutto della collaborazione con il giamaicano Omi, sarà l’inno di questa strana estate. Come lavorerà evitando assembramenti?
Vediamo. Dicono che qui in Francia il virus stia morendo. Domani riaprono i ristoranti, e dopo i cinema e i teatri. Perché i club dovrebbero restare chiusi? La gente ha voglia di ballare. Certo, non credo di poter operare a Ibiza come gli altri anni. Però ho in agenda Gallipoli, Riccione. Non tutto resterà fermo, neppure da voi. Quanto al brano, non è concepito per far sballare folle oceaniche.
No?
È un gospel. Per ogni fede. Da cantare in chiesa, in sinagoga, in moschea. Le parole invitano all’unità. È questo il nostro vero potere. Non il creare disordini senza scopo.
Trova che la situazione in America stia sfuggendo di mano?
A che serve saccheggiare negozi? Se la tua risposta è la violenza hai perso. Un poliziotto ha ucciso un uomo? Lo spedisci in galera per vent’anni. Il problema è suo.
Suonerebbe per Trump?
Non mi inviterebbe! Ma non lo farei, a meno che Trump non organizzasse un evento di beneficenza, magari per i diritti dei neri. Detto questo, se lo hanno votato, lo lascino lavorare, poi magari tra due anni lo cacciano democraticamente.
Invece, per Sarkozy accettò. Lei, Bob, nel 2006 fu il cerimoniere del trionfo in Place de la Concorde. La Bruni danzò?
Carlà mancò l’evento: Nicolas stava ancora con Cècilia. Io ero sul palco, certo. Se il tuo presidente ti chiama, e il Paese ripone grandi aspettative su lui, perché rifiutare? Sarkozy fu sfortunato, era duro reggere il timone dopo la crisi dei subprime del 2009. Anche Macron ora paga le scelte folli del governo sulla pandemia.
Deve il nome d’arte a un personaggio di Belmondo.
Vado due volte l’anno a pranzo con Jean-Paul. Mi racconta aneddoti dei film. È paralizzato da un lato del corpo, ma è lucidissimo.
Gli anziani hanno paura di essere rifiutati dalla società, io sono onorato di parlare con lui.
Come è nato il connubio con la Carrà?
Avevo scoperto la versione originale di Far l’amore, l’avevo campionata per i dj-set. Non sapevo chi fosse. Un mio collega italiano mi rimproverò: ‘Sei pazzo? Qui è un’icona!’. Così progettai di reincidere il brano con Raffaella, che mi accolse stupita: ‘Perché io? Non faccio nulla da dieci anni!’. Donna incredibile e genuina. Quando ho visto la sequenza iniziale de La Grande Bellezza mi sono sentito fiero. Ho ripensato alla Dolce Vita. Sorrentino mi ha fatto capire meglio il mio lavoro: quella scena era un ponte fra due generazioni, e la mia musica le aveva saldate.