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 2020  giugno 02 Martedì calendario

Pechino usa l’arma della soia

Sembrava uno dei pochi punti di intesa in grado di reggere, in un rapporto sempre più deteriorato. Ma ora anche l’accordo commerciale tra Cina e Stati Uniti, siglato tra mille difficoltà a gennaio, mostra delle crepe. Secondo Bloomberg e Reuters, che citano fonti a conoscenza della situazione, il governo di Pechino avrebbe ordinato ad alcuni dei colossi agricoli di Stato di bloccare l’acquisto di prodotti americani, a cominciare da soia e carne di maiale, due delle partite più ricche dell’intesa. La mossa, secondo le stesse fonti, sarebbe una reazione alle sanzioni annunciate da Donald Trump per la stretta cinese sulla provincia autonoma di Hong Kong, a cui Pechino vuole imporre una nuova legge sulla sicurezza nazionale. Venerdì scorso il presidente americano ha detto che avvierà l’iter per cancellare lo status privilegiato garantito all’ex colonia britannica e per sanzionare i funzionari comunisti responsabili della stretta, pur senza entrare nello specifico di modi e tempi. Nell’attesa di capire le sue intenzioni, le autorità cinesi avrebbero sospeso alcuni acquisti di prodotti americani. Per il momento né da Washington né da Pechino sono arrivate dichiarazioni ufficiali.
Firmando l’accordo commerciale “fase uno”, in cambio dello stop all’escalation di dazi scatenata da Trump, la Cina si è impegnata ad importare nell’arco di due anni 200 miliardi di dollari extra di prodotti made in Usa. Nel pacchetto di acquisti, i beni agricoli rappresentano una delle voci più ricche. E anche una delle più sensibili per il presidente americano in cerca di rielezione, visto che beneficiano gli Stati agricoli della federazione, roccaforte del suo consenso elettorale. La tabella di marcia originaria prevedeva per il solo 2020 flussi per 36,5 miliardi di dollari, ma a causa della pandemia, che ha bloccato il commercio globale, nei primi tre mesi dell’anno Pechino ne ha acquistati per poco più di 3 miliardi. Nelle ultime settimane però la Cina aveva incrementato il ritmo, con ordinativi record di soia, olio di soia e etanolo. Nonostante il botta e risposta sempre più feroce sulle origini del virus, l’8 maggio i capi negoziatori delle due superpotenze, il vicepremier cinese Liu He e il rappresentante Usa per il commercio Robert Lighthizer, avevano ribadito in una telefonata l’impegno a rispettare l’accordo. Anche se poco dopo Trump aveva dichiarato di dover ancora decidere.
Secondo le fonti anonime l’ultimo sviluppo sarebbe un effetto delle tensioni seguite all’annuncio cinese di una nuova legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong, che la leadership comunista vuole approvare bypassando le autorità locali. Venerdì, in un discorso di condanna molto duro, Trump ha minacciato ritorsioni, anche se la mancanza di dettagli aveva tranquillizzato i mercati. Secondo Bloomberg però i due colossi agricoli di Stato cinesi Cofco e Sinograin, che nelle ore precedenti si erano informati con i venditori americani sul prezzo di 20, 30 cargo di soia, avrebbero poi deciso, su istruzione del governo, di non procedere con l’acquisto. Reuters aggiunge che sarebbe stato cancellato anche un ordine di 20mila tonnellate di carne di maiale, e che le autorità cinesi sarebbero pronte a estendere il blocco se Washington procedesse con le sanzioni. Proseguono invece gli acquisti dei privati cinesi.
Pechino, per cui Hong Kong è una questione interna, ha minacciato contromisure in caso di ingerenze straniere. E le ritorsioni commerciali sono un classico del suo arsenale. Il mese scorso per esempio ha limitato l’importazione di carne australiana e imposto dazi dell’80% sull’orzo, dopo che Canberra si è fatta promotrice di un’inchiesta internazionale sulle origini del virus. Allo stesso tempo, non sembra interesse di Pechino tornare a infiammare la guerra commerciale con Trump, nel momento in cui l’economia cinese prova a riprendersi dai lunghi mesi di quarantena. Se confermata, la sospensione degli acquisti andrebbe letta più come un avvertimento che come una rottura, ma potrebbe comunque bastare per convincere Trump a dichiarare decaduto l’accordo commerciale. Il calcolo per lui è elettorale: rilanciare l’assalto commerciale contro Xi potrebbe valere più voti degli acquisiti cinesi di soia.