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 2020  giugno 02 Martedì calendario

La crisi televisiva tra Algeria e Francia

Ma quale rivoluzione per le libertà: solo i vizi dei soliti ragazzi tutti sesso&alcol. Ma quale libertà d’espressione: solo i vecchi vizi di voi ex colonialisti. Nella pandemia che avvolge ogni guerra fredda o rivolta calda del momento, è passata quasi sotto silenzio la piccola crisi diplomatica de-covizzata e dal sapore antico scoppiata fra l’Algeria e la Francia. Tutta colpa d’ «Algerie mon amour», uno speciale trasmesso qualche sera fa da France 5: volendo raccontare la protesta d’Al Hirak, il movimento che da un anno e mezzo riempie le strade d’Algeri, il documentario è riuscito solo a descriverne il desiderio giovanile per avere più sesso libero e meno divieti alcolici. Facendo arrabbiare la piazza e scuotendo il governo algerino, che ha richiamato in patria il suo ambasciatore. È un già visto, il copione dei media che offendono un Paese e provocano reazioni indignate (ricordate la «satira» del pizzaiolo italiano che scatarrava e infettava i clienti francesi?). Stavolta però la trama è più insidiosa e profonda: l’ex colonia è l’antico pied-à-terre che oggi consente a quasi 5 milioni d’algerini di vivere in Francia, spesso scatenando le rivolte delle banlieue. E dopo 58 anni d’indipendenza, la Battaglia di Algeri non è in realtà mai finita: che rabbia a dicembre, quando il gelido governo di Parigi s’era limitato a «prendere atto» dell’elezione del nuovo presidente, Tebboune. Se l’Algeria è per la Francia un problema di sicurezza, la Francia è per l’Algeria un problema politico. E forse anche psicanalitico: dietro quel docufilm irridente, accusa Algeri, c’è l’avvertimento del vecchio padrone. La buona notizia per l’Italia – se mai sapessimo avvantaggiarcene come di solito ne approfittano gli altri – è che assieme ai francesi siamo noi, i partner economici preferiti. Ma questo è un altro film. E l’esperienza insegna che in gran parte del Nord Africa noi si sta come al cinema: al buio.