Il Sole 24 Ore, 2 giugno 2020
Il grande falò delle aste immobiliari
Un gigantesco falò. Che nel solo 2019 ha bruciato in Italia 3,4 miliardi di euro di ricchezza. Le aste immobiliari in Italia questo sono: un immenso e farraginoso meccanismo di distruzione del valore. Sono un po’ migliorate negli ultimi anni, così almeno testimoniano vari addetti ai lavori, ma i numeri del 2019 dimostrano che non basta. Anche perché questi dati, raccolti da Reviva (una start-up nata nel 2017 per vivacizzare le aste immobiliari), hanno una precisione pari al 99,39%. Sono insomma i dati effettivi del 2019, raccolti dal Portale delle Vendite Pubbliche. Non stime o proiezioni. Sono la realtà dei fatti.
E si tratta di una realtà per nulla confortante: le aste immobiliari sono ancora un problema in Italia. Lo sono per le banche, perché le forti svalutazioni degli immobili non consentono loro di recuperare in maniera soddisfacente i mutui (ormai in sofferenza) che avevano concesso. Ma sono un danno anche per i proprietari delle case: se un immobile si svaluta troppo e viene venduto in asta a un prezzo inferiore rispetto al valore del mutuo che il proprietario deve ancora pagare alla banca, quest’ultimo resta infatti debitore per la parte residua. Aste troppo ribassate sono dunque una beffa non solo per le banche ma anche per i proprietari: perché perdono la casa, ma non estinguono il loro debito.
Il falò del 2019
I dati – secondo la ricerca «Scenario aste 2019» – parlano da soli. All’incanto sono finiti in totale 160.594 immobili (il 55,6% dei quali residenziali), generando complessivamente 254.649 aste nell’arco dell’anno. Questo significa che ogni lotto è andato all’asta mediamente 1,58 volte. O, per dirla in altro modo, significa che il 59% degli immobili ci è finito una sola volta nel 2019. «Questo può essere comprensibile per gli immobili finiti in asta nella parte finale dell’anno o per quelli che sono stati aggiudicati – osserva Giulio Licenza, co-fondatore di Reviva insieme a Ivano De Natale -. Ma in generale il dato dimostra che i Tribunali sono lenti e hanno un approccio ancora troppo burocratico». Anche perché la tecnologia qui non è ancora davvero arrivata: le aste che nel 2019 hanno previsto la partecipazione telematica sono state infatti appena il 39%, di cui 26% in modalità mista telematica e analogica.
Questa inefficienza, che dilata i tempi a dismisura, ha un impatto significativo sul prezzo di aggiudicazione finale. I 160mila immobili che sono passati in asta nel 2019 avevano – secondo la ricerca – un valore minimo di 18 miliardi di euro. Alla fine quelli passati in asta più di una volta hanno registrato una perdita di valore complessiva di 3,4 miliardi. Penalizzando – è giusto ribadirlo – anche i proprietari: è vero che l’inefficienza delle aste permette loro di stare in casa più a lungo (questo è positivo per loro), ma è anche vero che la svalutazione dell’immobile spesso non permette loro di estinguere il debito con la banca neppure dopo la vendita.
I nodi del 2020
Il problema ancora maggiore arriva però nel 2020, dato che dal 9 marzo all’11 maggio i Tribunali sono rimasti chiusi per il coronavirus. Secondo i dati di Reviva, 30.815 aste sono quindi rimaste sospese. Ora stanno riprendendo (eccezion fatta per le prime case che sono state esentate dalle aste dal Decreto Cura Italia), ma ogni Tribunale si muove in ordine sparso. In generale – secondo Licenza – la macchina si rimetterà davvero in moto solo da settembre. Con un’ulteriore dilatazione dei tempi e – forse – un colpo ancora peggiore ai prezzi. Il rischio è che il falò delle aste immobiliari finisca per bruciare ancora più valore.