La Stampa, 1 giugno 2020
Quando i Savoia potevano diventare sovrani del Madagascar
Questi Savoia, però. Che diavoli! Vabbè, han fatto l’Italia, lasciandoci in eredità certe piaghe che non guariscono neppure con il calendario dei secoli. Ma confessiamolo: dietro rappresentazioni e apoteosi di notevole vastità e invadenza spuntavano fuori tra i monarchi come parvenus. Meglio guardarsene, si diceva nelle cancellerie, da questi signori Savoia, perché avevano nativo e fertile un dono, essere pessimi amici e ardenti nemici. Avevano cesellato nei secoli, divenuti scaltri, mai domati, caparbi, una ribalda ispirazione: si gettavano in tutte le guerre e, stretti come erano tra giganti, Spagna Francia Austria, c’era da togliersene la voglia. Tenaci, aspettavano di veder dove il vento spingeva fumo e fiamme e, zac, passavano con il vincitore. Bastava osservare dove avevano messo nido i Savoia e capivi chi avrebbe vinto la guerra.
Dove non arrivavano con i tradimenti, in prensile trasformismo, planavano con i matrimoni. Facevano la corte da secoli a tutte le principesse d’Europa, vedove e vergini, brutte e belle, illegittime e titolate, di nobiltà grossa e minuta. L’importante era che portassero in dote qualcosa: se non erano terre bastavano i titoli. È così che si diventa, pensate un po’, re soi-disant di Gerusalemme, di Cipro, d’Armenia. Anche se alla fine dovettero accontentarsi della petrosa arcadia sarda e dei suoi pastori.
Il resto, Gerusalemme Cipro l’Armenia? Faceva curriculum, si direbbe oggi. A cui è mancato il più esotico e imprevedibile dominio, il Madagascar. Luigi Grassia nel suo Savoia corsari e re del Madagascar appena edito da Mimesis è andato a scovare nel sottosuolo degli archivi, nell’imbrogliata matassa degli scandali e misteri, nella macchia non ancora rappresa delle commedie e tragedie, dieci «scoop» sui Savoia.
Grassia dunque scava e scova frammenti di storia impolverata: veleni e morti misteriose, scambi di principini in culla, massonerie, streghe e stregoni squartati mentre già albeggiano i Lumi, addirittura la gloria effimera di un antipapa. Ma in questo imbronciato catalogo il personaggio più affascinante di cui gli siamo debitori non è un Savoia: è il conte d’Esneval, alias il conte di Coulange, o forse più semplicemente Pierre Joseph Le Roux, avventuriero normanno. Che i quarti di nobiltà se l’era apposti sulle maniche da solo. Avvertito della smania dei signori di Torino per una corona, offrì, invano, a Vittorio Amedeo II attorno al 1720 il più esotico e insospettabile dei regni, il Madagascar! Altro che la Sardegna.
Questo Le Roux forse è un bugiardo, ma delizioso e di successo. Traffica dapprima con la corte danese, ne diventa ammiraglio a 29 anni. Non gli basta. Cambia scenario, arma un vascello e lo ritroviamo nell’Oceano Indiano ad azzuffarsi con altre salamandre, inglesi portoghesi francesi e i loro imperi, quelli non di cartapesta e ceralacca. Maneggia, per ingolosire i Savoia di cui certo conosce gli appetiti, una ciurma di pirati anglosassoni che garantisce pronti ad abbordare chiunque. In diuturni pericoli di essere impiccati sognano patenti che li trasformino in ben più rispettati corsari. I pirati: una cultura di uomini senza padrone, rivoluzionari ante litteram, sospesi tra il diavolo e il mare. Sulle navi gli uomini avevano assaggiato per la prima volta in massa il lavoro salariato. E avevano tentato di ribellarsi. Al conte d’Esneval andavano a sangue.
Ce lo immaginiamo, il conte, anche se non esistono ritratti: imparruccato, occhi di carbone, sul ponte del vascello pirata, mentre infuria l’oceano spumoso, cattivo. Tutto intorno a lui parla di misfatti, di fughe, di cattivi incontri, calamità, vendette. Ecco la pasta che adoriamo, il coktail dei talenti settecenteschi, sicumera malizia ciurmeria generosità coraggio successo e impotenza. Cataloghetto che ben riconoscete: ma questo è Casanova! È un personaggio il conte d’Esneval, una specie di favolista stregonesco e lunatico capace di mantenersi in piedi sul discrimine che separa la realtà dall’inganno, la storia dalla leggenda.
Eroe burrascoso e vociferante, viaggia il globo a rotta di collo, dopo il nulla di fatto in Madagascar, commercia armi con l’Etiopia, risale le cateratte del Nilo e anticipa le passioni faraoniche che i savants di Napoleone consacreranno. Non gli sfuggono nemmeno riverberi balcanici dove guerreggia, a fianco di un Savoia, Eugenio, contro i turchi. Ultimi fuochi en dentelles prima che a Parigi una rivoluzione percorresse come un rastrello la storia del mondo.