La Stampa, 1 giugno 2020
Intervista a Philippe Daverio
Da mercoledì si potrà uscire dalla propria regione, andare a trovare parenti e amici lontani e, vista l’imminente estate, tornare pure a viaggiare, visitando i luoghi del cuore. Per chi li ha e ne dispone magari con una casa. Per gli altri è tempo di grandi occasioni. «È l’anno dei giri in macchina in Italia o poco più in là», esulta dalla sua casa milanese il critico d’arte Philippe Daverio, 70 anni: «Dopo mesi di letargo finalmente potrò tirare fuori le mie tre Jaguar».
E dove vuole andare?
«In queste settimane i giovani sono usciti a fare i matti, la spagnoleggiante movida, mentre io sono rimasto scaramanticamente in casa in attesa del 3 giugno. Se tutto andrà bene come sembra vorrei andare a Tarquinia, nell’alto Lazio, a verificare se ho ancora una casa di campagna».
Cosa coltiva?
«Assolutamente nulla. Ho una casa lì da quando sono scappato da Capalbio, che era diventata troppo di moda. È in riva al mare, dunque è di campagna, ma si fa soprattutto il bagno. A Milano ho cinque cani randagi, con nomi tipo Nino, Nanetta, Botolo e a Tarquinia possono sfogarsi, mentre in città li faccio defecare in terrazzo per la disperazione di mia moglie Elena che coltiva le piante. Così almeno non sporcano in giro».
Altre mete?
«Andrò a Vodo di Cadore, dove mia moglie ha la casa di famiglia e c’è "Al capriolo", il miglior ristorante di montagna che conosca. Tutti sono vestiti con gli abiti locali e Cortina in confronto è cafolandia. A me piace molto il mare di Tarquinia, ma a Vodo la gastronomia è più attraente».
Farà delle passeggiate?
«Starò in casa e ogni tanto uscirò per respirare l’aria di montagna. E poi mi toccherà scrivere libri d’arte per gli editori. Non potrò distrarmi troppo e poi con cinque cani sono vincolato alle case. Non so se posso confessarlo, ma io sono soprattutto un viaggiatore letterario».
Eppure da Rizzoli ha pubblicato due volumi documentati come "Grand Tour d’Italia a piccoli passi" e "La mia Europa a piccoli passi".
«Sono itinerari immaginari, culturali, studiati sui libri, anche se da qualche parte sono stato davvero. A entusiasmarmi sono la preparazione, la lettura e il viaggio prima di arrivare a destinazione. Sa, mi piacciono molto le automobili. Non vedo l’ora di guidare, anche se prendo sempre la multa. Giusto sulla Milano-Torino o sulla Torino-Savona sono più clementi, mentre la Milano-Brescia è un salasso. Mi piace girare con l’aria che entra dal finestrino. Esclusi due o tre Paesi che evito, come la Svizzera, andrei ovunque. Appena sarà possibile, muoviamoci tutti un po’».
In Italia dove suggerisce di andare?
«Dove non va nessuno e non bisogna vedere mille cose per capirne una, ma basta ammirarne una per comprenderne mille. Penso alle abbazie toscane dimenticate, come San Galgano vicino Siena, o in Piemonte la Sacra di San Michele in Val di Susa o ancora il Sacro Monte di Oropa sopra Biella, mentre in Lombardia il Sacro Monte di Varese. Senza dimenticare il Lago d’Orta, poco frequentato ma non meno bello di altri».
E oltreconfine?
«La Francia più dolce, la Borgogna, che costa meno dell’Italia e in questa stagione ha un verde fantastico, i vini Chablis e Beaujolais e la doppia torre della cattedrale di Tournus sul fiume Saona. Oppure la Provenza, ancora più vicina, da Aix ad Avignone. Se si ha il coraggio, la Germania per uscire dalle rotte turistiche e scovare in Assia Limburg an der Lahn con la sua cattedrale tardo romanica e gli allegri birrifici».