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 2020  giugno 01 Lunedì calendario

Biografia di Angela D’Orazio

I sentimentali dicono che nella vita bisogna seguire il cuore. I razionali ribattono che serve la testa. Quelli tutti d’un pezzo puntano sulla schiena dritta, i duri dimostrano di avere le palle. Ma per entrare nella «Hall of Fame» di un mondo chiuso e maschile come quello del whisky, guidare una distilleria per 16 anni e fare incetta di premi, a una donna tutto questo non basta: deve anche avere naso.
Angela D’Orazio sa che ogni mattina dovrà annusare barili e campioni meglio del giorno prima. Non è la legge della gazzella e del leone, anche se la concorrenza è una giungla. No, è il suo lavoro: Chief Nose Officer presso la distilleria Mackmyra, a Gävle, Svezia profonda. Dal 2004 è la responsabile delle ricette dei whisky, della selezione dei legni, dell’evoluzione dei distillati e degli imbottigliamenti: «Faccio parlare le botti», scherza. Per questo il titolo aziendale suona un po’ come «Primo ufficiale del Naso», o «Grande Ammiraglio degli Aromi»: «Mica male, eh? – ride lei – Ne sono orgogliosissima. E pensare che è nato per scherzo, quando un collega ha notato che ogni azienda aveva almeno un chief di qualcosa. E ai festival io mi presento così. Non sai quanti uomini me lo invidiano...».
Oltre al dono dell’olfatto, di cose da ammirare i colleghi maschi ne avrebbero molte altre, prima fra tutte la sua determinazione. Nata in Svezia da madre svedese e padre italiano, cresciuta fra la Scandinavia e Siena, Angela studia da sommelier ed assaggiatore e – piano piano – comincia a farsi strada in un ambito dove, fino a pochi anni fa, purtroppo le donne erano confinate solo in pubblicità di dubbio gusto. «Al whisky sono arrivata per caso, dopo aver lavorato con il vino – racconta -. Alle feste, da ragazza, avevo assaggiato qualcosa, ma non mi era piaciuto. Poi a 17 anni ho seguito mio padre in Italia e lì ho scoperto i single malt. Glenlivet, Glen Grant, Macallan... Ho imparato che, oltre ad essere una cosa ganza da uomini, il whisky poteva essere delizioso».
Inizia a collaborare con gli importatori di Scotch alle fiere, stringe contatti e diventa brand ambassador del marchio Glenmorangie. Prima al Duty Free dell’aeroporto di Stoccolma, poi finalmente in Scozia e in tutto il mondo: «È stato come incontrare Gesù! Mi sono innamorata dello Scotch, delle sue sfumature che lo rendono speciale. E ho capito che era fatto per me». Oppure Angela era fatta per il whisky, chissà. Di certo l’essere mezza italiana è stata un’arma in più: «Sono cresciuta in una famiglia in cui tutti cucinavano benissimo, soprattutto papà. Mi sono appassionata ai gusti, agli aromi, alle sensazioni. Cibo, profumi, vino... Assaggiare mi diverte». E le riesce bene, tanto che ormai le competizioni internazionali di spiriti fanno a gara per averla in giuria.
Tornata a Stoccolma, Angela inizia a lavorare per l’Akkurat, un whisky bar dove per anni tiene due degustazioni al giorno, 7 su 7. E qui conosce i ragazzi di Mackmyra, prima distilleria di single malt svedese, nata nel ’99. L’unico precedente autoctono fino a quel momento era stato Skeppet: prodotto dal ’58 al ’72, era un blended affumicatissimo e ricavato perfino da alcol di patate. Atroce. Così – complice anche la rediviva moda dello Scotch – Mackmyra decide di non seguire quell’esempio e di puntare sulla qualità e sul malto. La ingaggia come consulente, perché un naso come il suo non si trova dietro ogni betulla. E da lì a nominarla responsabile della produzione il passo è breve.
Non è breve invece la sua carriera. Angela e Mackmyra diventano una cosa sola. C’è il suo gusto dietro ogni singola ricetta, la sua visione dietro la costruzione dell’avanguardistico edificio della Gravity Distillery (realizzato nel 2010, mentre nel vecchio sito di Mackmyra Bruk oggi si distillano i gin Kreatör e Lab Organic, appena premiato con medaglia d’oro in Usa), la sua firma dietro lo stile della casa: sperimentale, fresco e giovane. «Il whisky scozzese ha la sua tradizione, che io adoro e rispetto, e le sue regole ferree – spiega -. Il disciplinare europeo è più libero e noi volevamo creare qualcosa di nostro, non limitarci a copiare. Tentiamo, sbagliamo, rifacciamo, come degli alchimisti». 
Dunque orzo svedese a diversi livelli di affumicatura, acqua locale, lievito per torte (!) utilizzato nella fermentazione, piccole botti in rovere autoctono invecchiate a 50 metri di profondità nell’ex sito minerario di Bodås, a 7/9° costanti e con il 99% di umidità. E affinamenti in barili unici che hanno precedentemente contenuto «vino di betulla» o vin brulè, vino di mirtilli rossi o Calvados. «È la mia anima ribelle – racconta ancora Angela, che da teenager punk è poi finita a Siena a lavorare come fotomodella, segretaria dell’ex pilota di F1 Alessandro Nannini e presentatrice tv -: mi spinge a fare le cose alla mia maniera: guardando al futuro».
Già, il futuro. Concetto da maneggiare con cura. Spesso lo si cita perché fa trendy, invece con Angela è la pura verità. Dalla filosofia di non specificare l’età del distillato alla serie che segue la stagionalità di aromi e sensazioni (il whisky Midnattssol richiama il sole di mezzanotte), non si contano le innovazioni pionieristiche. Per dire, l’ultimo nato degli oltre 70 imbottigliamenti suoi «figli» è il Grönt te, invecchiato in botti che hanno contenuto una miscela di quattro tè verdi giapponesi. Non una rarità, un unicum. Così come il progetto, ora concluso, che le ha attirato qualche critica da parte degli ortodossi: l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. «Intendiamoci, un computer non sostituirà mai il talento umano – chiarisce Lady D’Orazio -, ma può potenziarlo. I big-data e gli algoritmi possono aiutarci in ogni fase della produzione. Noi, grazie al software elaborato da Microsoft e Fourkind, li abbiamo utilizzati per farci suggerire centinaia di ricette di successo in poco tempo».
Il meccanismo è affascinante. Angela e il suo staff (a Mackmyra ci sono 53 dipendenti) inseriscono un’infinità di dati su dimensioni ed età dei barili, tipo di cereale usato, tempi di fermentazione, medaglie vinte nei concorsi internazionali. Il cervellone li «mastica», li incrocia e sputa migliaia di ricette. «Il problema è che all’inizio non andavano bene. Troppo torbate, poco distillato per produrle... Abbiamo dovuto dargli delle ripetizioni! Alla fine ne ho selezionate cinque realizzabili. E così è nato Intelligens, il primo whisky che incontra il futuro». Il risultato? Niente male, perfino premiato dall’American Distilling Institute. «Un giornalista mi ha fatto notare che era più buono di quelli che avevo imbottigliato da sola. Per forza – ho risposto -, gli ho insegnato io!».
L’anticonformismo distillatorio è valso a Mackmyra il titolo di «Best European whisky» e ad Angela l’ingresso nella «Hall of Fame» ai World Whiskies Awards, il riconoscimento più ambito nel settore, terza donna su una sessantina di personalità. «Me lo hanno tenuto nascosto – ricorda -. Mi hanno invitato a Londra con la scusa di premiare un whisky, poi quando hanno chiamato sul palco una donna italiana cintura nera di NIA (una tecnica neuromuscolare olistica che unisce yoga e arti marziali, di cui Angela è istruttrice, ndr), ho capito... Momento indimenticabile, ho realizzato che tanto lavoro aveva avuto un senso». 
Già, perché una donna in questo ambiente fa dieci volte la fatica dei colleghi maschi, «perché i clienti arrivano alle degustazioni e sono convinti che tu ne sappia meno di loro, così devi dimostrare a tutti che sei capace. E se sei una tipa competitiva, beh, questo ti dà forza». Ora la situazione sta cambiando: le donne impiegate nel settore crescono, soprattutto in America, così come le visitatrici dei festival. «La comunicazione è sempre più unisex, anche se resta molto da fare. Ancora oggi davanti a certe campagne di marketing chiedo ai colleghi: Ragazzi, dove sono le donne qui?. È più facile guardare ai clienti maschi che ci sono già, piuttosto che alle clienti che possono arrivare... Dicono che abbiamo un olfatto più sviluppato, ma non so se crederci. In realtà è tutto soggettivo, ma le donne possono dare un punto di vista diverso».
Per esempio possono aiutare a portare il whisky nel futuro.