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 2020  maggio 31 Domenica calendario

Intervista a Dante Ferretti

«Sono a Roma, a casa mia: mi sono fatto uno studiolo dove faccio dei bozzetti», racconta Dante Ferretti, scenografo e Premio Oscar.
Di che cosa si sta occupando adesso?
«Tornerò a Cinecittà, dove c’è il mio studio e dove mi sento più a mio agio. Aspetto di tornare negli Stati Uniti. In Oklahoma, dove sto preparando un film, "The Killers of the Flower Moon" di Martin Scorsese. Leonardo DiCaprio avrà il ruolo principale, Robert Deniro sarà William Hale».
Chi saranno le attrici?
«Stavano facendo il casting quando è venuto fuori il coronavirus e si è bloccato tutto. Noi stavamo lavorando vicino a Tulsa, in un paesino che si chiama Pawhuska, dove dovremo girare il film».
Qual è la trama?
«Sarà un western ambientato tra il 1921 e il 1922. Ci saranno dei cowboy che avranno sia delle vetture sia dei cavalli. E’ tratto dall’omonimo romanzo di David Grann, che narra le uccisioni ai danni della tribù indiana Osage. Racconterà la storia della tribù alla quale viene donato un grandissimo territorio, che loro adoravano. Chiuso da barriere, da cui non potevano uscire, dovevano dormire sotto le tende o in baracche. A un certo punto dei ragazzi indiani cominciano a fare dei buchi nel terreno e trovano il petrolio. Per 10 anni gli Osage sono così diventati il popolo più ricco della Terra. Poi, come è accaduto in altri luoghi come le miniere del Colorado, sono sbarcati i bianchi, che avevano così tanto potere da ammazzare moltissimi indiani. Tra le altre cose si mescolerà a questa storia anche l’Fbi di Hoover, creata da poco». 
Tornando a lei, in questi mesi italiani cosa ha fatto?
«Ho disegnato soprattutto il film: ho fatto i bozzetti. Ho disegnato anche delle opere, tra cui la Bohème che dovevo fare a Tokyo, ma che è stata spostata di un anno. Inoltre ho lavorato alla celebrazione dei 100 anni di Fellini e ho ricostruito il "Cinema Fulgor", a Rimini e poi a Cinecittà. Ho ricostruito anche il bordello nel film "La città delle donne". Quel film è molto significativo per me».
In che senso?
«È grazie a quel film che ho conosciuto Scorsese. Io devo molto a lui e a Fellini. Stavamo girando, appunto, "La città delle donne" e Scorsese, che ammirava molto Fellini, venne a trovarlo con Isabella Rossellini, mentre erano in viaggio di nozze. Fellini disse che non era certo il luogo ideale per un viaggio di nozze».
Poi cosa è successo?
«Scorsese mi ha chiesto di lavorare per lui, ma stavo lavorando sul film di Terry Gilliam "Le avventure del Barone di Münchausen" (con questo film ottenni la mia prima candidatura all’Oscar). Più tardi mi chiamò un’assistente di Scorsese, che mi disse: "C’è un film, L’età dell’innocenza, Martin ti vuole". Risposi "Vengo subito!"».
Quali sono i film di Scorsese in cui ha preferito lavorare?
«Senz’altro "Kundun", "L’età dell’innocenza", "The Aviator"…».
Quali altri progetti?
«Mi hanno chiamato a Macerata, perché vogliono fare un museo sul mio lavoro. Mi hanno anche chiesto di illuminare una parte della città, dove tra l’altro è nato Matteo Ricci: sono nato non lontano da lì. Del resto mi avevano chiamato in Cina per ricostruire un pezzo del monastero dove ha vissuto il celebre gesuita che, come si sa, in Cina era diventato molto importante. Ma la cosa è sospesa. Vorrei anche ricordare che a Gent, in Belgio, ho rifatto "L’ultima cena" di Leonardo, con la fotografia di Storaro e i costumi di mia moglie, Francesca Lo Schiavo. E’ un film che dura 10 minuti, con la regia di Acosta».
Lei ha anche cominciato a dipingere, non è così?
«Sì, sto facendo dei quadri grandi. In un certo senso sono figurativi, sono come una serie di reliquie di navi. Per esempio ho dipinto un’ancora o una nave affondata. Achille Bonito Oliva mi aveva proposto di fare una mostra».
Lei come ha vissuto questo periodo di coronavirus?
«Mi dispiace molto perché ha bloccato tutto. È un guaio tremendo per tutti e per il cinema non ne parliamo».
Però, stando a casa, si sono visti molti film e molte serie tv: cosa ne pensa?
«Per fortuna c’è Netflix e si possono rivedere i film da casa».
Secondo lei le serie televisive danneggeranno il cinema?
«Spero che tutto tornerà come una volta. Dicono che tra qualche mese si rassetti tutto e tutto ripartirà, altrimenti (dice con amara ironia) quello che si potrebbe fare è aprire un bel negozio di onoranze funebri e potrei disegnare delle casse da morto divertenti, con dentro la tv e un iphone: così uno potrebbe telefonare al morto. Io voglio essere scremato, non cremato: voglio essere congelato, consumato come un gelato, ma non buttato via nel mare».
Come vive l’interruzione?
«Quando mi tolgono un film mi sento come un attore che ha finito la sua parte».
Perché non fa film italiani?
«Da un lato non ci sono i soldi per pagarmi, dall’altro c’è una nuova generazione di registi che sono cresciuti con i loro amici che fanno gli scenografi, i costumisti e così via».