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 2020  maggio 31 Domenica calendario

Beautiful compie 30 anni e non perde ascolti

È sempre l’ora di Beautiful. La più celebre e seguita e longeva soap opera del mondo debuttò in Italia trent’anni fa, il 4 giugno 1990 su Rai2, per passare poi su Rete 4 e approdare infine su Canale 5, dove continua il suo consolidato successo. Per la prima volta in tanto tempo le riprese si sono dovute fermare, causa virus, ma non le repliche. I primi autori furono William J. Bell e Lee Phillip Bell, marito e moglie, ora scomparsi, e la Cbs, la rete americana che lo produce, ha già finanziato due prossime stagioni. Cento paesi nel mondo lo seguono, qualcosa come 30 milioni di spettatori al giorno. In estate, il fenomeno diventa più vistoso, persino imbarazzante per gli altri programmi quasi sempre battuti. E il periodo di quarantena è stato ugualmente fecondo: una media di tre milioni di spettatori al giorno, con punte di 4. Il fatto di trovarsi in casa intorno alle 14, convince evidentemente a scegliere un programma un po’ folle ma ben fatto, una sorta di rito laico scacciapensieri che si consuma intorno alle vicende delle famiglie Forrester e Logan, amori, relazioni, agnizioni e resurrezioni, tutto ambientato a Los Angeles, il mondo della moda a far da sfondo. E si veleggia costantemente intorno al 20 per cento di share, la percentuale di ascolto. Date cioè cento persone che guardano la tele in un certo momento, venti seguono la soap opera, letteralmente, «opera-saponetta». La definizione deriva dai primi sponsor del capostipite del genere, Sentieri, ancora radiofonico: produttori di saponi e detersivi. 
Dal debutto americano nel 1987, titolo originale The Bold and the Beautiful, le storie si sono susseguite secondo uno sviluppo che niente deve alla credibilità. Si intrecciano rapporti d’affari, matrimoni, incesti, aborti. La stessa donna sposa uno dopo l’altro tutti i componenti della famiglia, poi viene ripudiata, poi ricomincia ad amare e torna in società mentre il suocero, che è anche suo marito, si riprende la vecchia moglie. Ben poco di realistico si trova nelle vicende narrate, ma in questo caso nulla di realistico il pubblico chiede. Può essere che seguire gli sviluppi di queste storie nello stesso tempo inverosimili, volgari e amorali, rappresenti una sorta di catarsi, come accadeva, se fosse lecito paragonare le grandi alle piccole cose, nella tragedia greca: io guardo tutto questo, che è altro da me, ma potrebbe anche essere parte di me, e guardando mi purifico. Inoltre, la struttura modulare fa sì che ogni spettatore si possa agganciare quando meglio crede. Potrà sempre capire a che punto è arrivata la storia, e eventualmente cominciare ad appassionarsi.
Due attori con i loro personaggi sono presenti sin dalla prima puntata, cioè John McCook, e Katherine Kelly Lang, Eric e Brooke. Eric Forrester in persona spiega il successo con l’estrema professionalità degli interpreti: «Lo so benissimo che non sto recitando Tennessee Williams né Arthur Miller, ma la serietà mia e dei colleghi è la stessa. Tanto le storie di "Beautiful" sono pazze, inverosimili, incredibili, quanto noi attori recitiamo in modo rigoroso, impeccabile, tradizionale. Proprio questo contrasto estremo tra la follia del racconto e la nostra serietà, è uno dei trucchi di tanto successo». Ma non sarà stanco del ruolo, un attore che lo interpreta da più di trent’anni? Dice McCook: «È lavoro. Un lavoro che mi ha permesso di crescere i figli serenamente, di avere tempo libero e di visitare luoghi meravigliosi». Inoltre Eric Forrester si evolve: quando a esempio scoprì che Ridge (il famoso «mascellone», interpretato per 25 anni da Ron Moss, ora da Thorsten Kaye, n.d.r.) non era suo figlio, diventò molto più arrabbiato. Dice che tra colleghi cercano di andare sempre d’accordo: «Con tutto il tempo che stiamo insieme, se ci mettiamo a litigare è un disastro. Soprattutto non lavoriamo più bene. Al lavoro ci tengo, certo, e ci tengo a Eric Forrester: visto che mi dà la possibilità di vivere bene, di cantare e suonare il pianoforte nel tempo libero, di fare set a Portofino, a Venezia, a Parigi. Voglio interpretarlo nel modo migliore. Rispettarlo, farlo crescere e invecchiare: nella piena consapevolezza della sua perfetta follia». Un convinto «travet» della soap regina.