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 2020  maggio 31 Domenica calendario

Intervista a Clint Eastwood per i suoi 90 anni

Gli chiediamo se abbia voglia di rispondere a qualche domanda via mail, per non disturbarlo troppo. Ci telefona: «Non mi va di scrivere. Mi fa piacere risponderle ma a voce, mi piace parlare». Novant’anni (oggi) e la grinta del pistolero d’una volta, quello con cui si fece conoscere dal pubblico, ormai lontano nel tempo. Per lui invece il tempo sembra essersi fermato, poco è cambiato nel corpo e nello spirito di Clint Eastwood, uno dei monumenti del cinema, solo i solchi sul volto rivelano che è in sella da un bel po’ ma piglio e portamento — basta vederlo nelle occasioni ufficiali — sono gli stessi dell’Uomo senza nome (Per un pugno di dollari), dell’ispettore Callaghan, di Frank Morris (Fuga da Alcatraz), del Predicatore (Il cavaliere pallido), del vecchio Will (Gli spietati). Undici nomination agli Oscar, cinque statuette, due come miglior regista (Gli spietati e Million dollar baby), una vita privata vivace, sette figli, decine di relazioni più o meno accreditate, due matrimoni, tre compagne di lunga durata. Eastwood non ha intenzione di dare l’addio alle scene, continua a lavorare davanti e dietro la macchina da presa. È dello scorso anno il film Richard Jewell , che ha diretto e prodotto, nel 2018 aveva recitato in Il corriere — The Mule anche diretto e prodotto con la sua Malpaso, casa di produzione che prende il nome dalla Malpaso Road, poco distante dalla sua tenuta di Carmel, cinquecento chilometri da Los Angeles, suo buen retiro (del quale è stato sindaco dall’86 all’88) che scoprì quando, negli anni Cinquanta, svolse lì il servizio di leva, nella base di Fort Ord. Qui possiede un pub, un villaggio turistico, un circolo di golf (sua passione), una tenuta.
Novant’anni sono un bel traguardo. Come si sente?
«Me ne ero quasi dimenticato! (ride) Ormai, dopo tutti questi anni, i compleanni con le candeline e tutto il loro corredo non sono più al centro della mia attenzione. Uno dopo l’altro, gli anni passano in fretta. Come mi sento? Diciamo che mi sento ancora vivo. Ed è la cosa più importante».
E continua a lavorare.
«Certo, cos’altro dovrei fare? Mi piace girare, stare sul set mi diverte ancora, esattamente come quando ero giovane e facevo film anche complicati, difficoltosi, per i quali serviva una buona dose di incoscienza, penso ad esempio a Assassinio sull’Eiger. Continuo a lavorare e, come ormai ripeto da tempo, sono convinto che morirò sul set di un film».
La scorsa stagione è stato in sala con "Richard Jewell". Sta preparando qualcosa di nuovo?
«Al momento no. Però sto leggendo tanti copioni, e uno che mi interessa ci sarebbe… Vedremo. Il problema è che ho lavorato l’estate scorsa, e anche quella precedente e ogni volta dicevo basta, questa è l’ultima, non ho mai un’estate libera per farmi una bella vacanza, per stare in pace da qualche parte o fare tutte le cose che continuo a rimandare».
Ha fatto praticamente un film ogni anno...
«Per questo stavolta volevo tenere libera l’estate, ma chi poteva immaginare che ci saremmo ritrovati in questa emergenza che ci costringe a stare a casa e ci impedisce di fare qualsiasi cosa… Quindi, sto fermo perché obbligato, altrimenti so già che sarebbe finita come le altre volte: un progetto che mi piace, e addio vacanza».
Ha citato "Assassinio sull’Eiger", il film del 1975 diventato leggendario per i rischi che avete corso durante le riprese sul versante nord dell’Eiger, in Svizzera. Lo farebbe di nuovo?
«Ci sono tornato, qualche tempo fa, e visiterei ancora quella zona ma senza scalare, forse solo per sciare lì sotto, a Grindelwald. Ormai per me i giorni delle scalate sono finiti».
Come sta vivendo questo periodo in casa?
«Per fortuna sono qui a Carmel, e quando guardo fuori dalla finestra e vedo l’oceano capisco quanto sono fortunato a non dover vivere in un appartamento senza un balcone o giardino. Ho il privilegio di poter uscire e fare una passeggiata nella natura senza nessuno intorno, al sicuro, nella mia proprietà».
Non si annoia?
«Mi manca poter frequentare i miei amici, andare al bar o al ristorante, sono tutti chiusi ed è un peccato. Ma è davvero un periodo duro per tutti. Anche per un novantenne come me».
Usa la mascherina quando esce?
«Certo, e per favore lo faccia anche lei».