la Repubblica, 31 maggio 2020
Generali, Del Vecchio e Nagel
Non è facile spiegare cosa mai avrà spinto un imprenditore di successo come Leonardo Del Vecchio, a 85 anni suonati, a premere sull’acceleratore per salire al 20% di Mediobanca e per questa via scombussolare gli equilibri che da circa sette anni si sono formati tra i principali gruppi bancari e assicurativi del Paese. La giustificazione iniziale era stata quella della diversificazione finanziaria, avendo la lussemburghese Delfin, cassaforte della famiglia Del Vecchio e custode del 32% di EssilorLuxottica, del 27,3% di Covivio (immobiliare) e del 4,9% di Generali, necessità di trovare un buon rendimento alla sua cospicua liquidità. E in effetti il titolo Mediobanca, al momento dell’acquisto del primo 8% da parte di Del Vecchio, aveva un ottimo rendimento, circa il 5%, garantito dalla crescita degli utili ottenuta negli ultimi anni dalla buona gestione del suo ad Alberto Nagel.
Tuttavia il secondo passo era nell’aria ed è quello che si sta verificando oggi, con Del Vecchio che vuol salire fino al 20% di Mediobanca, configurando un nuovo assetto della merchant bank il cui controllo, da qualche tempo si è indebolito. Il primo socio, Unicredit, è uscito il 6 novembre scorso vendendo sul mercato il suo 8,4% e incassando 800 milioni. Mentre il secondo, il finanziere bretone Vincent Bolloré, dopo essere uscito dal “patto di sindacato”, sta progressivamente cedendo sul mercato il suo 7,8% iniziale, ora ridotto al 5,7%. Quindi Del Vecchio già dalla fine del 2019 è il primo azionista di piazzetta Cuccia con il 9,89%, seguito da Bolloré e dal gruppo Mediolanum con il 3,28%, senza alcun “patto di sindacato” a fare da collante.
Una compagine un po’ debole per difendere da eventuali attacchi dall’estero quella che da sempre è considerata la porta d’accesso, a sconto, al gruppo Generali. Mediobanca infatti ha nel suo portafoglio il 13% della compagnia triestina, una partecipata custodita gelosamente fin dai tempi di Enrico Cuccia e che permette alla merchant bank di esercitare un controllo di fatto su quella che da sempre è considerata la cassaforte finanziaria degli italiani. Chi compra Mediobanca, dunque, si compra anche una buona fetta di Generali minimizzando l’esborso, soprattutto oggi che le quotazioni dei due gruppi sono state penalizzate dalla crisi da coronavirus. Per dare un’idea, il valore di Borsa di piazzetta Cuccia alla chiusura di venerdì scorso si è fermato a 5,19 miliardi, poco più della metà del massimo raggiunto il 10 novembre 2019 e un 40% in meno rispetto ai valori di fine febbraio, prima del crollo. Dunque acquistando un altro 10% di Mediobanca in questo momento Del Vecchio ottiene due obbiettivi non da poco: in primis fa un affare, vista la discesa delle quotazioni, in secondo luogo difende l’italianità delle Generali visto che rende più difficile un’eventuale scalata dall’estero sul veicolo Mediobanca. Rinsaldando così il nocciolo degli italiani a Trieste composto, oltre che da lui stesso, da Caltagirone (5%), Benetton (5%) e De Agostini (1,7%).
Qualche altro gruppo italiano poteva fare lo stesso? A prima vista pare di no. Intesa è impegnata nell’acquisizione di Ubi, Unicredit si è appena defilata, altri gruppi come BancoBpm, Bper o Mps non si sono mai mostrati interessati a Mediobanca e viceversa. L’unico gruppo che da tempo ha un debole per piazzetta Cuccia è l’Unipol guidata da Carlo Cimbri, che ne ha recentemente acquistato un 2% del capitale. Unipol nel 2013 ha inglobato la Fonsai dei Ligresti che storicamente deteneva un 5% di Mediobanca, ma l’antitrust la costrinse a dismettere tale quota. Poi questo divieto è venuto a cadere e Unipol è prontamente rientrata, anche in virtù della forte sintonia esistente tra Cimbri e Nagel, il quale nel 2013 spianò la strada all’ingresso della compagnia bolognese in Fonsai. Tuttavia il ritorno di Unipol non sembra essere stato apprezzato da Del Vecchio che vede materializzarsi un conflitto di interessi tra le prime due compagnie del paese.
Allo stesso tempo è abbastanza evidente che il management di Mediobanca non gradisca l’arrivo del patron di Luxottica: considera la sua un’operazione vecchio stile, un’anomalia che un imprenditore controlli il 20% di una banca che si è faticosamente guadagnata negli anni uno status da public company ben vista dagli investitori istituzionali. Del Vecchio però non ha intenzione di presentare liste alternative per il cda di Mediobanca, quindi non ha intenzione di sfiduciare il management, ma è possibile emergano diversità di vedute sulle strategie future. «L’azienda è rimasta piccola e forse qualcuno si è seduto sugli allori visto che la metà dei suoi profitti sono sicuri, venendo da partecipate come Generali e Compass – aveva detto Del Vecchio nell’ottobre 2019 –. Quando si presentano delle opportunità bisogna coglierle al volo per crescere, come ha fatto il gruppo Intesa nel corso degli anni o come in Francia ha fatto Bernard Arnault con il gruppo Lvmh. È questa la strada».